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Scuola, Pd: da Ocse netta bocciatura tagli Gelmini

Ghizzoni: per colpa Governo siamo il fanalino di coda in Europa. “I dati presentati oggi dall’Ocse sulla spesa media scolastica sono la conferma che la politica dei tagli del ministro Gelmini è stata dettata unicamente da una matrice ideologica e che non era, e non è confortata, da alcun elemento di realtà”. Così la capogruppo del Pd nella commissione Cultura della Camera, Manuela Ghizzoni commenta i dati del Rapporto Ocse 2010 sull’Educazione sottolineando come “il ministro sia ormai isolato a livello internazionale perché si ostina a considerare la spesa per la scuola come un costo e non come un investimento. I dati parlano chiaro – sottolinea Ghizzoni –mentre negli altri paesi la spesa pubblica per istruzione aumenta da noi si riduce: siamo ormai il fanalino di coda in Europa e dopo i tagli delle due ultime finanziarie la situazione è destinata anche a peggiorare. Insomma – prosegue Ghizzoni – il ministro Gelmini ha completamente sbagliato rotta e dovrebbe prendere atto di questa netta bocciatura internazionale. Nella prima seduta della commissione Cultura – conclude la democratica – chiederemo che il ministro venga alla Camera a commentare questi dati”.

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Scuola, Pd: Gelmini tenta di truccare dati Ocse
Ghizzoni: siamo fanalino di coda europeo, per università situazione drammatica.
“Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Il ministro Gelmini continua a non voler guardare in faccia la realtà e arriva addirittura a negare l’evidenza: l’Italia è il fanalino di coda in Europa in termini di spesa pubblica per istruzione e anche tra i paesi Ocse è sotto la media. Noi spendiamo 7.948$ per studente mentre la Francia 8.932$, la Germania 8.270$, la Finlandia 8.440$, la Spagna 8.618$, la Svezia 10.262$, la Svizzera 13.031$, gli Stati Uniti 14.269 $. Insomma, non si capisce che film abbia visto il ministro e stupisce che, dati alla mano, si continui a far finta di niente cercando di truccare i dati dell’Ocse. Per non parlare della situazione drammatica dell’insegnamento universitario e post universitario dove il nostro paese spende cifre irrisorie: 8.673 $ all’anno per studente rispetto ad una media Ocse di 12.907 $. Invece di tentare di piegare i dati a proprio piacimento, il ministro dovrebbe prendere atto che là dove investiamo di più, come nella scuola primaria otteniamo risultati maggiori. Insomma, la spesa per l’istruzione non è un costo ma un investimento”. Così la capogruppo del Pd nella commissione Cultura della Camera, Manuela Ghizzoni replica alla lettura che il ministro per l’istruzione, Mariastella Gelmini ha dato del Rapporto Ocse sull’Istruzione presentato oggi.

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L’Italia non investe in istruzione

Ocse: “Spesa per scuola a ultimi posti” Solo la Repubblica Slovacca dietro di noi. Gli insegnanti sono pagati meno della media, soprattutto ai livelli più alti di anzianità di servizio. Studenti inchiodati sui banchi di scuola per ore e ore ma con poco o scarso rendimento
ROMA – L’italia spende il 4,5% del pil nelle istituzioni scolastiche, contro una media Ocse del 5,7%. Solo la Repubblica Slovacca spende meno tra i paesi industrializzati, secondo quanto emerge dallo studio Ocse sull’istruzione. Nel suo insieme, la spesa pubblica nella scuola (inclusi sussidi alle famiglie e prestiti agli studenti) è pari al 9% di quella pubblica totale, il livello più basso tra i paesi industrializzati (13,3% la media ocse) e l’80% della spesa corrente è assorbito dalle retribuzioni del personale, docente e non, contro il 70% medio nell’Ocse. La spesa media annua complessiva per studente è di 7.950 dollari, non molto lontana dalla media (8.200), ma focalizzata sulla scuola primaria e secondaria e a scapito dell’università, dove la spesa media per studente, inclusa l’attività di ricerca, è 8.600 dollari, contro i quasi 13mila Ocse.

La spesa cumulativa per uno studente dalla prima elementare alla maturità è di 101mila dollari (contro 94.500 media Ocse), cui vanno aggiunti i 39mila dollari dell’università contro i 53mila della media Ocse. Nella scuola primaria il costo salariale per studente è 2.876 dollari, 568 in più della media Ocse, ma il salario medio dei docenti è inferiore di 497 dollari alla media che è di 34.496 dollari. A spingere in alto i costi sono le maggiori ore di istruzione (+534 dollari), il minore tempo di insegnamento (+202 dollari) e le dimensioni delle classi (+330 dollari). Il copione si replica nella scuola media, con un costo salariale per studente di 3.495 dollari contro una media Ocse di 2.950, mentre nei licei il costo (3.138 dollari) è di 312 dollari inferiore alla media Ocse, risentendo in particolare del divario rispetto al salario medio dei docenti (744 dollari in meno della media che è pari a 42.300 dollari).

In italia le ore di istruzione previste sono ben 8.200, tra i 7 e i 14 anni. Solo in Israele i ragazzi stanno più a lungo sui banchi e la media Ocse si ferma a 6.777. Le dimensioni delle classi inoltre sono maggiori rispetto alla media Ocse (18 alunni contro 22) e il rapporto studenti/insegnante è tra i più bassi (10,6 alla scuola primaria contro media 16,4).

Gli insegnanti sono pagati meno della media, soprattutto ai livelli più alti di anzianità di servizio. Un maestro di scuola elementare inizia con 26mila dollari e al top della carriera arriva a 38mila (media Ocse 48mila). Un professore di scuola media parte da 28mila per arrivare a un massimo di 42mila (51mila Ocse), mentre un professore di liceo a fine carriere arriva a 44mila (55mila). Al tempo stesso, però, l’italia è quintultima per le ore di insegnamento diretto. Sono 601 l’anno nella scuola secondaria, contro una media Ocse di 703.

Per quanto riguarda i laureati, sono pochi e pagati bene, a patto di essere uomini e preferibilmente “over 45”, mentre per le donne la strada dopo l’università è decisamente più in salita, soprattutto nei guadagni. Il “total return”, tra benefici per le casse pubbliche e vantaggi per le finanze personali, per un uomo che dopo il diploma consegue la laurea nella penisola, è di oltre 500mila dollari, uno dei più alti dell’Ocse. L’italia si distingue anche per il maggior “gender gap” nei guadagni dei laureati: a livello annuo e per un lavoro a tempo pieno una donna percepisce una retribuzione pari al 54% (media ocse 72%) della retribuzione di un uomo.

La Repubblica 07.09.10