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"Lo stato, l'etica e il caso di Sakineh", di Chiara Saraceno

Le condotte “immorali” delle donne appaiono più gravi: disonorano gli uomini di famiglia e “tentano” gli altri. Una colpa “morale” diventa reato penale: questo sta succedendo all´iraniana condannata a morte per adulterio. Il caso Sakineh, come quello di molte altre donne condannate a morte (con lapidazione!) a causa del loro supposto adulterio non riguarda solo la sproporzione tra la colpa e la pena, ma il fatto stesso che una supposta colpa secondo il codice morale sia automaticamente un reato dal punto di vista penale. E che reato, vista la pena cui viene condannata chi lo compie.
Si può discutere o meno se l´adulterio sia una colpa morale e se l´essere vedove non sciolga dall´obbligo della fedeltà verso il coniuge defunto. Molte società, in passato e in parte anche nel presente, hanno risposto affermativamente a questa domanda. Anche in alcuni paesi occidentali fino a relativamente pochi anni fa l´adulterio poteva avere conseguenze sul piano civile e penale. In Italia fino al 1975 il sospetto adulterio di una donna (ma non di un uomo) poteva essere causa bastante per una richiesta di separazione per colpa. E l´abbandono – da parte della moglie come del marito – del tetto coniugale per vivere con un´altra persona poteva essere non solo causa di separazione ma anche di condanna penale, come avvenne, sia pure per poco, a Coppi e alla sua “dama bianca”. Tuttavia proprio questi due esempi, pur testimoniando di un interesse da “Stato etico” alla regolazione dei rapporti tra coniugi e al mantenimento della asimmetria nei rapporti tra marito e moglie, mostrano che lo Stato interveniva per punire un supposto torto nei confronti dell´altro coniuge, permettendogli di separarsi senza nulla dovere all´adultera, o sanzionando chi veniva meno a quelli che venivano definiti gli “obblighi coniugali”, tra cui rientrava anche la convivenza. Il “reato” riguardava la lesione del contratto coniugale, non un attacco alla integrità dello Stato al punto da richiedere una punizione esemplare. Questo pericoloso cortocircuito tra colpa morale e tradimento di Stato è avvenuto, nell´Italia fascista come nella Francia di Petain, solo nel caso dell´aborto. E non a caso questa trasposizione ha comportato un aggravamento delle pene, che in Francia potevano anche arrivare fino alla condanna a morte.
È sempre pericoloso, prima che per la democrazia per i diritti minimi degli individui, quando lo Stato si impone come guardiano etico. È ancora più pericoloso quando confonde moralità con reato penale, perché il passaggio al considerarlo una lesione agli interessi dello Stato, e perciò punibile con il massimo della pena, è sempre in agguato. E le donne sono più a rischio degli uomini, non solo perché negli “Stati etici” hanno di solito molto meno potere che in quelli democratici, ma perché al loro comportamento sessuale è affidato non solo l´onore degli uomini della loro famiglia ma più in generale il comportamento virtuoso degli uomini. Più sottoposte a sorveglianza degli uomini, le loro “colpe” appaiono più gravi: perché disonorano e tradiscono gli uomini di famiglia e perché “tentano” gli uomini fuori dalla famiglia, o si lasciano da loro tentare. Per questo le donne hanno conquistato più tardivamente degli uomini il diritto all´habeas corpus, che non è solo il diritto all´integrità personale, ma anche il diritto ad essere in controllo del proprio corpo e della propria sessualità. Quando lo Stato si presta ad a vallare, ed anzi rafforza questa asimmetria, facendone un fondamento dell´ordine sociale, non hanno scampo.
Facciamo sentire la nostra voce perché Sakineh e tutte le altre nelle sue condizioni siano salvate dalla morte, ma anche da bastonate, fustigazione, prigione. Ma teniamo anche aperti gli occhi e la testa sui rischi e le derive degli Stati etici, là dove agiscono allo scoperto, e anche dove tentano nuovamente di farsi valere. È pericoloso per tutti, ma soprattutto per le donne.

La Repubblica 28.08.10