economia, lavoro

"Bersani: Grave errore voler dividere il mondo del lavoro", di Giuseppe Vespo

Dal 2012 la Panda, e non solo quella, potrà essere prodotta come vuole Marchionne: su 18 turni, con 120 ore all’anno di straordinario decise dall’azienda senza accordo sindacale (oggi sono 40 ore), con tre pause da dieci minuti per ogni turno – contro le due da venti minuti di adesso – con qualche voce retributiva in meno per i nuovi assunti e la mensa aperta solo a fine turno; senza la possibilità di scioperare contro le suddette regole e senza la Fiom che chiami in causa i Tribunali. «UN ERRORE» Il piano voluto dal Lingotto per portare l’utilitaria in Campania dà già l’idea di come sarà la nuova Fiat, e forse non solo quella. Ma è da lì, dal Gian Battista Vico, che si deve partire per ripercorrere le tappe che hanno portato alla decisione presa ieri da Federmeccanica: la disdetta preventiva del contratto dei metalmeccanici 2008. Una scelta sbagliata, per il segretario del Pd Pierluigi Bersani: «È un errore – commenta a caldo – impostare le relazioni industriali mettendo in premessa la divisione delle organizzazione dei lavoratori». Spiega il leader dei Democratici: «C’è uno sforzo comune da fare e io dico che servono due tipi di intervento: innanzitutto delle regole, di cui si occupa anche il legislatore, su salario minimo, sicurezza sul lavoro, malattia… E poi bisogna trovare qualche meccanismo che garantisca la partecipazione dei lavoratori. Non mi piace – aggiunge – che tutto questo tema venga affidato a deliri tra il mistico e l’ideologico». Ma tant’è: da oggi la strada è segnata, e per il ministro del Welfare Sacconi ora «si tratta di auspicare l’ulteriore evoluzione delle relazioni industriali», superando «il vecchio impianto ideologico che voleva il necessario conflitto tra capitale e lavoro». Allo strappo di ieri si è arrivati nel giro di qualche mese, a cavallo di quest’estate fatta di crisi, licenziamenti e «diktat». Era il 22 aprile quando Marchionne annunciava il piano «Fabbrica Italia» e «le misure correttive» da applicare agli stabilimenti della casa torinese per investire quasi 20 miliardi di euro. Neanche un mese dopo i sindacati, senza la Fiom e con il placet del governo, firmavano l’accordo voluto dal Lingotto per produrre la Panda a Pomigliano d’Arco. Un’intesa benedetta solo dal 62% dei dipendenti dello stabilimento chiamati al referendum: pochi per lo stesso Marchionne, che di fronte al «prendere o lasciare» aspettava un plebiscito. Da qui l’idea di newco per il Gian Battista Vico, nata il 19 luglio già fuori da Federmeccanica, e la «minaccia» – con tanto di disdetta già pronta – di lasciare l’associazione confindustriale per avere mani libere dal contratto delle tute blu. Un brutto affare anche per Viale dell’Astronomia, che con la presidente Marcegaglia ha poi ottenuto qualche mese di calma per trovare una soluzione, salvare la permanenza di Fiat in Confindustria e le esigenze produttive del Lingotto. Ed eccola la soluzione. Era attesa ed è arrivata col direttivo degli industriali metalmeccanici. Ma non sarebbe stata possibile senza l’accordo separato sul nuovo modello contrattuale di gennaio, non firmato dalla Cgil, e il contratto delle tute blu del 2009, non sottoscritto dalla Fiom. Ora vedremo le contromosse dei meccanici Cgil. Che, lascia intendere il responsabile del settore auto Enzo Masini, potrebbero sfruttare la loro presenza nelle aziende e organizzare il malcontento dei lavoratori contro ulteriori deroghe al contratto. La partita è aperta. La Fiom la giocherà sulla rappresentanza. «Così si apre lo scontro sociale», dice il segretario nazionale Giorgio Cremaschi: «Solo pochi illusi potevano pensare che con Pomigliano si affrontasse una situazione particolare». Mentre per Fim-Cisl e Uil-Uilm non cambia nulla: «Il nostro contratto è quello del 2009», affermano i segretari Giuseppe Farina e Rocco Palombella. Ma fuori dal mondo sindacale sono diversi i «no» alla disdetta. Una scelta che «complica inutilmente lo scenario », la bolla Stefano Fassina, responsabile economico del Pd. Negativo anche il giudizio di Sergio Cofferati, mentre il sindaco di Torino Chiamparino boccia gli «atti unilaterali».

L’Unità 08.09.10