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Il viaggio dell'Unità 150 anni dopo: «Strada senza uscita. Le grandi opere finite nel nulla», di Giuseppe Civati

Reggio Calabria, a due passi dal mare. Mi viene incontro l’unico candidato sindaco del centrosinistra che si sia finora presentato. E penso, immediatamente: cavoli, qui il Partito democratico si è già preparato alle Comunali del prossimo anno. Invece è Massimo Canale, il candidato dei partiti e dei movimenti che stanno a sinistra del Pd. E penso a Milano. Anche a mille chilometri più a Nord, c’è il candidato Giuliano Pisapia. Di Sel. E il Pd sta ragionando. A settembre darà la soluzione. Speriamo sia il settembre di quest’anno. Non si sa mai.

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A Reggio Calabria, il Pd governa la Provincia e in aula siedono almeno cinque gruppi consiliari che hanno a che fare con il partito: ci sono ancora i Ds e due Margherite diverse. E poi i «democratici meridionali». E un pezzo del gruppo misto. C’è un Pd a misura di consigliere, o quasi. Niente male, come modello.
Qui Scopelliti ha governato spendendo moltissimo per conservare il consenso. Milioni di euro per la comunicazione (sulle onde di Rtl). E poi i contributi alle associazioni come se piovesse (e come se Reggio fosse in Scozia, per capirci). Ora è diventato presidente della giunta regionale e in città il suo partito si è diviso. All’istante. Il facente funzioni Raffa ha già montato e smontato la nuova giunta in poche ore: l’ultima volta, la notte scorsa. Siamo sul pezzo.

All’insegna della ricerca di visibilità a tutti i costi, Raffa ha nominato Irene Pivetti assessore all’immagine. Ci mancava. Dice che rinnoverà il look della città. Chissà quanto costerà, dopo il tapis roulant collocato in centro. Nel frattempo, in attesa del maquillage, i metodi sono sempre gli stessi. Clientele e botte da orbi, per capire chi sarà candidato alle Comunali e, soprattutto, alle Politiche. Perché Silvio vuole andare a votare. E bisogna attrezzarsi.

Ci vuole misura, nelle cose, e Canale rivendica la sua battaglia per portare trasparenza e responsabilità nella gestione delle casse comunali. Massimo è avvocato, ha quarant’anni, fa politica da sempre. Con passione. E con ostinazione. Dice che di fronte a una destra divisa, ci vuole unità. «E il centrosinistra dovrebbe parlare con una voce sola». Semplice. E, forse, impossibile.
Arrivo allo Stretto e penso: adesso facciamo il ponte. Berlusconi l’aveva promesso: i lavori inizieranno nel 2005 e termineranno nel 2010. Il 2010 volge al termine, e la campata dovrebbe essere per aria, no? Che ingenuo, che sono. Non devo dimenticare mai che «una promessa è sempre una bugia», come voleva il grande Sándor Márai. Hanno posato la prima pietra. Per ora può bastare. L’unico ponte che non ci piace, insomma, non appare. C’è ancora il traghetto. Caronte, la linea di sempre. Con quel gusto dantesco.

Alle nostre spalle, il completamento dell’A3 era previsto per il 2013. Solo Berlusconi, però, crede alla propria propaganda: gli esperti dicono che si dovrà attendere il 2020. E la previsione dei costi complessivi ha già superato la decina di miliardi di euro.

Prima annotazione: nonostante il continuo, incessante e, potremmo dire, contundente richiamo alla famosa «concretezza», Berlusconi non ha mai realizzato nulla. Vive del sogno del grande exploit o, forse, del grande appalto. Il prossimo.

Seconda annotazione: siamo in un Paese in difficoltà economiche clamorose, giusto? E perché nessuno controlla mai quanto costano le opere e le cose? A quale punto di irresponsabilità siamo arrivati, se si possono realizzare opere pubbliche senza che nessuno poi verifichi nulla? La misura delle cose. E delle opere. Di quelle che sono. E di quelle che non sono.
Per dirne una soltanto, Impregilo ha vinto con un ribasso strepitoso. E poi i costi sono lievitati. Che in italiano deve essere un po’ come quelle formule omeriche, tipo: «il piè veloce Achille». «I costi lievitano». E quindi? Non è successo nulla. Ad altre latitudini, la linea ad alta velocità tra Torino e Milano è costata più di tre volte di una linea identica costruita in Francia o in Spagna. Lo sanno tutti. Nessuno però sa il perché. E soprattutto nessuno fa niente per recuperare i soldi o, almeno, la faccia.

Passiamo a prendere Andrea all’aeroporto. È partito stamattina da Malpensa. Tutto si tiene, nel viaggio dell’unità. E allora viene in mente la terza pista dell’aeroporto varesino. Un intervento «necessario», perché Malpensa «cresce». Anzi, no, non cresce, ma crescerà. Accidenti, se crescerà! Le previsioni di Sea collocherebbero Malpensa tra i primi aeroporti del mondo: peccato che si faccia ancora molta fatica a raggiungerlo, dopo tanti anni di retorica ad alta quota. Peccato che altri aeroporti, in Lombardia e nel Nord, siano cresciuti parecchio in questi anni, senza che nessuno ragionasse in termini «di sistema», come si dice nel linguaggio della burocrazia. Tocca ai cittadini opporsi: non per ragioni ambientali, però. No, per evitare l’accusa di una presa di posizione ideologica, da cui sarebbero subito investiti, riflettono sui costi dell’opera e sui suoi benefici. Facessero tutti così…Del resto, anche il nucleare consiste soprattutto nel costruire nuove centrali. Farle funzionare, poi, si vedrà. Il Pd sono anni che ripete che ci volevano le piccole e medie opere e non le ottave meraviglie del mondo (sic) per sostenere i Comuni e il sistema produttivo in questo momento di crisi. Non è stato ascoltato: e la grandeur del governo corrisponde ancora una volta alla piccolezza delle sue vedute.

Il Ponte doveva costare tre miliardi di euro e rotti. Ora ne costerebbe più di sei, se mai fosse realizzato. Cosa volete che sia? La tecnologia, anche in questo caso, «è la più avanzata del mondo». C’era da scommetterci. A furia di record annunciati, questo Paese è bloccato. Ci guadagnano i soliti. Gli altri? Si arrangino.
Il governo – anche la Lega, come al solito – è strettamente favorevole alla realizzazione dell’opera. Il Pd è tutto contrario. O quasi. E anche il centrosinistra lo è, anche se, quando governava, avrebbe potuto chiudere la società del Ponte, ma poi i voti mancarono. Governo Prodi. Rimpianti e rimorsi, soprattutto.

Passo veloce da Capo d’Orlando: il sindaco, due anni fa, ha picconato la targa dedicata a Garibaldi. A proposito di look e di grandi opere. Già. Pare che il Tar gli abbia dato torto. E che Garibaldi possa tornare. Al suo posto.
Ironia della sorte, e per concludere, questa sera, scrivo da Gioiosa Marea, affacciata sulle Eolie. Mi trovo in una struttura residenziale ecomostruosa. A pochi passi, una frana interrompe il percorso della statale 113. E a Gioiosa, a dispetto del nome, sono tutti arrabbiati. Chissà se gli esperti di emergenza e di grandi opere vorranno fare qualcosa, per riaprire la strada. Altrimenti, oltre alla statale, una strada diversa potremmo immaginarla noi, rimuovendo i cocci di questo fallimento e di questi anni che ci hanno fatto precipitare così in basso. E andare avanti. Finalmente.

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