scuola | formazione

«C’è la crisi, paga la scuola», Bersani abolisce la Gelmini, di Rudy Francesco Calvo

Sul palco della Festa con Podesta e Gonzalez: quale ricetta per la ripresa?
«Quando ci chiedono qual è la collocazione internazionale del Pd, eccola, è questa qua precisa». Pier Luigi Bersani seduto sul palco della Festa torinese (davanti alla folla delle grandi occasioni) tra uno dei massimi pensatori dei democratici americani, John Podesta, e l’ex premier socialista spagnolo Felipe Gonzalez “vede” già nei fatti una casa comune del progressismo mondiale.
E individua già anche le sfide che essa ha di fronte: «Lavoro e reddito, clima e politiche ambientali, pace e diritti. Se riusciamo a dare l’esempio, unificando i nostri programmi su questi temi, potremo dare una mano al pianeta».
Nell’immediato, la domanda a cui dare una risposta è la via d’uscita dalla crisi finanziaria. Con essa si sta scontrando Obama, che «ha avuto successo nello stabilire le basi di una nuova economia – ricorda Podesta – a partire dalla sanità, realizzando il sogno di generazioni di democratici americani. Adesso invece la gente vuole che torni a concentrarsi sull’oggi, sul lavoro, la scuola, la produzione.
Obama non deve preoccuparsi di piccole minoranze come quelle del Tea Party, ma parlare direttamente al cuore del paese per spiegare che la sua linea è quella giusta». Più critico sulla situazione internazionale è Gonzalez, che invoca una risposta europea («invece si è presa la strada del nazionalismo») e stigmatizza la ripresa avviata in Germania, «dovuta solo alle esportazioni, favorite dal calo dell’euro» e invita l’Europa a puntare invece sulla conoscenza e sulla qualità dei prodotti, «perché sui salari non possiamo certo competere con Cina o America Latina». Ma anche a «finirla con il corporativismo, per dare più spazio ai giovani».
Parole che Bersani coglie al volo, ricordando gli interventi che il Pd ha chiesto al governo italiano, che invece è andato in un’altra direzione: «Bisogna mettere i soldi nelle tasche della gente, creare occupazione detassando le imprese e calcando sulle rendite e puntare sull’innovazione». Invece, «solo noi in mezzo alla crisi abbiamo fatto un salasso al mondo della scuola». E ad ascoltarlo in platea, dispersi nella folla ma pronti a mostrare i loro striscioni alla fine del dibattito, ci sono proprio gli insegnanti precari, ai quali garantisce: «Aboliremo la riforma Gelmini». Quanto al corporativismo, poi, il segretario del Pd individua i suoi bersagli: «Perché non disturbiamo i petrolieri per abbassare il prezzo della benzina? Perché continuiamo a rendere possibile il fatto che i giovani svolgano mesi e mesi di praticantato a zero euro? Perché manteniamo la vergogna del massimo scoperto in banca per le piccole imprese? Se non scomodiamo tutti questi, rischiamo di non venirne fuori».
Con l’ex premier spagnolo, che chiama Felipe, dimostrando una confidenza di più lunga data rispetto a Podesta, il segretario del Pd duetta anche sul tema del federalismo. Un processo positivo, per Gonzalez, perché «avvicina il potere alla società», ma che va affrontato «senza perdere di vista la coesione territoriale nazionale. Quando il federalismo si concentra sull’egoismo regionale, ci perdono tutti». Bersani coglie l’occasione per attaccare la Lega e l’emergere degli egoismi territoriali anche al Sud. Il Carroccio, per il leader dem, «tradisce il Nord» non mantenendo le sue promesse, e allora lui prova a suscitare l’orgoglio dei suoi: «Se vogliono parlare di decentramento che funziona, i leghisti non hanno niente da insegnarci. Tutto quello di buono che è stato inventato sui servizi locali viene dalle nostre culture, loro hanno inventato solo le ronde. Noi siamo un vero partito popolare, rimettiamoci a combattere».