attualità, politica italiana

"Perugia, nel mirino anche l'ex capo del Tar del Lazio", di Francesco Grignetti

E’ dagli accertamenti bancari e contabili che arrivano le novità nell’inchiesta sulla Cricca. Dal computer del commercialista Stefano Gazzani, l’uomo che teneva i conti di Diego Anemone, è saltata fuori una nuova Lista. E’ la fotocopia di quella stranota del costruttore. Ci sono gli stessi nomi; a margine l’importo dei lavori (che spesso i diretti interessati non saldavano, ci pensava Anemone a far pagare lo Stato). E c’è un nome che ha fatto sobbalzare gli investigatori: «Berlusconi». Senza un aggettivo, o un’indicazione, o una cifra. Molto probabilmente indica i lavori effettuati a casa del premier, già segnati nella Lista Anemone come “camera da letto e bagni di palazzo Grazioli”. Oppure potrebbe esserci un riferimento a Paolo Berlusconi, di cui sono già emersi i buoni contatti con la cricca e l’interesse per l’appalto del sistema Tutor di controllo della velocità sulle autostrade.

Dalle analisi della Banca d’Italia, invece, è saltata fuori una vicenda nuova che coinvolge uno dei magistrati più influenti d’Italia, anche se poco noto al grande pubblico. Pasquale De Lise, presidente del Consiglio di Stato, già presidente del Tar del Lazio, al vertice della giustizia amministrativa da circa un anno, è al centro di una imbarazzante relazione della Banca d’Italia, in gergo Sos, segnalazione di operazioni sospette, perché sul suo conto corrente nell’agosto scorso è apparso un misterioso versamento da 250mila euro. Mittente, un facoltoso avvocato amministrativista romano.

L’operazione in sé non significa nulla, ma è evidente che darà il via ad accertamenti successivi. Ed è interessante la genesi di questa relazione: nasce da uno screening ordinato dalla procura di Perugia sui movimenti bancari di diverse persone coinvolte a vario titolo nell’inchiesta sulla Cricca. Era lì che già si trovava il nome di De Lise, così come quello di suo genero, l’avvocato Patrizio Leozappa. E anche sul conto di quest’ultimo, Bankitalia segnala alcune operazioni sospette.

Leozappa, De Lise e la Cricca: un triangolo di relazioni che aveva già attirato l’attenzione degli investigatori. Non foss’altro perché l’avvocato Leozappa curava gli interessi del costruttore Diego Anemone in procedimenti proprio davanti al Tar del Lazio e che ci sono telefonate dirette tra Balducci e De Lise che commentano soddisfatti i risultati. E’ il 4 settembre 2009 quando De Lise chiama Balducci e dopo convenevoli affronta un argomento che sta molto a cuore al suo interlocutore. Scrivono i carabinieri del Ros: «Gli dice che su input del genero Patrizio(Leozappa) si è “occupato” del recente provvedimento di rigetto del Tar Lazio riferito alla “storia” del Salaria Sport Village. “Patrizio mi aveva parlato di quella cosa… non stava nè in cielo nè in terra … quindi insomma… io l’ho seguita un po’ quella storia là”». L’ingegner Balducci ringrazia signorilmente. Ma quale fosse il tipo di familiarità che c’era dietro le quinte lo si intuisce dalle intercettazioni tra Balducci e Leozappa: «Senti, Patri’ … il Capo… che tu sappia, sta a casa?». E l’avvocato-genero: «Non lo so oggi… se è, ti risponde proprio lui».

Era un «sistema gelatinoso», scrisse il gip di Firenze. Definizione quantomai azzeccata. Quando all’orizzonte della Cricca apparve la volitiva Michela Brambilla, ad esempio, nominata sottosegretario al Turismo nel maggio 2008, gli uomini di Balducci iniziarono a preoccuparsi. Nemmeno un mese dopo la nomina, il 25 giugno, sappiamo da un’intercettazione – finora era sfuggita all’attenzione, ma è sottolineata in una nuova informativa dei Ros – la rossa Brambilla andò a lamentarsi dal ministro Claudio Scajola. Chiedeva sostegno per avere più spazio, più soldi, più deleghe. E quindi ecco come ne parlano Balducci e la segretaria di Scajola, Fabiana Santini (nel frattempo eletta al consiglio regionale del Lazio e in forza alla Giunta Polverini). Lui: «La Brambilla vorrebbe i Grandi Eventi e vuole istituire la terza Direzione generale dei Grandi Eventi. Vorrebbe anche la delega. Ma questa cosa va a toccare direttamente Letta e Bertolaso». Lei: «Lo so che tu sei uno di quelli che spinge a lasciare le cose come stanno». E le cose in effetti non cambiarono.

La Stampa 04.09.10

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“Tra i nomi di Anemone spunta un Berlusconi, E si aggrava la posizione di Scajola”, di Carlo Bonini

Tra i nomi di Anemone spunta un Berlusconi E si aggrava la posizione di Scajola Paolo e Silvio Berlusconi

PERUGIA – L’inchiesta sul Sistema Anemone e i grandi appalti per il G8 della Maddalena e i 150 anni dell’Unità d’Italia torna a bussare al portone di Palazzo Chigi. E incrocia il nome “Berlusconi”. L’estate non ha fermato l’attività istruttoria del Ros dei carabinieri e del Nucleo di polizia tributaria della Finanza e agli atti dei pm Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi è infatti ora un nuovo documento. Il “listino Anemone”, come lo hanno battezzato gli inquirenti. Una seconda e nuova contabilità dei lavori di ristrutturazione che, nel tempo, le ditte del costruttore Diego Anemone hanno effettuato nelle residenze private e istituzionali di ministri della Repubblica, grand commis di Stato, uomini degli apparati della sicurezza, inquilini degli immobili di “Propaganda Fide”.

Il “listino” è saltato fuori dall’esame dell’hard disk del personal computer sequestrato a Stefano Gazzani, il commercialista di Anemone indagato per riciclaggio. E, rispetto alla prima “lista Anemone” e ai circa 400 nomi che elencava (di cui le cronache hanno dato ampio conto nel maggio scorso e scovata nel computer di Daniele Anemone, fratello di Diego), presenta – per usare le parole di una qualificata fonte investigativa – “molte e significative coincidenze di nomi, come ad esempio quello dell’ex ministro Claudio Scajola, e altrettanto significative differenze”. A cominciare da un cognome – “Berlusconi” – che nella prima lista era assente. La Procura intende verificare se si tratti del Presidente del Consiglio o del fratello Paolo. E l’accertamento richiederà del tempo. Se è vero infatti che nella originaria lista Anemone figuravano lavori eseguiti in indirizzi di stretta pertinenza del Premier (piazza Grazioli, palazzo Chigi, piazza del Plebiscito) è altrettanto vero che, nell’indagine perugina, il nome di Paolo è associato agli accertamenti sugli appalti per il G8 della Maddalena.

Quale che sia la risposta (Silvio o Paolo Berlusconi), l’interesse investigativo che viene attribuito al “listino” è che il documento indica, a giudizio della Procura, almeno due circostanze. La prima: il fatto che fosse in possesso del commercialista di Anemone dimostrerebbe che i lavori indicati nella lista originaria conservata dal costruttore furono effettivamente svolti. La seconda: che di quei lavori, per ragioni contabili e probabilmente non solo contabili, andavano in qualche modo camuffate la committenza e gli importi (e di questo avrebbe dovuto occuparsi appunto Gazzani).

La scoperta del “listino” non è insomma una buona notizia né per Palazzo Chigi, né per Claudio Scajola, per altro tuttora semplice testimone nell’indagine sulla compravendita della sua abitazione di via del Fagutale. Anche perché gli accertamenti sul conto dell’ex ministro per lo Sviluppo economico fanno registrare una novità. Il Ros dei carabinieri ha infatti accertato che i complessi lavori di ristrutturazione del “mezzanino” vista Colosseo (per altro, come ormai documentato, mai pagati e “caricati” sui costi di appalti pubblici vinti da Anemone) vennero seguiti personalmente non solo da Diego Anemone, ma, attraverso la società “Medea”, anche da Mauro Della Giovampaola, l’ingegnere arrestato nel febbraio scorso insieme a Balducci, De Santis e Anemone, all’epoca funzionario della struttura della Ferratella (la stazione appaltante i lavori per i Grandi Eventi), nonché inquilino di riguardo di uno degli immobili di “Propaganda Fide”.

Un terzo ramo di indagine, quest’ultimo, che, come è noto, coinvolge l’ex ministro Lunardi e il cardinale Sepe. Che ha al centro la compravendita del palazzo di via dei Prefetti a Roma e la ristrutturazione della sede della congregazione in piazza di Spagna. Per il quale il tribunale dei ministri di Perugia ha riconosciuto la propria competenza in agosto, sottolineando nelle motivazioni della decisione (depositate ieri) come “l’ipotesi accusatoria di corruzione risulti corroborata”. E che ora attende la decisione del Parlamento sulla richiesta di autorizzazione a procedere.

La Repubblica 04.09.10