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"Quel tg collaterale", di Nino Rizzo Nervo

Può il direttore di un telegiornale del servizio pubblico fare un editoriale? Non ho dubbi, la risposta è: “sì”. Può liberamente esprimere le sue opinioni? Anche in questo caso senza alcuna esitazione rispondo ancora una volta: “sì”. Voglio essere ancora più chiaro: guai a considerare un giornalista della Rai un giornalista dimezzato.
Un giornalista dimezzato nel suo diritto ad esprimersi liberamente mettendoci peraltro la faccia, come ha sottolineato ieri in un coraggioso tentativo di difesa il mio amico Antonio Verro. Non è, dunque, in discussione il diritto di Augusto Minzolini di farci sapere di tanto in tanto come la pensa, ma il fatto che tutti, dico tutti, gli editoriali fin qui sentiti sono stati “appoggi redazionali” alla linea di palazzo Chigi e che mai al Tg1 delle 20 si sia potuto ascoltare un editoriale, se volete affidato anche a un commentatore esterno, che suonasse non dico critico nei confronti del governo ma almeno rispettoso delle ragioni delle opposizioni. Sarà un caso ma, se non ricordo male, il direttore del Tg1 è apparso in video per spiegare di volta in volta agli italiani: 1) che del caso Noemi era giusto non occuparsi perché solo di gossip si trattava; 2) che la manifestazione di piazza del Popolo sulla libertà di stampa a rischio organizzata dal sindacato dei giornalisti era in sostanza fuori dalla storia; 3) che è sacrosanto voler ripristinare l’immunità parlamentare; 4) che le intercettazioni ordinate dalla magistratura servono non per scoprire i delinquenti ma per organizzare una gogna mediatica nei confronti di fior di galantuomini; 5) che era giunto il tempo di far chiarezza sulla posizione del presidente della camera ed infine (l’altro ieri) che sarebbe bene sciogliere le Camere e andare subito ad elezioni. Il “portavoce” del premier non avrebbe potuto fare di meglio.
Il problema del Tg1, sul quale ha fatto bene il presidente della Rai ad accendere i riflettori chiedendo una riflessione al consiglio di amministrazione, non è più soltanto quello di un’ ostinata e costante violazione del pluralismo o dell’assenza dei fatti. Ormai in molti hanno la sensazione di trovarsi di fronte ad una vera e propria forma di collateralismo governativo. La libertà di espressione di un direttore, che va sempre difesa e garantita, non c’entra dunque nulla.
Rifletta il direttore generale anche perché, nel caso in cui al Tg1 ancora non lo sapessero, alle 20, orario canonico dei telegiornali, oggi c’è un’alternativa ed il pubblico se ne sta invece accorgendo e, infatti, in tanti cambiano canale.

da Europa Quotidiano 09.09.10