attualità, politica italiana

"Il Giornale usato come clava", di Natalia Lombardo

È di ieri la sentenza di Vittorio Feltri gridata sul Giornale : «Fini come Scajola», parte la raccolta di firme «per mandarlo a casa». Il quotidiano di proprietà del fratello del premier, Paolo Berlusconi (tanto per parlare di familismo) pubblica una scheda: aderisci alla campagna «Via Fini», basta una mail, via fax o per posta. Obiettivo: le dimissioni da presidente della Camera per lo «scandalo» della casa a Montecarlo, rivelato dal Giornale stesso con una campagna dal 28 luglio. In questi giorni Berlusconi (Silvio) ha sussurrato ai suoi: «L’avevo detto io che su questa storia ne avremmo viste delle belle. E non è finita…». Lo disse anche il 16 ottobre 2009: «Sul giudice Mesiano ne vedremo delle belle…».

Quattro giorni dopo si videro i calzini azzurri del giudice che impose a Fininvest di risarcire 750 milioni di euro alla Cir di De Benedetti: pedinato dalle telecamere di Canale5 e preso per pazzo. E la campagna contro Fini è iniziata nell’agosto 2009, con sospetti su notti «a luci rosse» di ex aennini in calore, o sparando la notizia (vera) del contratto da un milione di euro con la Rai della suocera, la signora Frau, mamma di Elisabetta Tulliani. Lancia il sasso e nasconde la mano, il cavaliere, si mostra estraneo o anche indignato solo dopo che i giornali di famiglia o «amici» hanno fatto il lavoro sporco. Vittorio Feltri è campione del suo «stile Libero» che gli fece mettere in copertina Veronica a seno nudo, «la velina ingrata».

L’uso diffamante di non notizie ha raggiunto l’apice su Dino Boffo, direttore de l’Avvenire messo in croce da Feltri il 28 agosto 2009 col titolo: «Il supermoralista condannato per molestie». Un caterpillar contro il direttore del giornale della Cei, critico sulla condotta poco esemplare di Berlusconi a sipario aperto su festini e escort. Boffo il 3 settembre si dimise e Feltri fece poi marcia indietro scusandosi. Berlusconi declamò: «Mi dissocio dal Giornale », la vita privata «è sacra per tutti». Per lui, soprattutto, si vide sfumare l’incontro col Cardinal Bertone a L’Aquila. Niente Perdonanza… Ora il «metodo Boffo» suggerito dai falchi Pdl è usato contro Fini. Berlusconi è sempre al corrente dell’armamentario dei suoi media. Lo dimostra la telefonata che fece a Piero Marrazzo nell’agosto 2009: ho visto un video che hanno girato su di te a casa di alcuni trans – era nelle mani di Alfonso Signorini, direttore di Chi , magazine Mondadori – così il premier suggerì al Governatore del Lazio di comprare il video, non di denunciarne gli autori.

Dietro le rotative Silvio c’è: il 31 dicembre 2006 il Giornale sparò in prima: «Fassino a Consorte: siamo padroni di Bln?»; il 24 dicembre 2005 l’imprenditore Fabrizio Favata aveva portato ad Arcore, a Silvio e Paolo Berlusconi, la cassetta della telefonata in cui l’allora leader dei Ds avrebbe detto al presidente dell’Unipol «abbiamo una banca?». Ora Favata è agli arresti domiciliari e Paolo Berlusconi è indagato per ricettazione della registrazione, comunque allora partì la campagna al veleno firmata Belpietro. Ma il cavaliere si tira sempre fuori, addirittura chiamò Fini per scusarsi quando «Striscia» rivelò in video la love story tra Gianfranco e Elisabetta, in felice attesa. A Ricci costò una reprimenda del presidente Mediaset, Confalonieri, ma il futuro socio del Pdl era già stato macchiato di gossip. Adesso di fango.

L’Unità 10.08.10