partito democratico, politica italiana

Franceschini: «Non regaliamo nostre divisioni a destra spaccata»

«Non regaliamo le nostre divisioni a una destra frammentata e spaccata». È il monito rivolto dal capogruppo alla Camera del Pd, Dario Franceschini che intervistato alla festa nazionale del partito ha richiamato tutti al senso di responsabilità invitandoli a mettere da parte discussioni e litigiosità. «In questo momento non offriamo pretesti per dare l’impressione che ci siano divisioni nel Pd. Ci sono i luoghi per discutere, discutiamo e poi sarà un segretario nazionale che ha vinto le primarie a dare sintesi e voce a quella linea, ma dopo aver preso una decisione sosteniamola tutti».

«Questa discussione molto agostana su cosa dovremmo fare in caso di elezioni, se andare da soli oppure l’unione evidenzia posizioni estreme – ha osservato Franceschini- nessuno ha mai sostenuto di andare da soli. Io penso si possa trovare una sintesi: se la legislatura va avanti nel suo percorso normale ci dobbiamo presentare alle prossime elezioni in modo credibile con una coalizione costruita attorno ad un programma vincolante di governo, non frammentata e divisa, e quindi bisogna spingere quelli che vogliono allearsi con noi ad accettare e mettere in moto meccanismi di aggregazione tra di loro».

«Se invece -ha proseguito – ci troviamo in una situazione di emergenza, con Berlusconi che tenta di arrivare allo scioglimento delle Camere, allora ad una emergenza democratica serve una risposta di emergenza e a quel punto chiederemmo a tutte le forze disponibili a fermare quel disegno e ad accompagnare l’Italia verso un bipolarismo normale, di accantonare la discussione e di costruire un campo che punti a fermare quel disegno. Questo – ha concluso Franceschini – vuol dire alleanza democratica o alleanza costituzionale, come la si vuol chiamare».

«Fini è e resterà nostro avversario, ma un avversario che si muove su una linea di normalità»: ha chiosato Franceschini. «Lui ha in mente una destra normale che rispetta le regole nella quale ci si può opporre, simile a quella degli altri paesi europei. Berlusconi invece ha un’idea padronale dello Stato e del suo schieramento, però – ha rimarcato – non facciamo confusioni: quella è una partita che avviene nell’altro campo».

L’Unità 31.08.10

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“Destre spaccate, ora massima compattezza contro i rischi per la democrazia italiana”
Franceschini alla Festa Democratica di Torino: “Mai più l’Unione, si cambi la legge elettorale con chi ci sta e poi al voto. Ma Fini resta un avversario”

La stagione dei litigi si è chiusa con la nascita del Pd, ora che le destre sono spaccate, non ingigantiamo le nostre divisioni”. Dario Franceschini, ex vice di Veltroni, poi segretario fa il suo debutto da capogruppo della Camera alla Festa democratica di Torino, rimbrottando i “giovani e meno giovani che alimentano i dissidi interni al partito, le discussioni sui giornali in questo momento sono da irresponsabili. I rischi che corre la democrazia italiana sono talmente profondi che c’è bisogno della massima compattezza da questa parte. Non regaliamo le nostre divisioni a una destra frammentata”.
Auspica “l’incontro delle culture riformiste, anche quelle che hanno deciso di non entrare nel nostro partito, per ricostruire un campo di governo”. Il riferimento è al progetto del nuovo Ulivo voluto da Bersani, e anche lui chiarisce che non sarà l’ennesima ammucchiata anti-berlusconiana: “Mai più torneremo all’Unione con 11 sigle, non si può rinunciare a quello per cui è nato il Pd, cioè semplificare il campo del centrosinistra. Disegniamo un programma alternativo alla destra, diciamo di volere un welfare universale per i lavoratori, stabili o precari che siano, e più investimenti su scuola, ricerca e innovazione e costruiamo attorno alle idee alleanze di governo”.

Ma se ci trovassimo di fronte a un’emergenza, se Berlusconi volesse portare il paese al voto per rafforzare oltre i limiti i propri poteri “bisognerebbe dare una risposta adeguata. Adesso dobbiamo vedere se in Parlamento c’è una maggioranza disponibile, senza confusione di ruoli, dico che Gianfranco Fini resta un nostro avversario, disposta a fare una nuova legge elettorale e aprire una fase di transizione per consegnare al Paese un vero bipolarismo moderno, centrodestra-centrosinistra, superando l’anomalia Berlusconi. Ma se ci fossero adesso le dimissioni di questo governo per noi sarebbe un giorno di festa e non di paura. Dopo il giorno di festa dovremo andare avanti con un governo di transizione e fare la legge elettorale. Ma se noi andiamo oggi alle elezioni, le vinciamo, perché gli italiani hanno capito per la terza volta la distanza siderale tra le promesse di Berlusconi e i fatti”. Insomma il premier sa “che tra poco rischia di non essere più presidente. Ho l’impressione che Berlusconi stia cambiando priorità: sarebbe una bella beffa fare tanta fatica, fare il lodo Alfano e poi… Allora non a caso sta spostando l’attenzione sul processo breve, perché riguarda anche chi non fa il capo dello Stato. Per questo adesso punta a bloccare centinaia di processi e non gli interessa nulla se migliaia di criminali resteranno impuniti, perché il suo problema è un altro. Vuole una norma che lo tuteli anche quando non sarà più presidente del Consiglio”. Un atteggiamento duro, tanto che nel pomeriggio i partecipanti alla videochat de La Stampa chiedevano come mai del cambio di rotta rispetto alle elezioni del 2008: “Dopo le elezioni c’è stato un tentativo per vedere se c’era spazio per normalizzare i rapporti politici, ma purtroppo Berlusconi ha di fatto aggravato le cose della sua precedente legislatura e questo rende impossibile all’Italia diventare un normale Paese europeo”.

Sulla legge elettorale con cui tornare a votare si rifà ai documenti votati all’assemblea nazionale PD di maggio: “Un modello che richiama il doppio turno alla francese, che concilia la governabilità con la rappresentanza. La priorità resta quella di restituire agli elettori il diritto di scegliersi gli eletti, preferibilmente con il collegio uninominale”.

Spazio anche per la visita di Gheddafi a Roma, con una condanna dura: “È inimmaginabile per qualsiasi paese europeo guidato dalla destra offrirsi per costruire un palcoscenico a Gheddafi e per far sfilare 500 ragazze a pagamento mandate da un’agenzia per far finta di essersi convertite all’Islam. C’è di mezzo la dignità di un paese e la dignità delle donne italiane”.

Ma.Lau.

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