attualità, politica italiana

"Il sindaco zero idee", di Vittorio Emiliani

Radere al suolo Tor Bellamonaca e ricostruirla più vicino al centro di Roma? «Una cavolata», la definisce lapidariamente in tv una residente. Un altro favore ai grandi costruttori. È l’ultima delle proposte-annuncio del sindaco Gianni Alemanno, partorita in vacanza a Cortina, e assomiglia tanto al non saper più che fare per segnalarsi. Sarebbe stato meglio proporre un piano di manutenzione edilizia e di servizi socio-culturali per quella e per altre periferie. Pochi giorni fa aveva proposto (vacanze fertili le sue) di tassare i troppi cortei. Parole in libertà, da tassare magari.
Nel suo programma c’era la demolizione della teca di Richard Meier che contiene l’Ara Pacis là dove il piccone mussoliniano si era vigorosamente esercitato nel 1936. Ma Alemanno è meno forte col piccone, per fortuna. Mesi fa giurava sulla Formula 1 all’Eur come terapia per la crisi del turismo (di qualità, figurarsi). Prim’ancora sul Parco tematico della Romanità su 300 ettari di suoli pubblici, una Roma tutta finta.… Alemanno non sembra proprio destinato a passare alla storia del Campidoglio. Il suo bilancio di governo è dei più incolori. Dalla sua giunta non è emersa un’idea generale su Roma. Ha pure insediato una commissione di esperti che non ha prodotto nulla di utilizzabile.
Del resto, un leader si giudica dalla sua équipe e quella di Alemanno si rivela sempre più modesta. Aveva puntato sul suo capo di gabinetto all’Agricoltura, Enzo Castiglione, che però un anno dopo ha lasciato l’incarico di assessore al bilancio. Sostituito da Maurizio Leo che però si tiene stretto lo scanno di deputato. Come il vice-indaco Mauro Cutrufo rimasto incollato al Senato e l’assessore alla casa Alfonso Antoniozzi all’Europarlamento. Tutti a mezzo servizio. Nel Comune più vasto e più popolato d’Italia.

Mettiamoci poi che fare il sindaco a Roma mentre a Palazzo Chigi c’è un governo condizionato dalla Lega Nord che non lascia passare giorno senza gridare a “Roma ladrona” è impresa da triplo salto mortale. Ma Alemanno lo sapeva in partenza. Difatti è riuscito a fatica a far approvare il bilancio preventivo alla fine di luglio con quasi sette mesi di ritardo (un record) perché non sapeva che fine avrebbero fatto i 500 milioni promessi da Berlusconi, negati da Bossi e, alla fine, lesinati e ridotti da Tremonti e perché il suo potere di contrattazione con la maggioranza di cui fa parte (avendo mollato Fini) è dei più deboli. Vuole ora “studiare” da vice-premier? Potrebbe essere più agevole, alla fine. Se glielo consentiranno. O forse sono soltanto sogni, anche questi, coltivati a Cortina da dove non si è spostato (caso unico, mi pare) neppure un minuto per partecipare alla camera ardente dell’ex presidente della Repubblica Cossiga.

Nel 1881 (prima legge speciale Crispi per la capitale) il ministro Alessandro Fortis chiudeva la discussione notando «un fondo di indefinibile gelosia verso Roma». Eppure era stato il piemontese Cavour a volerla capitale: «La sola città italiana che non abbia memorie esclusivamente municipali».

E un altro piemontese, il biellese Quintino Sella, a fare da regista alla Terza Roma. Il sindaco che ne avrebbe fatta una moderna capitale europea, Ernesto Nathan, era nato a Londra e cresciuto a Milano. Del Nord (altri uomini, altri tempi) erano i componenti del suo formidabile laboratorio: di Montù Beccaria (Pv) il fondamentale assessore al Tecnologico, Giovanni Montemartini, mantovano Ivanoe Bonomi, poi capo del governo, reggiano Meuccio Ruini, in seguito presidente del Senato, e così via. Una città accogliente, meritocratica e cosmopolita. Del resto, anche più recentemente, un sindaco di qualità come Giulio Carlo Argan era torinese, viterbese Luigi Petroselli, il più amato e incisivo, calabrese Ugo Vetere, già eccellente uomo di conti al Bilancio. Pure le compagini di Francesco Rutelli e di Walter Veltroni erano assai più attrezzate: basta guardare alla mole di investimenti nelle nuove strutture culturali (l’assessorato di Gianni Borgna è durato circa tre lustri), che ancora produce frutti dopo aver dato vita – col governo Dini, ministro Paolo Baratta – ad una autentica vetta qual è il Parco della Musica, il più frequentato oggi d’Europa. Che poi il centrosinistra, sbagliando candidato-sindaco e campagna elettorale, abbia praticamente regalato alla destra il Campidoglio è un altro discorso. Largamente da fare.

Ha messo in campo Alemanno qualcosa di paragonabile? Mi è capitato di partecipare ad un interessantissimo dibattito sullo studio promosso da Enzo Proietti dell’AIC sulle ex borgate abusive risanate dalle giunte Argan, Petroselli e Vetere, dove vivono 337.000 romani. Era presente l’assessore capitolino Fabrizio Ghera (lavori pubblici e periferie). L’abbiamo sentito ripetere meccanicamente che la giunta Alemanno pratica «il pragmatismo del fare». Ma un’idea, un’ideuzza di città non l’ha tirata fuori. Eppure si parlava di Roma.

L’Unità 24.08.10