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Intervista a Giuseppe Fioroni: «Governo nazionale per le riforme socio-economiche», di Emilia Patta

«Quello che serve al Paese è un governo che affronti il nodo della crisi sociale ed economica e dia risposte strutturali per consolidare la ripresa». Altro che elezioni o governi per cambiare la legge elettorale. «L’emergenza non è certo la legge elettorale, fermo restando che bisogna restituire al cittadino il diritto di scegliere il parlamentare che lo rappresenta e cancellare la vergogna delle liste bloccate. Di fronte a dati che parlano di una povertà tornata ai livelli del ’94 e di fronte alla borsa altalenante il bene dell’Italia e degli italiani non è certo quello di sommare alla crisi economica in atto una crisi politica».
Giuseppe Fioroni, ex popolare del Pd, denuncia con il suo partito i rischi di uno scioglimento anticipato delle Camere nel pieno della crisi («vogliamo fare la fine della Grecia?») e invita governo e maggioranza ad assumersi fino in fondo la responsabilità di quanto sta accadendo dopo la rottura tra Berlusconi e Fini. «Intanto bisogna verificare se la maggioranza si è sciolta o no – dice –. Viviamo in una situazione paradossale che non ha precedenti: la crisi è l’argomento del giorno da molti giorni e non c’è stato un momento di verifica in Parlamento. Vengano in Aula».
E se alla fine si dovesse effettivamente constatare che la maggioranza non c’è più? Governo tecnico o urne?
È un dibattito sul nulla, che tira per la giaccia il capo dello Stato quando la Costituzione su questo punto è sufficientemente chiara. La posizione di Napolitano è ineccepibile. Se la maggioranza implode, e va sottolineato che si tratta della maggioranza più vasta che si sia mai vista, un Parlamento responsabile ha il dovere di tentare di mettere in piedi un governo che sappia affrontare la crisi economica e sociale del paese evitando l’instabilità politica. Siamo alla fine della seconda repubblica e proprio per questo serve un soprassalto di responsabilità della politica nei confronti del Paese.
Una sorta di governo di “emergenza nazionale” per le riforme sociali ed economiche, insomma. Ma con o senza il Pdl?
Tutto il Parlamento deve essere coinvolto.
Ma non è che il Pd ha paura di andare alle elezioni?
Guardi che chi vuole le elezioni a tutti i costi è la Lega. È Bossi il vero dracula di Berlusconi, l’unico che ne trarrebbe vantaggio. E forse non vuole neanche che il federalismo fiscale sia davvero attuato, così può farsi un altro giro elettorale con lo specchietto per allodole…
Fini e un eventuale terzo polo. Può essere lui l’alleato moderato che manca al Pd?
Fini ha combattuto una battaglia significativa all’interno della sua maggioranza ma Fini è la destra del nostro Paese, sia pure una destra moderna. Un conto sono gli scenari di governi di responsabilità nazionale, ma chi parla di una coalizione da Fini a Vendola per la guida del Paese parla di cose né semplici né scontate. I riferimenti valoriali sono diversi. La coalizione di centro-sinistra andrà costruita all’insegna del ruolo centrale del Pd e sulla base di proposte programmatiche autorevoli forti e credibili che sappiano coinvolgere e motivare quel blocco sociale senza il quale in Italia non si va al governo: artigiani, commercianti, sindacati, Confindustria, cooperatori e coltivatori. Quell’Italia profonda e laboriosa che ora guarda con scarsa attenzione al Pd ma che per ben due volte ha creduto in Prodi.
Prima il programma poi la leadership, dunque. Magari un novello Prodi…
Con la leadership non si evita la fatica della politica, è il progetto politico che deve creare il leader e non viceversa. Certo occorre un candidato premier che sia in grado non di mettere insieme le tifoserie dello stesso recinto ma di rompere i recinti attraendo gli scontenti del Pdl.
Mi faccia un nome.
È un cane che si morde la coda. Ammesso che la personalità in questione ci sia, con tutti i candidati già in pista per le primarie – da Chiamparino a Vendola a De Magistris – è come invitarlo a non scendere in campo.
Come si sta da cattolici nel Pd di Bersani. Nei mesi scorsi gli ex popolari erano dati in grande sofferenza…
Nessuna sindrome di emarginazione. Sui temi etici anche nei partiti del centro-destra convivono posizioni diverse. Sono temi su cui inevitabilmente la libertà di coscienza prevale sull’appartenenza partitica. Non è furbizia ma esercizio pieno della democrazia.

da www.ilsole24ore.it