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"Bersani: la riforma del voto con chi ci sta ma non impicchiamoci a un modello", di Laura Pertici

Più forti di ogni debolezza. Pronti alla riscossa civica. Con un compito storico: piegare e vincere il berlusconismo. Per Luigi Bersani inizia a fine agosto la sua campagna d´autunno. Abbronzato al sole della Sardegna, tonificato dalle feste democratiche, sembra spinto da una nuova determinazione.
Arriva a Repubblica Tv per spiegare con gli occhi e la voce cos´è il Nuovo Ulivo, la sua proposta politica apparsa l´altra settimana su questo giornale. Mette subito in chiaro che non si impiccherà ad un modello di legge elettorale, «il meccanismo che ho in mente può venire da una correzione del modello tedesco e da una correzione del Mattarellum». Ma già che c´è risponde a Renzi che «per costruire non basta distruggere, sono sicuro che in giro c´è il nuovo Maradona, io però ancora non l´ho visto». E a Bossi dice: «Altro che voti Pd offerti a Berlusconi. Tu sei il vero traditore, che ti aggrappi a Roma ladrona». Il segretario del Pd parla nel videoforum di Repubblica Tv. Lo attendono in tanti, davanti al televisore o al computer. In mezza giornata, prima dell´appuntamento fissato per le 16, giungono in redazione cinquecento domande via e-mail. Oltre mille i quesiti inviati invece in diretta, centinaia quelli postati quando Bersani è già andato via.
Nuovo Ulivo e Alleanza democratica. Due concetti diversi?
«In Italia abbiamo due problemi. Quello dell´alternativa di governo e quello dell´assetto democratico, altamente deformato. Su Repubblica ho parlato di Nuovo Ulivo pensando proprio all´alternativa di governo. Che stavolta deve nascere da un patto non occasionale tra le forze di centrosinistra. Mi spiego: queste forze, se ci sono, devono stringersi per un´intesa credibile, devono trovare parole univoche e devono rendersi disponibili anche a considerare possibile la riorganizzazione dello stesso centrosinistra, per evitarne la frammentazione».
Cos´è allora l´Alleanza democratica?
«Dal Nuovo Ulivo deve venire una larghezza di idee, una visione e dunque una proposta rivolta anche a quelle forze che non si definiscono di centrosinistra ma che non sono disposte ad una deriva plebiscitaria. Con loro si può ragionare di riforme istituzionali, di legge elettorale, di regole che stiano saldamente nel terreno della nostra Costituzione».
Parla a Fini e Casini?
«Sì, parlo a quelli che ci stanno, a chi punta alle regole. Il coinvolgimento dei finiani è possibile nella misura in cui – come si diceva una volta – abbiano un´idea di destra europea. Bisogna credere nell´equilibrio dei poteri, non nel “ghe pensi mi”. Ma le intenzioni e la disponibilità della destra sono tutte da verificare. A partire dal processo breve».
Quale sarà il vostro programma?
«A Torino dirò bene cosa abbiamo intenzione di fare su scuola, fisco, lavoro. Noi non abbiamo mai smesso di fare le nostre proposte, ma si è creato un cortocircuito informativo che ci ha dipinti come incapaci di costruire, uniti solo dall´opposizione a Berlusconi. Questo è profondamente falso, ed è grave perché negli Stati Uniti la gente sa cosa dicono Repubblicani e Democratici. In Italia invece i cittadini sono tenuti all´oscuro da quel che propone l´opposizione».
Legge elettorale: come si seppellisce il Porcellum?
«Non voglio rimanere impiccato ad una formula, a dei modelli. Prima vediamo in quanti siamo d´accordo nel dire che questa legge è un abominio. Consente ad una persona sola di nominarsi tutti i suoi parlamentari, è all´origine di una distorsione micidiale per cui il Parlamento risponde al governo e non viceversa, ha prodotto 38 voti di fiducia e 54 decreti, un conformismo dilagante, poteri ricattabili. E´ deleteria. Ma la questione della legge elettorale attiene a quella più ampia delle regole. Quindi ai miei dico: bisogna discutere anche con chi la pensa diversamente da noi».
C´è chi teme un bipolarismo indebolito.
«Bipolarismo, la preoccupazione è sempre la stessa. O che venga indebolita o che venga rafforzata la prospettiva bipolare. La mia posizione in merito è quella di sempre, da lì non mi muovo. Solo un esagerato ottimismo può far pensare che le regole elettorali possano modificare i dati di fondo della cultura politica di un paese. Da quando è caduto il Muro di Berlino in Italia si è determinato un assetto sostanzialmente bipolare che non saranno quattro righe a modificare. Questo assetto può essere forzato per provare a fare persino il presidente della Repubblica, dato il 35 per cento dei consensi».
Oppure?
«Oppure va reso flessibile. Non certo fino al punto di incoraggiare il vecchio sistema della frantumazione, ma per dare degli elementi di respiro allo stesso meccanismo. Con la nuova legge elettorale non ci si potrà esimere dal dire con chi si sta, questo è ovvio. Per il resto io ho in mente un disegno che abbia radici territoriali, che non sia basato su personalismi, che scaturisca dalla correzione del modello tedesco o dalla correzione del Mattarellum. Vedremo, discuteremo. Questo fanno i partiti. Non devono morire per una formula».
Primarie: si faranno o temete Vendola?
«Si faranno e saranno primarie di coalizione. Tutti quelli che vengono da mondi diversi ed esprimo sensibilità potranno dire la loro. Se ci saranno più candidati nel Pd lo deciderà il partito».
Perché per il suo progetto ha guardato indietro, all´Ulivo?
«Perché la parola Ulivo politicamente corrisponde ad un´idea, ad un movimento, ad una riscossa civica. Non è dunque solo una questione di partiti. Per me il concetto dell´impegno e del risveglio dei cittadini è cruciale. Abbiamo il dovere di ridestare il protagonismo democratico dei cittadini. E possiamo farcela. Perché siamo più forti delle nostre debolezze. Dobbiamo smetterla di guardarci la punta delle scarpe ed impressionarci per il fatto che ci troviamo davanti ad una battaglia difficile. Diamoci solidità, smettiamola di essere demo-depressi».
La litigiosità è stato il tratto distintivo nonché il killer dell´era Prodi. Perché oggi dovrebbe andare meglio?
«Perché lo scenario è completamente diverso. Per esempio: Rifondazione ha fatto un discorso onesto, escludendo qualsiasi partecipazione ad un futuro governo. Va bene, ho detto, ma siete interessati ad un confronto vero sui temi costituzionali? Siete pronti ad affrontare la battaglia per dare una linea certa al nostro profilo democratico? Mi hanno risposto di sì. Ecco, è così che intendo procedere. Il Nuovo Ulivo è una straordinaria occasione per prendersi delle responsabilità».
Berlusconi l´ha bollato come ammucchiata.
«Ammucchiata? E´ esattamente il contrario e non vedo come il premier possa fare prediche, lui che sta governando con un´accozzaglia di gente che si insulta dalla mattina alla sera. Sapete quali sono i punti programmatici del premier? Viva la mamma e il papà».
Bossi dice che lei ha offerto i voti del Pd a Berlusconi.
«Non ho mai parlato in modo spocchioso della Lega, ma adesso basta. Davvero. Devo mandare una letterina al Carroccio. Bossi sta attaccato al vecchio zio per prendersi l´eredità e non ci sono neanche badanti di mezzo. Il suo è un puro tradimento degli elettori. Per anni ha gridato contro Roma ladrona, ora sta proprio con quei ladroni».
Renzi, il sindaco Pd di Firenze, afferma che il Nuovo Ulivo fa sbadigliare.
«A Renzi rispondo che per costruire non basta distruggere. L´idea della costruzione creativa non ha mai portato da nessuna parte. L´azzeramento del vertici del Pd non serve a niente. Noi non siamo qui a pettinare le bambole, abbiamo invece un compito storico che ci impone di accettare le critiche ma che non prescinde dalla lealtà alla ditta. Siamo pieni di bravi dirigenti di quaranta anni: se c´è in giro un nuovo Maradona, e sono sicuro che c´è, si vedrà. Io sono qui proprio per questo, per far girare la ruota. Ma dobbiamo sentirci come in un collettivo».

La Repubblica 31.08.10

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Legge elettorale, Pd in cerca di una proposta comune

Bersani: possiamo correggere il modello tedesco o il mattarellum Non sarà semplice né indolore, per il Partito democratico, ritrovarsi attorno a una proposta condivisa di riforma della legge elettorale. Doveva averlo ben chiaro ieri il segretario Pierluigi Bersani quando, intervenendo al forum di Repubblica Tv, continuava a mettere l’accento sulla parola “flessibilità”, spiegando che «legge elettorale vuol dire “regole”» e che quindi bisogna «discutere con tutti coloro che hanno a cuore le regole». Un punto comune dal quale partire c’è: «Vediamo in quanti siamo d’accordo a dire che questa legge è un abominio ». Questa legge, il porcellum, che «consente a una persona sola di nominarsi tutti i suoi parlamentari», è all’origine di una «distorsione micidiale»: è il parlamento a rispondere al governo e non viceversa. Dunque, insiste il segretario, vediamo chi ci sta a lavorare per cambiarla davvero.
Il fatto è che ieri mattina Repubblica era uscita con una intera pagina di retroscena “dalemiano” a firma del vicedirettore Massimo Giannini, in cui l’ex presidente del consiglio chiariva attraverso numerosi virgolettati, ancor più nettamente di quanto già non avesse fatto in passato, la sua preferenza per il sistema elettorale tedesco, proprio quello più avversato dai bipolaristi convinti.
«Con il sistema tedesco – è il ragionamento di Massimo D’Alema – noi potremmo convogliare un campo vasto di forze, dall’Udc alla Lega, e creare un assetto tendenzialmente bipolare, anche se non bipartitico, dove si andrebbe alle urne con cinque, massimo sei partiti, con un centro forte che si allea con la sinistra, con la sfiducia costruttiva, con una buona stabilità dei governi, che volendo potremmo persino rafforzare con l’introduzione di una clausola anti-ribaltone.
Non riesco a immaginare uno schema migliore, per un paese come il nostro». D’Alema non ritiene adatto alla situazione italiana neanche il mattarellum, che invece gode di buona fama tra i democratici: «Ma ci rendiamo conto che col mattarellum siamo andati alle urne con quattordici partiti?».
La sortita di D’Alema ha creato una certa fibrillazione nel Pd, già alle prese con l’appello per l’uninominale lanciato sul Corriere della Sera da politici e professori bipartisan, tra cui alcuni esponenti di rilievo del partito, come Pietro Ichino, Ignazio Marino, Enrico Morando, Nicola Rossi, Giorgio Tonini, Ermete Realacci, oltre ai parlamentari radicali nel gruppo Pd come Emma Bonino e Maria Antonietta Coscioni. «Non si può tornare indietro, alla politica delle mani libere, come di fatto propone D’Alema con il sistema tedesco, delle coalizioni costruite a tavolino dopo il voto», ha detto la presidente Rosy Bindi». Ironico Arturo Parisi: «Sono passati appena tre mesi da quando un’assemblea nazionale del Pd varava con enfasi un documento che indicava come posizione del partito un sistema di impianto maggioritario fondato sui collegi uninominali. È più di un anno che chiedo a Bersani: che D’Alema stia dalla tua parte è risaputo. Si può almeno sapere se tu stai con D’Alema?».
Molto critico Stefano Ceccanti: «D’Alema propone il centro forte che si allea con la sinistra, ma ciò nega la radice Ulivo e Pd, in ogni caso in parlamento i voti non li avrà».
Dove potrà spingersi la «flessibilità» di Bersani? «Oggi il problema non è la formula…
la ragionevolezza porterà a un sistema che non metta in discussione il bipolarismo, ma ci eviti i rischi del plebiscito. Si può valutare il modello tedesco o il mattarellum.
L’assemblea nazionale del Pd ha fissato alcuni paletti, approfondiremo».

da Europa Quotidiano 31.08.10