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"150 anni dopo / Fondi, il risorgimento difficile", di Giuseppe Civati

I cittadini a cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore», così la Costituzione. Una di quelle frasi perfette, che poi nella pratica trovi rovesciate. Proprio perché, in alcune parti del Paese, le attua la criminalità organizzata. E la politica sporca. «Disciplina e onore». Una sintesi perfetta.
Siamo a Fondi, provincia di Latina.

Chi ci ospita è Bruno Fiore, unico consigliere del Pd. Qualche mese fa, ha scritto queste righe, che dicono già tutto: «Fondi ha una classe politica che rappresenta solo interessi particolari e corporazioni. Sempre pronta a ubbidire agli ordini del capo. Una classe politica che non amministra la cosa pubblica nell’interesse della collettività, ma opera con i sistemi clientelari e del ricatto. Sta alle forze sane di questa città ribellarsi coraggiosamente a tutto ciò. Deve essere il Pd a farsi portavoce di una primavera di nuova democrazia partecipata, capace di progettare un futuro migliore e diverso per l’intera collettività». E sono cose che valgono più di un intero Congresso.

In questa storia, tutti i ‘buoni’ si chiamano Bruno.
All’inizio del 2008 Bruno Frattasi, il prefetto, ha voluto la Commissione d’accesso dopo aver tentato di fare chiarezza su alcuni rapporti tra i politici locali e i gruppi malavitosi più radicati.
La Commissione ha lavorato per due anni, producendo due relazioni. La prima fu bloccata dal governo che chiese un supplemento d’istruttoria. Anche la seconda volta, però, il governo non approvò. Motivazione? Non si scioglieva perché il giorno prima la maggioranza in Comune si era dimessa. Un precedente pericoloso. «Ridiamo la parola agli elettori»: lo slogan è sempre il solito. Era il 9 ottobre del 2009. Molti ministri si schierarono in difesa dell’amministrazione di Fondi, a cominciare da Brunetta, Matteoli e Meloni. Legami particolari e sentimentali con il territorio, dice qualcuno. La verità è che il commissario avrebbe permesso un’operazione trasparenza che non c’è stata. Affatto.

Con le elezioni, l’accurato restyling della destra. Unito il centrosinistra, una preside come candidata. Ma sono ancora loro a vincere. Il sindaco ora è Salvatore De Meo, già assessore all’urbanistica. E nove esponenti dell’amministrazione precedente sono stati confermati in Consiglio. All’insegna del rinnovamento. E della trasparenza.
Il deus ex machina è sempre il senatore Fazzone. Per anni uomo di Mancino, non poteva non trovare casa nel Pdl. Il suo curriculum dice che è poliziotto in aspettativa. E l’aspettativa si fa molto lunga, sotto tutti i punti di vista. È un uomo della prima Repubblica, della seconda e, se va avanti così, anche della terza. Mister preferenze e mister raccomandazioni in un’unica soluzione.

Il centro di tutto è il Mof, il mercato della frutta che conta 128 operatori. Con la giunta Marrazzo in Regione, un altro Bruno, che di cognome fa Placidi, è nominato presidente, ma si dimette dopo due mesi, perché le cose, da soli, non si possono cambiare. Dal punto di vista dell’illegalità, il Mof è usato come logistica. Un luogo ideale per essere infiltrato. Un centro strategico per le relazioni internazionali di tutte le criminalità organizzate: camorra, ‘ndrangheta, mafia. A Fondi si sono date appuntamento anni fa. E a Fondi si trovano tutti i giorni.
«Ci sono zone dove l’influenza sul voto è rilevante e il controllo è totale. Certe cordate hanno l’organizzazione che aveva una volta il Pci. C’è il referente di zona, di quartiere e di condominio», dicono i Fiore.
Qualcosa si muove, nonostante tutto. E, oltre alle Fabbriche di Nichi, a Fondi c’è anche il Capannone di Marco, figlio di Bruno, che ha scelto Sel (www.ilcapannone.eu). E tanti giovani, che si ritrovano questa sera, a casa Fiore, tra la cultura e le cose da fare. Qui e ora.

Un anno fa Walter Veltroni fece il proprio ingresso nella Commissione antimafia e scelse di andare a Fondi, per incominciare. Oggi lo raggiungiamo a Cinisi, in Sicilia, dove ha trascorso il Ferragosto. Casa Badalamenti, un tempo, casa Impastato, oggi.
«In questa vicenda, il governo ha mostrato il suo vero volto: di fronte agli evidenti intrecci tra mafia e politica, ha deciso di non procedere». Il quadro è a tinte fosche: «si attenua la cultura della legalità, nella stagione più cupa per il nostro Paese, di cui questa estate è una fedele testimonianza». Del resto, «la legalità è sempre quella degli altri», nel Paese dei condoni e dello scudo fiscale. E il Pd? Veltroni è netto: «Dobbiamo andare controcorrente. Se c’è un punto sul quale non bisogna farsi divorare dallo spirito del tempo e sul quale è necessario tenere alta la soglia, dopo l’ubriacatura del suo contrario, è proprio la legalità».
«È una delle battaglie più moderne che la politica possa condurre». Un tema non negoziabile. Come per l’integrazione, bisogna reggere. Non si possono fare calcoli.
«L’“ognuno faccia come gli pare” ha l’inevitabile conseguenza dell’illegalità e della violenza». Lo sappiamo anche ad altre latitudini. Il prefetto di Milano che non vede la mafia. 130 miliardi di euro di ‘fatturato’, sommersi. La mafia russa in Romagna. In Liguria, la presenza del racket. «L’idea che la mafia sia solo al Sud è un’idea da togliersi dalla testa. Così come non c’è solo la mafia di Riina e Provenzano. E le stragi che sconvolsero il Paese non furono compiute solo dalla mafia». Cose da precisare, cose da ricordare, cose da dire, soprattutto.

«Il contrasto va portato in primo luogo nelle regioni dove le mafie stanno entrando», dice Walter. E mi viene in mente la Brianza, dove sembra che la ‘ndrangheta conti più della Lega. E a questo proposito, di fronte ai risultati sbandierati dal governo in carica, che arresta i mafiosi, ma quando se ne presenta uno in Parlamento, allora cambia tutto, Veltroni dice: «Ci vuole molto di più, qualcosa di molto diverso dall’ipocrisia del leghismo di maniera».

Chi non conta, chi non governa, non ha speranze. Né garanzie. «Non siamo garantiti nemmeno noi», dice Bruno. E il libero professionista che si espone, rischia. «Ce ne stanno tanti, proprio da Bruno Fiore, devi andare?». Anche qui serve il Pd. Bisogna fare in fretta, però. Perché non è tardi. È tardissimo.
E anche qui c’entrano i parchi, come c’entra il cemento. I Monti Ausoni, un baluardo contro la speculazione edilizia, con il monumento del lago di Fondi e Monte San Biagio. Un esponente del Pdl ha presentato una proposta di legge per abolirlo. «Per riappropriarci del territorio», ha detto. Proprio così.

Qui vicino, nel 1915, è nato Pietro Ingrao. E forse anche a lui dobbiamo pensare, per una sfida che ci riguarda tutti. A Fondi, nella Cinisi che Walter ha appena visitato, in quella Lombardia di Buccinasco o di Desio dove la mafia ha già il potere. Dove Carmela Mazzarelli e Lucrezia Ricchiuti raccontano cose molto simili a quelle di cui mi parlano Bruno e Marco. E a Ferragosto, nel 2015, dopo quasi vent’anni di governo, se n’è accorto anche Umberto Bossi. A Ponte di Legno. Figuriamoci.
L’Italia è unita, sì, ma per i motivi sbagliati. «Porgi aiuto alla legge», nella guerra all’illegalità. Lo diceva Pitagora. È venuto il momento di andarlo a trovare.

da www.unita.it