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"Il piano del Cavaliere per votare a marzo", di Claudio Tito

All´accordo non ci crede. Dei “finiani” non si fida. «Le elezioni a marzo sono quasi inevitabili». Silvio Berlusconi non vede più spazi di manovra. Il percorso che porta ad un´intesa con il presidente della Camera è «strettissimo».
Anzi, nonostante il batter d´ali delle “colombe”, lo considera sbarrato. Al punto di preparare una vera e propria road map che porti al voto anticipato in primavera e alla definizione di un “salvacondotto” prima che le eventuali sentenze di condanna diventino definitive. E soprattutto prima che l´incubo della pena accessoria, quella dell´”interdizione dai pubblici uffici”, diventi esecutiva.
Discorsi che ieri nella riunione con Umberto Bossi e martedì nel summit con il ministro della Giustizia Alfano e con Niccolò Ghedini, il premier ha deciso di esplicitare. «Come potete pensare – ha chiesto ai suoi interlocutori – che io vada avanti con delle persone che manifestamente puntano a distruggermi?». Il Cavaliere è pronto a un passo indietro solo in presenza di una «totale adesione» dei finiani al testo sul processo breve. «Ma non mi pare che questo sia il loro orientamento, anzi mi risulta il contrario. Non mi fido di loro». E già, perché il nodo resta proprio quello: il destino dei tre processi (Mediaset, Mediatrade e Mills) che, nel caso in cui la Consulta a dicembre dovesse bocciare il legittimo impedimento, riprenderanno a “correre” nelle aule dei tribunali. E le ultime parole del presidente della Repubblica hanno rafforzato la sua convinzione. Il riferimento al ddl intercettazioni lo ha mandato su tutte le furie: «Vedete, vogliono che il processo breve faccia la stessa fine…».
In effetti anche a Montecitorio gli uomini del presidente della Camera non intendono cedere. Fini, rientrato a Roma, ha parlato ieri a lungo con Italo Bocchino e Giulia Bongiorno. Risultato: «Una vera trattativa non c´è». Tanto meno sul processo breve che nella formulazione uscita dal Senato non ha assolutamente l´approvazione di Futuro e Libertà. Ma, come ha fatto capire Giorgio Napolitano, nemmeno del Quirinale. Tant´è che domenica prossima a Mirabello, l´inquilino di Montecitorio pur non annunciando apertamente la nascita del nuovo partito, inizierà a porre una serie di condizioni politiche tali da rendere perlomeno complicato un accordo. L´obiettivo di Fini, infatti, è certificare l´esistenza di una coalizione con tre leader. Ma sulla questione giustizia, inchioderà la linea del suo gruppo a due concetti: la strada maestra per risolvere lo scontro politica-magistratura resta il «Lodo Alfano costituzionale» e Fli non concederà mai il suo avallo a «provvedimenti che salvaguardano le cariche istituzionali ma danneggiano i cittadini in attesa di giustizia». Ogni riferimento al processo breve è puramente voluto. Così come la retroattività della procedura inserita nella norma transitoria.
Proprio per questo il premier ha deciso nelle ultime ore di rompere gli indugi. «Se allunghiamo i tempi, a rischiare siamo solo noi. Dobbiamo accelerare». Non vuole offrire la possibilità che l´asse tra Colle, Camera, Pd e Udc si saldi davvero in una prospettiva di legislatura, ma con un altro esecutivo. A Palazzo Grazioli danno dunque per scontato che «Fini non possa tornare indietro» e che una concessione dei finiani su qualsiasi tipo di «scudo» a difesa del premier «chiuderebbe di fatto la partita a nostro favore». Quindi, ripete Berlusconi, «non ci può essere altra strada». L´unica tutela richiesta (soprattutto a livello mediatico) è quella di far ricadere sul presidente della Camera la responsabilità della rottura. La stessa preoccupazione che agita i finiani. Non a caso ieri il premier ha incontrato la delegazione leghista, incaricata della mediazione e ora invitata a svolgerla in modo che la colpa venga attribuita proprio ai “dissidenti”. E su questo ha chiesto al Senatur una prova di lealtà.
La road map di Palazzo Chigi, insomma, è ormai definita. O accordo «vero» subito o elezioni a marzo. «Se concediamo altro tempo – ha avvertito il premier ai suoi fedelissimi – consentiamo a Fini di organizzarsi e al Pd di rianimarsi. Avete visto cosa ha detto D´Alema? Ora non sono pronti. Ora dobbiamo colpire». I dubbi del Cavaliere, poi, non riguardano solo l´opposizione. Ma spesso vanno a concentrarsi sugli esponenti considerati di «confine». A cominciare da Giulio Tremonti. «Concedere tempo – è il suo ragionamento – significa correre troppi rischi». Tra questi la nascita di un altro esecutivo che abbia nel programma due punti davvero dirompenti per il Pdl: la riforma elettorale e una nuova normativa sul conflitto di interessi.
Non solo. La primavera viene considerata l´ultima tappa per affrontare e risolvere la “madre di tutte le battaglie”, quella processuale. Se la Corte costituzionale boccerà il legittimo impedimento, Berlusconi – calendario alla mano con Ghedini – ha verificato di aver tempo almeno fino a ottobre 2011 prima che le condanne diventino definitive e l´interdizione dai pubblici uffici esecutiva. «Io – ha spiegato Berlusconi chiuso nel suo quartier generale di Via del Plebiscito – sono sicuro di poter vincere a marzo anche senza Fini e bloccare il complotto. Se nel frattempo mi condannano in primo grado, quello diventerà il cuore della campagna elettorale». Ma il presidente del consiglio è pronto anche ad un´ipotesi peggiore: se il fronte Pdl-Lega non dovesse ottenere la maggioranza al Senato, «chiunque voglia fare un governo dovrà comunque trattare con me. E il primo punto del patto di governo sarebbe la giustizia e il ritorno ad una sorta di immunità parlamentare».

La Repubblica 02.08.10