attualità, partito democratico, politica italiana

"Alla sinistra ora serve un nuovo Ulivo", di Pier Luigi Bersani

Caro direttore, dopo anni di illusione berlusconiana l´Italia continua a regredire sul piano economico e sociale e si allontana, alla luce di ogni parametro, dai paesi forti dell´Europa. Nello stesso tempo l´impegno a riformare e a rafforzare le istituzioni repubblicane si sta trasformando in una deformazione grave della nostra democrazia. Ci si vuole trascinare ad un sistema dove il consenso viene prima delle regole e cioè delle forme e dei limiti della Costituzione; dove si limita l´indipendenza della Magistratura; dove il Parlamento viene composto da nominati; dove il Governo ha il diritto all´impunità e ad una informazione asservita e favorevole; dove si annebbiano i confini fra interesse pubblico e privato. I segni di tutto questo li abbiamo potuti valutare in questi anni berlusconiani: regressione dello spirito civico e della moralità pubblica, politica ridotta a tifoseria, allargamento del divario tra nord e sud, nessuna buona riforma sui problemi veri dei cittadini. Il populismo infatti è, per definizione, una democrazia che non decide, specializzata com´è nell´usare il governo per fare consenso e non il consenso per fare governo. Il dato di fondo della situazione politica sta qui, mentre la questione sociale e quella del lavoro sono senza risposte e si drammatizzano ogni giorno. Il consenso per Berlusconi è ancora largo, ma il rapporto fra parole e fatti e fra promesse e realtà diventa sempre più labile anche nella percezione dei ceti popolari. Vengono alla luce degenerazioni corruttive che vivono all´ombra di un potere personalizzato. Gli strappi all´assetto costituzionale non sono più sopportati da una parte della destra attratta da ipotesi liberali e conservatrici di stampo europeo.
A questo punto per Berlusconi la scelta è fra ripiegare o alzare la posta. Per l´Italia la scelta non riguarda più solo un governo, ma finalmente una idea di democrazia e di società. La prossima scadenza elettorale, più o meno anticipata che sia, comporterà in ogni caso una scelta di fondo. Rispetto a tutto questo, la proposta alternativa soffre ancora di debolezze che devono essere rapidamente superate. Il venir meno di una promessa populista produce sempre, direttamente o specularmente, fenomeni di distacco dei cittadini dalla politica, una spinta alla radicalizzazione impotente, espressioni vere e proprie di antipolitica che possono insorgere da ogni lato. Il compito dell´alternativa è quello di trasformare grande parte di queste forze disperse in energia positiva, collegandole ad un progetto politico capace di sorreggere non solo una proposta di governo ma una proposta di sistema. Tocca al PD innanzitutto, come maggiore forza dell´opposizione, indicare una strada che colleghi efficacemente l´iniziativa di oggi alla sfida radicale e dirimente di domani.
Rendendoci disponibili oggi ad un governo di transizione non cerchiamo né scorciatoie né ribaltoni. Sfidiamo piuttosto la destra a riconoscere la realtà e ad ammettere l´impossibilità di mandare avanti l´attuale esperienza di governo e ad introdurre correttivi, a cominciare dalla legge elettorale, che consegnino lo scettro ai cittadini, per tornare poi in tempi brevi al voto. Sarebbe questo un tradimento del mandato elettorale? L´elettore in realtà è stato tradito da chi non è più in grado di rappresentare la sua coalizione e mantenere le promesse del suo programma. Sarebbe questo uno strappo costituzionale? Qui siamo all´analfabetismo o alla sfacciata malafede. E´ l´esclusione in via di principio di questa ipotesi, il vero strappo costituzionale!
Chi ha rispetto della Costituzione della Repubblica e del suo Presidente deve considerare invece tutte le possibilità. Noi lo facciamo. Noi consideriamo la possibilità che il Governo provi a sopravvivere con una specie di respirazione artificiale, rifiutandosi di prendere atto della sua crisi politica. Una soluzione che non porterebbe lontano e alla quale risponderemmo con una opposizione netta. Riteniamo infatti doveroso che la destra in disfacimento certifichi la sua crisi in Parlamento. Consideriamo altresì la possibilità che la situazione precipiti verso un vuoto politico e verso elezioni svolte con questa sciagurata legge elettorale, in una situazione economica, sociale e finanziaria di acutissima criticità. In questo caso la nostra proposta avrebbe la stessa ispirazione che oggi ci fa proporre un governo di transizione; una ispirazione cioè che deriva dall´analisi di fondo cui ho accennato. Noi proporremmo un´alleanza democratica per una legislatura costituente. Un´alleanza capace finalmente di sconfiggere una interpretazione populista e distruttiva del bipolarismo, capace di riaffermare i principi costituzionali, di rafforzare le istituzioni rendendo più efficiente una salda democrazia parlamentare (a cominciare da una nuova legge elettorale) e di promuovere un federalismo concepito per unire e non per dividere. Sto parlando di una alleanza che può assumere, nell´emergenza, la forma di un patto politico ed elettorale vero e proprio, o che invece può assumere forme più articolate di convergenza che garantiscano comunque un impegno comune sugli essenziali fondamenti costituzionali e sulle regole del gioco. Una proposta che potrebbe coinvolgere anche forze contrarie al berlusconismo che in un contesto politico normale (come già avviene in Europa) avrebbero un´altra collocazione; una proposta che dovrebbe rivolgersi ad energie esterne ai partiti interessate ad una svolta democratica, civica e morale. Come si vede, questa idea nasce dalla convinzione che la fuoriuscita dal berlusconismo non sia un processo lineare, cioè legato ad una semplice alternanza di governo in un sistema che funziona. Si dovrà uscire, lo ribadisco, da una fase politica e culturale e non solo da un governo, verso una repubblica in cui alternanza e bipolarismo assumano la forma di una vera fisiologia democratica.
Per dare l´impulso decisivo a questo cruciale passaggio occorre l´impegno univoco, leale, convinto e coeso di tutte le forze progressiste, che sono adesso chiamate a mettersi all´altezza di una responsabilità democratica e nazionale. Come potrebbero queste forze essere credibili se in un simile frangente non dessero per prime una prova di consapevolezza, di unità e di determinazione comune? Ecco allora la proposta di un percorso comune delle forze di centrosinistra interessate ad una piattaforma fatta di lavoro, di civismo, di equità, di innovazione e disponibili ad impegnarsi ad una progressiva semplificazione politica e organizzativa che rafforzi il grande campo del centrosinistra. Un simile percorso dovrebbe lasciarci definitivamente alle spalle l´esperienza dell´Unione e prendere semmai la forma e la coerenza di un nuovo Ulivo. Un nuovo Ulivo in cui i partiti del centro sinistra possano esprimere un progetto univoco di alternativa per l´Italia e per l´Europa e mettersi al servizio di un più vasto movimento di riscossa economica e civile del Paese. Dunque, un nuovo Ulivo ed una Alleanza per la democrazia. Su queste proposte il Pd vuole esprimere la sua funzione nazionale e di governo.
Su queste basi politiche il Partito Democratico organizzerà per l´autunno una grande campagna di mobilitazione sui temi sociali e della democrazia. E´ giunto il tempo infatti di suonare le nostre campane.

La Repubblica 26.08.10

******

E il Pd blinda il segretario “È il nostro candidato premier”, di U.R.

Dalla segreteria del Pd uno stop alla candidatura di Chiamparino. Vendola contro l´ex segretario. Confronto aperto sulla linea politica e, anche, dibattito sulla candidatura a premier che prende quota fra i democratici. Se, finora, dopo la discesa in campo di Vendola e Chiamparino, i sostenitori del segretario si erano mossi sotto traccia, adesso i “bersaniani” escono allo scoperto: «Bersani è il candidato del Pd». La corsa alla premiership del centrosinistra del segretario del partito è dunque ufficialmente aperta. Prende posizione Piero Fassino, ex leader dei Ds, che sostiene: «Sono favorevole allo schema europeo: il candidato è il leader del principale partito della coalizione. Le primarie è giusto farle, e il Pd ci va con Bersani candidato premier». Alla guida, spiega Fassino in un´intervista a Europa, di una coalizione larga, «non penso che un´alleanza che vada dall´Udc alla sinistra passando per il Pd sia un´ammucchiata. L´abbiamo sperimentata due volte: alle regionali e al secondo turno delle amministrative del 2009». Uno stop alle candidature di Vendola e Chiamparino arriva da Filippo Penati, capo della segreteria del Pd, che non ha dubbi: «Bersani è il nostro leader. E´ l´unico che è stato scelto con il metodo delle primarie. Non ci sono altri partiti nella sinistra, anche di quelli che parlano tanto, che hanno usato questo metodo. Vorrei ricordarlo a tutti». E, in un intervista ad Affaritaliani. it, avverte: «Chi si candida si assume la responsabilità di aver diviso questo partito in un momento in cui bisogna invece cercare l´unità». Le alleanze? «Nessuno pensa di fare una grande ammucchiata, ma dobbiamo chiudere il pericoloso periodo eversivo di Berlusconi».
Però Antonio Di Pietro, prima delle primarie e della scelta del leader, vuole il programma. «In un sistema bipolare si devono mettere insieme tre componenti: la coalizione, il programma e la leadership. Individuare il leader senza sapere con quale squadra deve giocare e per realizzare quale obiettivo a me pare un controsenso». Così il presidente dell´Italia dei Valori conferma l´impegno del suo partito a partecipare alle primarie, ma chiede che da subito si stabilisca quali partiti facciano parte della coalizione e su quale programma. Nichi Vendola, che alle primarie si è già autocandidato, prende di mira invece il «mito» veltroniano della vocazione maggioritaria del Pd, «ci portò alla sconfitta». Il 2008, l´anno della tornata elettorale affrontata dal centrosinistra secondo lo schema di Walter Veltroni, ha segnato una drammatica battuta di arresto perché «ha seppellito una breve esperienza di coalizione di centrosinistra con una grande presunzione illuministica: il mito dell´autosufficienza». In un´intervista al manifesto, il presidente della Regione Puglia spiega di provare «simpatia e rispetto per la volontà innovativa» di Veltroni, però «molti si autoproclamano narratori del riformismo. Ma ci sono diversi riformismi. E´ difficile capire perchè sarebbe riformista dar ragione a Marchionne». Alla sinistra radicale e all´Idv che fanno appelli all´unità porta aperta ma a qualche condizione: «Certo, serve che ci si rimetta insieme, ma che insieme si cerchi un´alleanza con il popolo largo».

La Repubblica 26.08.10