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"I numeri del Ministro Gelmini", di Manuela Ghizzoni

Nella conferenza stampa di avvio dell’anno scolastico (che consiglio vivamente di riproporre nelle prossime settimane affinché le affermazioni del Ministro non siano velocemente dimenticate), in una atmosfera di surreale estraneità rispetto alla drammatica situazione in cui è stata trascinata la nostra scuola pubblica, il Ministro Gelmini ha potuto propinare le “sue” verità sugli effetti dei provvedimenti assunti nel corso dei due anni trascorsi dal suo insediamento.
La sceneggiata dell’arroganza del potere, sostenuta dalle menzogne, merita repliche puntuali e documentate che il Partito Democratico fornirà nel corso della mobilitazione delle prossime settimane scuola per scuola, come ha preannunciato il segretario Bersani.
Oggi mi limito a commentare alcune fantastiche affermazioni del Ministro.

Il tempo pieno
Il tempo pieno (ma sarebbe più corretto chiamarlo tempo a 40 ore, poiché l’assenza delle compresenza ne ha mutato il modello didattico) è aumentato nel biennio 2009-11 in virtù dell’introduzione del maestro unico e dell’abolizione delle compresenze. Secondo le fonti ministeriali, l’aumento coinvolgerebbe il 29% delle classi (nel 2008-09 era il 26,9%) A maggio un comunicato ministeriale parlava di 37.275 classi a tempo pieno, però in Parlamento il ministero ha rifiutato di comunicare che fine avessero fatto nell’a.s. 2009-2010 quel 20,2% di classi funzionanti con un orario fra le 31 e le 39 ore settimanali. Si tratta di quasi 500 mila studenti che sono stati privati dell’orario lungo e nelle maggior parte anche del tempo mensa per con la soppressione dei team. E’ evidente che di fronte a tale attacco della qualità delle scuole, non ha alcun senso esaltare l’aumento di 877 classi a 40 ore (attenzione, non di prime classi ma di classi dalla prima alla quinta) ottenuti a scapito delle compresenze e del modulo.

La spesa per il personale
Nonostante dati internazionali e fonti ministeriale affermino il contrario, il Ministro continua a propinare un dato: il 97% della spesa pubblica per l’istruzione è destinato al pagamento degli stipendi. Ella continua tenacemente ad ignorare che la spesa per il personale del MIUR supera di poco l’80% e che la spesa pubblica per l’istruzione non è solo quella erogata dal ministero, poiché anche le regioni e gli enti locali contribuiscono con risorse proprie. Pertanto, la percentuale della spesa per gli stipendi calcolata, come fa l’OCSE, sul totale della spesa pubblica si attesta di poco al di sopra del 60%, in linea con la media dei paesi OCSE. In ogni caso, quel che il Ministro non vuole capire, è che se si tagliano gli organici e non si incrementano i fondi per l’istruzione, la percentuale della spesa del Ministero per retribuzioni non varia! E il Ministro deve pure rendersi conto che il 30% delle risorse “razionalizzate” con i tagli della Legge 133/2008, destinato agli scatti o al merito (staremo a vedere…), si colloca sempre e comunque, non nel 3%, ma nel 97% del bilancio MIUR così malamente evocati. Se va in televisione sostenere il contrario, prima o poi se ne accorgerà anche qualcuno dei giornalisti chiamato a porle le domande di attualità…

Il Precariato
Così pure l’analisi sulla natura e genesi del fenomeno del precariato è puramente di comodo perché ignora che i posti vacanti e disponibili su cui nominare i docenti e il personale ATA non di ruolo ci sono (le immissioni di queste settimane coprono il 10% delle disponibilità) e se non vengono coperti è per risparmiare sul bilancio dello Stato. Invocare poi la cifra dei 200mila docenti precari come uno spauracchio, per convincere chi la ascolta che nessun sforzo, nemmeno titanico, potrebbe sistemare una situazione così grave (o meglio: se si fosse proseguito il piano di immissioni di 150.000 docenti previsto dal Governo Prodi la sacca di precariato si sarebbe enormemente sgonfiata), è operazione da furbesca retorica, che tuttavia non la esime dal dare risposta a coloro i quali dall’anno scorso non hanno più ottenuto incarichi. Parlo dei precari che erano in servizio due anni fa e che sono stati sbattuti sulla strada dalla cancellazione dei 67mila posti di docente operata dal 2009. Ancora, il Ministro non vuole intendere che con i 42mila pensionamenti ci sono stati comunque 67mila stipendi in meno. Si rilegga l’ultima relazione della Corte dei Conti!

Scatti stipendiali
Non è vero infine che sono stati salvati, unica categoria del pubblico impiego, gli scatti periodici di stipendi. Se mai è vero il contrario: quella della scuola è l’unica categoria che si è vista cancellare permanentemente tre anni di carriera e gli scatti, che saranno retribuiti con una parte delle risorse del 30% inizialmente destinate al “merito”, non pongono rimedio a tale vulnus, che si è voluto predisposrre per cancellare nel futuro la carriera economica.

Per l’edilizia scolastica nazionale il Ministro ha riportato un numero che impressiona: 1 miliardo. A ben vedere, si tratta però di 1 miliardo sottratto dal CIPE all’ammontare dei fondi FAS (Fondi Aree sottoutilizzate) già destinati al MIUR per le esigenze didattiche, educative e di edilizia delle regioni meridionali (tolgo al Sud per le scuole del Nord…). Ha inoltre dimenticato di dire che ad oggi, di quella cifra, non è stato impegnato, o meglio, cantierizzato un solo euro.