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"Da Unicredit all’Eni, ecco gli affari sotto la tenda beduina", di Raffaella Cascioli

Sotto la tenda del Muammar Gheddafi, allestita nella residenza dell’ambasciatore libico in Italia, il business italo-libico riflette quello che fonti diplomatiche definiscono l’«eccellente stato dei rapporti bilaterali » tra Italia e Libia.
Potere della globalizzazione avrebbe sentenziato il ministro dell’economia Giulio Tremonti che non da oggi va spiegando in giro come la Vecchia Europa debba iniziare a ragionare non potendo più contare su vecchie rendite di posizione. E così nel corso di trenta minuti di colloquio tra Berlusconi e Gheddafi, presente il ministro Frattini, sono molti i temi economici ad essere stati affrontati. A cominciare da quello che si profila essere un importante accordo nel settore della difesa. Un ruolo da protagonista, a quanto si apprende, dovrebbe averlo Finmeccanica che tra l’altro è impegnata a fornire il “Selex sistem”, un sistema satellitare di controllo delle frontiere terrestri libiche. Nella doppia veste di premier nonché di ministro dello sviluppo economico, Berlusconi avrebbe fra l’altro affrontato con il leader libico anche i temi delle infrastrutture e dell’energia che tuttavia sono poi stati oggetto di incontri ad hoc tra il colonnello e i big dell’industria italiana presenti nella serata di ieri alla sontuosa cena per 800 invitati offerta dal presidente del consiglio e alla quale hanno partecipato, oltre al direttore generale di Confindustria Giampaolo Galli, lo stato maggiore di Finmeccanica e dell’Eni, ma anche il presidente dell’Enel Piero Gnudi, l’ad di Unicredit Profumo oltre al presidente di Impregilo Ponzellini.
Come si ricorderà in tema di infrastrutture, proprio il trattato di amicizia e cooperazione sottoscritto dai due paesi due anni fa impegna Tripoli a “girare” buona parte dei 5 miliardi di dollari che l’Italia pagherà a risarcimento del passato coloniale a imprese italiane a cui sarà appaltata la costruzione dell’autostrada costiera libica. Tre i lotti in cui saranno suddivisi i lavori e che saranno affidati a tre diversi consorzi creati tutti da aziende italiane.
Non è un mistero, infatti, il forte interesse per la visita del colonnello dimostrato dai grandi costruttori, come Impregilo e Italcementi, mentre nei giorni scorsi l’ad dell’Eni Paolo Scaroni ha avanzato l’ipotesi di un incontro d’affari con Gheddafi visto che il cane a sei zampe ha già annunciato investimenti per 25 miliardi di dollari in Libia dove, sulla base di un accordo che risale al 2007, è impegnato a produrre petrolio fino al 2042 con la principale compagnia petrolifera libica, National Oil Corporation.
E che i rapporti tra le economie dei due paesi siano sempre più stretti lo testimoniano i dati dell’interscambio che registrano una costante lievitazione senza contare che il nostro Paese è ormai il terzo investitore europeo in Libia, dove sono presenti 100 imprese italiane, e a cui guardano con crescente interesse molte aziende a cui Gheddafi un anno fa in Confindsutria aveva strizzato un occhio.
Silenzio assoluto, però, sull piatto forte dell’incontro tra Berlusconi e Gheddafi: ovvero la presunta scalata libica a Unicredit, su cui la Lega di Bossi ha alzato il velo chiedendo a governo e Consob di verificare l’accresciuta presenza nell’istituto di credito. All’inizio di agosto infatti la Lybian Investment Authority ha portato la propria quota nel capitale di piazza Cordusio oltre la soglia del 2% facendo così lievitare la presenza della compagine libica intorno al 7%. Infatti, come è noto, la Central Bank of Libya è da qualche anno il secondo azionista di UniCredit con il 4,988% della banca guidata da Alessandro Profumo dopo Mediobanca. E proprio Unicredit non ha fatto mistero di voler aprire in Libia tramite una joint venture. Gli affari sono affari.

da Europa Quotidiano 31.08.10

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“Perché i finiani ora si ricredono sul Colonnello”, di Stefano Baldolini

Europa islamizzata, le hostess ad ascoltare Gheddafi: un piatto troppo indigesto per una fetta della destra italiana.
Così anche quest’anno la festa dell’amicizia Italia-Libia ha come corollario un aumento di tensione nella maggioranza. Lo show del Colonnello produce un altro fronte con i finiani; e lo fa, proprio nei giorni in cui si parlava con una certa insistenza (il Giornale a parte) di una presunta tregua nel Pdl. Eppure, dopo l’invito del premier a minimizzare («Le cose serie sono altre, lasciamo perdere il folklore »), qualcuno ci aveva provato a smorzare i toni. A partire dal ministro La Russa («L’ospite è sempre sacro») o del fedelissimo Gasparri («Meno clandestini, e nessun rischio per l’identità cristiana»).
Invece, ecco dalle artiglierie “leggere” dei finiani partire il doppio attacco. Il “solito” Fare futuro web magazine: «Siamo la Disneyland di Gheddafi», scrive Carmelo Palma, peraltro direttore di Libertiamo.it, creatura del deputato Fli, Della Vedova.
«Nelle passeggiate romane – scrive Palma – il rais libico esibisce la sua paradossale centralità nella politica di un governo che è passato dall’atlantismo all’agnosticismo, dalle suggestioni neocon alla logica commerciale per cui il cliente, se paga, ha sempre ragione». Poi arriva l’affondo di Generazione Italia, altra emanazione della destra finiana. «Basta con le pagliacciate », scrive Gianmario Mariniello. Per un altro deputato di Futuro e libertà, Carmelo Briguglio, «queste visite di Gheddafi aumentano le distanze tra governo e Stati Uniti e creano con la Santa Sede malumori di cui nessuno sentiva il bisogno ». Ecco, su questo punto, almeno a giudicare l’espressione terrea di Gianni Letta, ripreso dalle tv sempre alle spalle di Berlusconi e Gheddafi, probabilmente il sottosegretario alla presidenza del consiglio non sarebbe molto distante.
L’offensiva finiana sembra legittimamente prodotta ad arte per tenere la tensione alta in vista di Mirabello. Non ci sarebbe da stupirsi. Dalle nostre parti spesso la politica internazionale è piegata agli interessi di parte. Per dire, Italo Bocchino, non più di un anno fa, ai tempi di Villa Certosa e dello scandalo D’Addario, difendeva il premier parlando «di manina dei servizi segreti deviati», che non avevano gradito le «cose straordinarie che Berlusconi aveva compiuto su tre fronti importanti: la Russia, la Turchia e la Libia». Inoltre, per certi versi, peggio dell’anno scorso non poteva andare. Con Fini che annulla l’incontro alla Camera per le due ore di ritardo del Colonnello, Pisanu (e D’Alema) costretto a ricucire nella tenda piantata a villa Pamphili.
A proposito dell’ex ministro dell’interno, non c’è forse immagine migliore per rendere la lacerazione che attraversa il corpo un po’ ammaccato della destra.
Amico della Libia, da titolare del Viminale dal 2003 lavorò con Tripoli – dove andò decine di volte – per preparare l’accordo sull’immigrazione, Pisanu è da più parti considerato l’asso che Fini potrebbe calare domenica prossima a Mirabello, nel suo discorso alla nazione.

da Europa Quotidiano 31.08.10