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"Lo show di Gheddafi e le domande da fare", di Nadia Urbinati

Caro direttore, c’è qualcosa di sano, di straordinariamente sano nelle risposte delle hostess proletarie che hanno recitato la parte del pubblico nello show di Gheddafi nella Roma berlusconiana: la paga giornaliera è una cosa seria, le stupidaggini dei politici clown sono un pretesto. Sfogliando il Libro verde della rivoluzione libica ricevuto insieme al Corano come gadget della parata, una ragazza (che doveva premunirsi di restare anonima per non perdere il salario) ha cosí commentato, secondo le parole riportate dal giornalista di Repubblica: «Siamo qui per soldi, per noi è solo un lavoro». È un lavoro fare platea, anche perchè se non fosse per il compenso alle spettatrici, il nuovo profeta islamico non avrebbe avuto pubblico. Il pubblico lo si deve in qualche modo risarcire, e se non è la rappresentanzione che vale da risarcimento allora occorre pagare.
A preoccuparsi debbono essere i cittadini italiani, dobbiamo essere noi: poichè la politica nel nostro paese ha generato nuove professioni, agenzie che fanno affari con lo spettacolo politico e i suoi attori. Questo è grave, e le ragazze in fila per la “giornata” ce lo ricordano con limpida semplicità. E lo fanno con straordinario disincanto: poichè non sono lí per essere convertite, anche se al tiranno libico conviene essere visto in questa veste (ecco perchè la condizione per essere selezionate è stata il silenzio stampa!), ma per fingere di poter essere oggetto di conversione: le tre presunte convertite pare abbiamo ricevuto un extra. Tutto finto, come l’ottone quando viene esposto per ingannare chi lo guarda ed essere scambiato per oro. Sono loro, quelle ragazze, con il loro ragionare economico spiccio e diretto, con la loro curiosità un po’ troppo da Canale 5 che ce lo fanno capire bene. Ci fanno capire che la parata libica è stata un espediente per affari altri da quelli mostrati alle televisioni.
Ci fanno naturalmente porre la domanda che noi, come cittadini/e, dobbiamo e siamo legittimati a porre a chi ci governa: sul conto di chi è stato messo lo show per il leader libico? Insomma, chi ha pagato le hostess a giornata? E poi, quali sono esattamente gli affari succulenti che sono stati siglati con la scusa del circo poichè soltanto questo ha attirato l’attenzione dei media? Per il bene di chi si è messo in scena uno spettacolo del quale c’è da vergognarsi di fronte a tutte le nazioni del mondo, e soprattutto a quelle politicamente e culturalmente piu vicine a noi? Anche perchè è davvero imbarazzante vedere come Berlusconi sia l’unico nei paesi democratici a dirsi e comportarsi come amico dei dittatori e degli autocrati: di quello della Bieolorussia, della Russia e della Libia. A chi giova questa sua amicizia privata? Giova alla nostra nazione? Giova alla nostra economia e agli impegni politici che il nostro Stato ha solennemente preso per difendere i diritti umani e operare per promuoverli?
C’è dunque una ragione fondata per restare allibiti/e nel vedere che le ragazze italiane hanno messo nella lista delle possibili (e sempre più necessarie) attività saltuarie quella di apparire alle feste organizzate dalla politica di Stato. Quando
ero universitaria, le mie coetanee racimolavano qualche soldo facendo le stagiste nelle fiere (Bologna, città fieristica, era un buon mercato per molte). Per noi ragazze “impegnate” quella scelta era disdicevole, ma non dichiaravano ostracismo per quelle di noi che avevano bisogno di raccogliere qualche soldo e si mettevano la divisa di stagiste. Cosí oggi non dovremmo penalizzare quelle ragazze hostess del circo Gheddafi-Berlusconi. Però oggi, c’è di diverso e davvero gravissimo che i capi di Stato (per giunta quelli di un paese democratico) si sentano autorizzati a fare dello spazio pubblico una fiera, di aver bisogno di stagiste per offrire all’ospite di turno ciò che chiede. Oggi le ragazze da convertire al Corano, e domani? E com’è possibile che la Farnesina acconsenta di fare tanti strappi al protocollo delle cerimonie ufficiali?
Ciò che è diverso rispetto ai tempi andati è che la politica si faccia essa stessa fiera, che si faccia piazza per affari grandi e piccoli che i cittadini e le cittadine abbiano appreso che c’è un nuovo tipo di bracciantato, al quale si sottomettono senza nemmeno chiedersi per quali piani sono prestatori d’opera, al di là di quelli fasulli nei quali essi sono i primi a non credere. Di diverso c’è che queste agenzie assoldino e paghino (con il contributo di chi?) a patto che le ragazze non parlino con i giornalisti ma non era questa “fiera” libica un evento promosso sotto l’egida dello Stato? Com’è possibile che per poter fare un servizio che è a tutti gli effetti pubblico le ragazze siano state invitate a non parlare con il pubblico? È questo permanente privatismo dello spazio pubblico che disturba, inquieta e deve, giustamente, fare rabbrividire. Ed è grazie alle hostess alla giornata che vediamo meglio questo disgustoso spettacolo. Ma perchè l’opposizione non incalza con un’interpellanza parlamentare per porre queste domande al governo a nome nostro, di noi cittadini attoniti?

L’Unità 02.09.10