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"Tangenti, truffe, poco lavoro. La formazione è una fabbrica di precari e disoccupati cronici", di Davide Carlucci e Antonio Fraschilla

La recessione. Le clientele. Scarsi risultati. Inchiesta italiana
Ci sono 2,3 milioni di persone in cerca di un posto un mercato enorme per i professionisti dei corsi. Gli unici a godere dei fondi stanziati sono gli organizzatori e negli ultimi anni i casi di raggiro si sono quintuplicati
Centinaia di iniziative ma senza reali sbocchi possibilità minime per chi ha già superato i 40 anni
Una torta da 20 miliardi in mano a partiti e sindacati

Ogni uomo che perde il lavoro per loro è una straordinaria opportunità. Ogni donna che non riesce a trovarlo per loro è una risorsa. I precari sono il loro target, gli operai in esubero il loro pane quotidiano. Sono i professionisti della disoccupazione. Organizzano corsi di formazione, a volte finti, spesso inutili. E mai come ora fanno affari: con la crisi, secondo le ultime rilevazioni Istat, il numero degli italiani in cerca di lavoro è salito alla cifra record di 2,3 milioni, e altri 230mila posti si bruceranno, secondo Confindustria, entro il 2010: per loro è una manna dal cielo. Quanti sono gli enti che utilizzano i fondi per la ricollocazione dei lavoratori solo per giustificare la loro esistenza? Quali risultati hanno prodotto finora, quante persone hanno reinserito? Per rispondere a queste domande bisogna prima descrivere un sistema che attira ogni anno – oltre agli investimenti privati delle famiglie per corsi di avviamento al lavoro – finanziamenti pubblici per quasi 20 miliardi di euro.

LA TORTA

Alla cifra si arriva sommando la metà dei «32 miliardi di euro nel biennio» che secondo il ministro del Welfare Maurizio Sacconi sono a disposizione, tra fondi nazionali e comunitari, per gli ammortizzatori sociali e i 2,5 miliardi destinati alla formazione professionale. Di quest´ultima somma, una parte consistente viene destinata ai corsi per disoccupati, apprendisti, giovani alla prima esperienza o lavoratori a rischio di esclusione: a tutte queste attività, secondo l´ultimo rapporto Isfol, hanno partecipato 360mila persone. La Lombardia, tra le regioni più colpite dalla crisi, ha stanziato nel 2009 112 milioni di euro per le “doti formative”. Sicilia e Campania, afflitte da disoccupazione cronica, spendono 500 milioni di euro all´anno. Tutto questo fiume di denaro alimenta gli appetiti degli speculatori?

LE INCHIESTE

“Development enterprise tourism”, “cooperazione internazionale”, “business administration & finance”: leggendo l´elenco delle materie che s´insegnavano ai corsi formativi organizzati a Padova da alcune cooperative della Compagnia delle Opere sembrava di essere ad Harvard. Ma per la procura era una gigantesca montatura, così come erano gonfiate le ore di lezione e di lavoro svolte e il numero dei docenti impegnati: tutto per arrivare a rendicontare 561mila euro, la cifra intascata dal ministero, dall´Unione europea e dalla Regione Veneto. Pensava in grande anche Tonino Tidu, un tempo assessore Dc sardo e presidente dell´Enaip, tuttora nel consiglio nazionale delle Acli, imputato in un processo a Cagliari: avrebbe gestito, secondo l´accusa, 358mila euro di finanziamenti regionali per corsi per “operatore su pc”, “addetto alle piante aromatiche e officinali” e “orticoltore” senza produrre un posto.
Di inchieste così se ne trovano in tutti i palazzi di giustizia italiani. A novembre si apre a Roma il processo al deputato Pdl Giorgio Simeoni, accusato di aver ricevuto, da assessore regionale alla Scuola, nel 2005, una tangente da 100mila euro dai titolari della Euro Consulting group per chiudere un occhio sui corsi di formazione inesistenti, ma regolarmente finanziati con contributi comunitari, da loro organizzati. In Liguria ogni partito aveva il suo consorzio da spingere, come sta dimostrando un´inchiesta della procura di Genova che vede coinvolti, tra gli altri, l´assessore regionale alla Pesca Giancarlo Cassini e il consigliere Vito Vattuone, del Pd, e Nicola Abbundo, del Pdl, teorico, nei tempi in cui era assessore, del «modello ligure dell´eccellenza formativa». E se in Campania gli stage dei mille partecipanti al progetto “Isola” avvenivano solo sulla carta, in Puglia, ai tempi del centrodestra, i fondi per l´inserimento dei disabili finivano in tasca ad assessori, funzionari regionali e imprenditori: così sono spariti cinque milioni di euro, assicurano i magistrati nel processo tuttora in corso. Dopo gli scandali, le giunte di Vendola hanno cercato di far pulizia tra i cosiddetti enti storici della formazione. Tra ottobre e dicembre del 2009 sono stati sospesi gli accreditamenti per quattro agenzie. Come il Cefop, il centro europeo per la formazione ed orientamento professionale, che era stato ammesso a finanziamenti per 4,2 milioni di euro per corsi come “operatore audiovisivo” e “animatore di villaggi turistici”. «Ora – spiega l´assessore regionale Alba Sasso – rivedremo tutti i criteri per l´accreditamento e cercheremo di recuperare i debiti, per decine di milioni di euro, che gli enti hanno accumulato verso la Regione». Molto rigoroso nel valutare i risultati della formazione professionale attraverso monitoraggi periodici è il Friuli-Venezia Giulia. La percentuale di inserimento dei cassintegrati e dei disoccupati friulani è molto alta. Ma è così in tutt´Italia?

IL CASO SICILIA

La risposta della procura della Corte dei conti siciliana è no: per ogni corso di formazione solo un disoccupato e mezzo trova effettivamente lavoro. I costi della collettività per ogni occupato, secondo i calcoli dei magistrati contabili, ammontano a 72mila euro. Soldi che in Sicilia vanno a 400 enti privati i quali danno lavoro a 7300 persone, ai quali andrebbero aggiunti i 1800 impiegati agli sportelli multifunzionali affidati ai privati dalla Regione, che nel frattempo spende altri 60 milioni di euro per finanziare i centri per l´impiego pubblici. L´isola è tra la regioni con il più alto tasso di disoccupazione, il doppio rispetto alla media italiana. E così l´Europa attraverso il Fondo sociale dal 2003 al 2010 ha fatto piovere in Sicilia 1,5 miliardi di euro per finanziare i corsi. Il risultato? Un boom di enti che fanno capo a politici targati Mpa, Pdl, Pd e Udc, sindacati (Cisl e Uil ricevono la gran parte dei finanziamenti) e associazioni cattoliche (dai salesiani alle Acli). Tutti enti accreditati dalla Regione per far diventare i disoccupati siciliani marinai, artigiani, parrucchieri, esperti informatici, colf o badanti.
La maggior parte dei formatori sono stati assunti tra il 2006 e il 2008, a ridosso delle grandi tornate elettorali che hanno portato sul trono della Regione prima Salvatore Cuffaro e poi Raffaele Lombardo. Un ginepraio che garantisce un sussidio che va dai 400 ai 1.000 euro al mese per oltre quarantamila corsisti che ogni anno si siedono sui banchi d´oro pagati dalla Regione. Gli assessori che hanno guidato la Formazione, da Francesco Scoma a Santi Formica entrambi del Pdl, sono diventati i re dei consensi. Nella formazione la politica la fa da padrone: i nomi di Francantonio Genovese e Gaspare Vitrano del Pd, oppure quelli di Lino Leanza, numero due dell´Mpa di Lombardo, o Nino Dina dell´Udc sono a dir poco conosciuti in decine di enti di formazione. Ma anche i sindacati la fanno da padrone, in questo settore, dove si trovano a difendere i lavoratori ma anche i padroni, che sono loro stessi. Lo Ial della Cisl e l´Enfa della Uil ricevono ogni anno oltre 30 milioni di euro. Poi ci sono le associazioni cattoliche: i salesiani gestiscono ad esempio il Cnos Fap, mentre tra gli enti finanziati c´è l´Efal, che fa capo al Movimento cristiano lavoratori finito nell´occhio del ciclone per l´arresto di uno dei suoi dirigenti, l´architetto Giuseppe Liga, accusato dai pm di Palermo di essere l´erede dei boss Lo Piccolo.
I magistrati hanno scoperto che nel 2010 l´Efal, l´ente di formazione del movimento, ha ricevuto dalla Regione un sostegno di sei milioni e 336 mila euro. Fino a pochi giorni fa l´architetto era un insospettabile, ma è stata un´anticipazione dell´inchiesta finita sui giornali che aveva indotto l´Mcl a sospendere il professionista. Anche la Corte dei conti e la Guardia di finanza da tempo indagano sul business della formazione siciliana. I magistrati contabili hanno contestato a diversi enti corsi fantasma e somme non rendicontate. E ci sino stati i primi arresti, come quello di un insospettabile professore di Palermo, condannato in primo grado a 8 anni per aver intascato, attraverso conti all´estero, 9 milioni di euro dai 20 milioni ricevuti per corsi di formazione con i fondi europei.

IL NORD «EFFICIENTE»

La montagna ha partorito un topolino anche nell´efficiente Lombardia, dove 64mila persone hanno beneficiato, nel 2010, della «dote lavoro», per un totale di 45,8 milioni di euro impegnati. La metà dei fondi tuttavia, sono stati gestiti da dieci operatori. Chi sono? I soliti noti, enti di area Cl – o più in generale cattolica – come l´Enaip, lo Ial-Cisl, Obiettivo Lavoro. La maggior parte dei servizi svolti riguarda il colloquio di accoglienza di primo livello, il bilancio di competenze, il coaching e i corsi di formazione: le cifre dei destinatari, per queste voci, oscillano tra i 34mila e i 62mila. Ma se poi si passa dall´orientamento all´accompagnamento concreto al lavoro i numeri si abbassano penosamente: solo 168 allievi hanno avuto un supporto per l´autoimprenditorialità, in 94 sono stati accompagnati agli stage, 22 al tirocinio e appena 5 al «training on the job». Ma lo storico paradosso dei formatori – che non riescono a lenire la disoccupazione altrui, ma intanto trovano un posto a sé stessi – non regge più come una volta. Gigi Rossi, della Cgil, segnala il fenomeno del «precariato nei sistemi regionali della formazione professionale. E soprattutto al Nord, con la crisi – aggiunge – è diffuso l´uso, da parte degli enti, di invitare caldamente i collaboratori a trasformarsi in finti imprenditori con partita Iva».

MONTAGNE DI CARTA

Gli enti di formazione servono davvero a qualcosa o hanno finito per creare una «sovrastruttura» – come scrive l´Isfol nel suo ultimo rapporto – sganciata dalle esigenze reali del mercato del lavoro? Armando Rinaldi, dell´Atdal over 40, un´associazione che cerca di tutelare i diritti di chi perde il lavoro in età matura, assicura che «se ci fossero dati disponibili si scoprirebbe che la media dei disoccupati ha un bagaglio di ore di formazione triplo rispetto a quello di un lavoratore. Invece di un´occupazione ha trovato sulla sua strada decine di proposte formative». La Regione Lombardia ha commissionato un´indagine a un istituto di ricerca. Trenta disoccupati ultraquarantenni hanno tenuto un diario nel quale raccontavano le loro esperienze. È emerso che nelle rare occasioni in cui riuscivano a trovare lavoro i corsi di formazione non c´entravano nulla: era tutto merito delle loro conoscenze personali. Lo studio non è stato mai pubblicato.
Secondo Rinaldi per ogni corso organizzato in Lombardia 3000 euro vanno (nell´arco di sei-nove mesi) al candidato, mentre gli altri 7000 vanno agli organizzatori. «Si comincino a ribaltare le modalità di distribuzione dei fondi, erogando ai destinatari il 60-70 per cento dei finanziamenti sotto forma di reddito di sostegno». Si potrebbe trovare un utilizzo diverso dei capitali in modo da sostenere direttamente il reddito delle persone in difficoltà?
Per ottenere i contributi oggi basta – oltre a una buona capacità di lobby – compilare un formulario in cui, tra l´altro, si dimostra il fabbisogno nel territorio di competenza della figura professionale che s´intende formare. «Per esempio – scrive l´Atdal – se si propone di formare addetti al check-in aeroportuale si ricercano i dati sul traffico aereo della regione e si dice che data la crescita del traffico aereo occorre formare nuovi operatori». Angela, diplomata, ha 47 anni e da dodici frequenta corsi di formazione professionale in Lombardia. Non è mai riuscita a ottenere altro che qualche lavoretto di poche settimane all´anno in fabbrica. «Nell´ultimo corso che ho seguito, per lavorare in un asilo privato, il colloquio orientativo si è svolto tre giorni prima della fine dei corsi. Un´altra volta mi hanno costretto a scrivere un sacco di bugie sulla relazione finale. Ad esempio che avevo trovato lavoro in una fabbrica. In realtà era la mia vecchia azienda che mi richiamava». L´importante, insomma, è giustificare le spese. I risultati non contano.

La Repubblica del 20 agosto 2010