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"Enrico: ho 18 anni, sono di sinistra ma non urlo: ragiono", di Francesca Fornario

Le parole che state per leggere (sì: fatelo, vi supplico) le ha scritte un diciottenne iscritto al Pd. Pd di Budrio, Bologna, dove c’è la festa dell’Unità che si chiama ancora così e dentro allo stand della pesca dove si vince il pallone e la bicicletta c’entrano tutte le feste democratiche d’Italia. Le parole che state per leggere le ha scritte un ragazzo che va ancora a scuola, e che si mette la sveglia un’ora prima per andare davanti alle fabbriche a rischio chiusura, anche se gli amici grillini gli dicono che il suo Pd si è dimenticato gli operai. Enrico sarà ancora qui quando Berlusconi non ci sarà più, perché così è la vita. E il pensiero mi riempie di un’allegria indicibile. No, non il pensiero di Berlusconi che non ci sarà più, ma quello di Enrico che sarà uomo, padre, politico e militante quando non ci sarà più un governo colluso con la Mafia e chi lo fischia e chi censura chi fischia, e chi censura chi censura chi fischia. Perché dopo i fischi, e dopo altri fischi, e dopo altri fischi ancora, ci sarà da costruir su macerie, come dice Guccini. E bisognerebbe trovare la forza di farlo subito, adesso, e siamo in molti a provarci ma mica è facile e perciò finisce che ci buttiamo giù. Ma sapete una cosa? Mi mette un allegria addosso pensare comunque vada, domani, toccherà a quelli come Enrico, che guarda un po’ si chiama pure così.

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LA DIFFICOLTA’ DI ESSERE DI SINISTRA di Enrico Procopio

Contestazione. Contestazione.
Quando ero in prima elementare contestai il voto datomi per un disegno di un leone (“Sufficiente”), dicendo “non sono mica Picasso, sai?”.
In terza media il Preside decise che gli alunni erano troppo rumorosi, e che quindi avrebbero dovuto trascorrere i dieci minuti di intervallo in classe. Organizzai una protesta coi fiocchi, con tutte le classi dell’istituto che uscirono nello stesso momento, e con un plotone di coraggiosi andammo pure dal Preside a chiedere la revoca della circolare. Per la cronaca, funzionò alla grande. In vita mia non ho mai zittito nessuno. Mai. Ho sempre fatto parlare tutti, anche chi diceva stronzate. Al massimo gli ho consigliato di tacere, ma non ho mai prevaricato nessuno. Ho sentito di tutto. Ho sentito inneggiare al Duce, ho sentito leghisti che tuonavano contro gli immigrati (contro la colf a casa però no), gente che difende Berlusconi a oltranza. Ma mica in tv: questi parlavano con me.

Non li ho mai zittiti, non ho mai parlato più forte. Ho sempre aspettato il mio turno, poi ho parlato e li ho demoliti. Punto per punto, ho spiegato loro cosa non funzionava nel loro ragionamento. Io faccio sempre così: li ascolto, e poi smonto le loro convinzioni. Li zittisco con la forza delle argomentazioni.
In qualche modo, da quando sono nel PD, la cosa è più difficile: in alcuni casi sei costretto a beccarti le contestazioni e a non sapere bene cosa rispondere. E allora le risposte te le procuri da solo. Al Grillino che mi ha detto “il PD si è scordato gli operai!” ho risposto svegliandomi un’ora prima, e andando fuori dalle fabbriche a volantinare, a sostenere gli operai che rischiavano il posto alla Renopress e alla Masiero, prima di andare a scuola.

Intendiamoci: io non scendo a compromessi. Su alcuni valori – difesa della Costituzione, laicità, diritti degli omosessuali, per dirne alcuni – non sono intenzionato a indietreggiare, mai. Non sono disposto a farli calpestare da nessuno.
Detto questo, io non avrei fischiato Dell’Utri e Schifani. Ma è un problema mio, perché non sono capace di farlo, sono timido, mi vergogno anche solo ad alzare la mano per fare una domanda (poi però prendo fiato e la alzo, tranquilli).
Non condanno chi ha fischiato: aveva sostanzialmente ragione. Poi ho letto questo:

Le proteste nei confronti di Dell’Utri sono un segnale positivo, nonostante si cerchi di sminuire l’accaduto con le solite analisi all’italiana. La presa di coscienza della popolazione è sempre più forte. E se personaggi come Dell’Utri vengono cacciati a suon di fischi dalle piazze, forse il risveglio sociale non è poi così lontano. C’è ancora un’Italia capace di indignarsi. Ed è proprio da qui che si deve ripartire.Iniziamo a zittire quelli come Dell’Utri in tutte le piazze d’Italia, perché non è lì che dovrebbero stare, ma in galera.

Sono parole di Antonio Di Pietro. Le ho lette venti volte. E ho pensato che qualcosa non va. Perché la contestazione è giusta. La contestazione sistematica e organizzata, un po’ meno. Andare piazza per piazza a zittire chi dice cose che tu non pensi è squadrismo.

Facciamo l’analisi parola per parola, vi va?
“Le proteste sono un segnale positivo”. Giusto.
“La presa di coscienza della popolazione è sempre più forte”. Sì?
“E se personaggi come Dell’Utri vengono cacciati a suon di fischi dalle piazze, forse il risveglio sociale non è poi così lontano”. Ah, davvero? E’ lo stesso risveglio dei fischi a Prodi? Forse quelli volevano svegliare Prodi.
“Iniziamo a zittire tutti quelli come Dell’Utri in tutte le piazze d’Italia, perché non è lì che dovrebbero stare, ma in galera”. Quindi io devo zittire Dell’Utri perché dovrebbe stare in galera? Andare piazza per piazza a zittirlo?
Non è questo il risveglio della popolazione, no. Nello specifico, Dell’Utri è stato invitato a parlare della stronzata dei diari di Mussolini. Se io decidessi di contestarlo lo contesterei perché sta dicendo stronzate, non perché “dovrebbe stare in galera”.
Sono impopolare, ma anche chi dovrebbe stare in galera, per me, ha il diritto di parlare liberamente. E, se dice cose false, di essere contestato.

Capitolo Schifani. Ci sono diverse cose da mettere in chiaro, e provo a farlo ora.
Schifani era alla Festa del PD di Torino. Io non l’avrei invitato. Io avrei cercato altre persone con cui dialogare, non certo Renato Schifani. Ma io non decido nulla, e quindi hanno deciso di chiamare Schifani, e posso anche capire e quasi condividere questa scelta, facendo grossi sforzi. In generale, come ho scritto, i miei sforzi sono tesi a mandarlo a casa, non a negargli l’invito alla Festa. Sono arrivati contestatori – scrivono i giornali – del Popolo Viola (anche se non ho ben capito come si distinguano le persone del Popolo Viola, visto che teoricamente lo sono anche io) e dei Grillini. L’hanno fischiato, avevano pure le agende rosse, fuori la mafia dallo Stato. E’ una cosa giusta, teoricamente, e il messaggio è lodevole.
Ma ieri hanno vinto loro, hanno vinto loro, cioè ha vinto Schifani. Ha vinto Schifani, perché il loro progetto è diventato pienamente operativo. Hanno innescato la guerra civile, hanno incattivito la sinistra, l’hanno compressa e l’hanno fatta esplodere.

E il Pd è colpevole, perché non ha un leader in grado di incanalare questi umori e di farli confluire nella direzione giusta. E a chi fischia e dice cose giuste non sa dare risposte, e fa la figura del complice. E io li sento ridere, Schifani e co., nelle loro oscure stanze del potere (politico, mediatico e ora culturale).
La sinistra non è questo: non sono le dichiarazioni di Beppe Grillo, non sono le dichiarazioni di Di Pietro. La sinistra è quella dichiarazione che non c’è, quella che a Schifani ribatte colpo su colpo. E gli chiede qualcosa sulla mafia.

L’Unità 06.09.10