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"La metropolitana fantasma di Parma", di Francesco Alberti

Spesi 30 milioni, ma il progetto è stato cancellato. Inchiesta della Finanza. Il ruolo di Ettore Incalza, dirigente del ministero di Lunardi e consigliere della società. Basta un clic per salire sulla nuova metropolitana di Parma. Un clic sul sito di «Metroparma spa» e via. Tutti a bordo dell’ultimo gioiello della terra di Maria Luigia: due linee per un totale di 11 chilometri, modernissimi convogli di 30 metri l’uno, utenze da latitudini cinesi («96.700 spostamenti giornalieri – è scritto – per un totale annuo che supera i 24 milioni di passeggeri»). Decisa anche la data d’inizio lavori: estate 2009. L’estate dell’anno scorso. Altro clic. Dissolvenza. E fine della favola. Proprio così. Perché nel frattempo il progetto, già approvato, finanziato e con tanto di vincitori della gara d’appalto, è finito in cantina: non si farà mai, cancellato. Esiste solo sul sito di «Metroparma spa», società ormai in sonno. Un sonno che però ora rischia di generare mostri dato che sulla storia surreale di questa metropolitana fantasma si sono piantate da qualche giorno le unghie della Finanza che, sulla base di un fascicolo aperto dalla Procura di Parma, ha bussato alla porta di «Metroparma spa» e del Comune guidato dalla giunta civico-polista del sindaco Vignali, sequestrando tutte le carte del progetto.

Un progetto decollato nel 2005 grazie al sapiente gioco di squadra tra la giunta di Parma, allora guidata dal sindaco Elvio Ubaldi, e l’allora ministro delle Infrastrutture, il parmense Pietro Lunardi. L’accordo prevedeva: 172 milioni dallo Stato, 96 dal Comune tramite mutuo trentennale e altri 38 milioni per il materiale rotabile. Pareva una marcia inarrestabile. Via libera dal Cipe e appalto vinto da una cordata di imprese quanto mai bipartisan: Pizzarotti assieme alle rosse Coopsette e Ccc. Poi però la cosa si è arenata, i costi sono lievitati, i progetti cambiati, la giunta di Parma ha cominciato a tentennare: qualcuno ha dato la colpa alla recessione, altri ai tagli. Risultato: fondi revocati, niente metro.

Qui è entrata in azione la Finanza. Non ci sono per ora indagati né ipotesi di reato. Ma tante domande e qualche brivido. Il brivido viene da una cifra. Stando ai fascicoli in mano alla Finanza, tra consulenze e progettazioni sarebbero comunque già stati spesi la bellezza di 30 milioni: per un’opera che vedrà mai la luce. La giunta parmense ridimensiona, parla di «meno della metà». Comunque, una bella sommetta. Le domande invece nascono dagli esposti presentati in questi mesi dal comitato «Stopmetro» (cartello di cittadini e associazioni da sempre contrari al progetto) e dall’avvocato Arrigo Allegri, che contro la metro tentò vanamente la strada del referendum abrogativo. Nel progetto si parlava di «24 milioni di potenziali passeggeri». E su questa base il Cipe diede il via libera. Ma una successiva delibera della stessa «Metroparma spa» riconobbe che in realtà i viaggiatori non potevano superare gli 8 milioni e mezzo (parliamo di Parma, 170 mila abitanti, non del Cairo), ridando fiato a chi sosteneva l’inutilità dell’opera. E dopo, in occasione del secondo progetto definitivo (mai approvato), è riaffiorata la storia dei 24 milioni di passeggeri. Un balletto di cifre.

Altro aspetto da chiarire, il ruolo di Ercole Incalza, esperto in sistemi metropolitani, da sempre vicino all’ex ministro Lunardi e il cui nome è comparso di recente nell’inchiesta su Anemone. Afferma l’avvocato Allegri: «Nel 2006, pochi giorni prima che il progetto andasse al Cipe, Incalza, allora consigliere del ministro Lunardi, venne nominato dal sindaco Ubaldi nel cda della società Metro, trovandosi così nel doppio ruolo di esaminatore del progetto e titolare dello stesso. E successivamente, pur restando nel cda della Metro, divenne capo della struttura ministeriale che doveva fare l’istruttoria del progetto». Replica dell’allora sindaco Ubaldi: «Non mi risulta: Incalza non aveva formalmente incarichi quando entrò, tra l’altro senza specifiche deleghe, nel cda della società Metro. E quando ottenne ruoli esecutivi a Roma, si dimise a Parma». Fosse stato per Ubaldi, la metro andava fatta, «e l’inchiesta ora è sacrosanta perché lo spreco di denaro è stato enorme e qualcuno dovrà risponderne». Vignali e la sua giunta hanno comunque di che consolarsi: il governo «amico» ha infatti deciso che darà comunque a Parma il 50% di quei 172 milioni che erano previsti per la metro. «Una mostruosità amministrativa – tuona Ubaldi -: due soggetti che si spartiscono soldi per un’opera finanziata, appaltata e poi annullata…». La regione Emilia-Romagna ha già fatto ricorso alla Corte costituzionale. Tutto per un clic.

Il Corriere della Sera 15.08.10