economia, lavoro

"Così si va verso la giungla. Addio patto sociale", di Bruno Ugolini

Perché la Cgil, la Fiom difendono con tanta ostinazione il contratto nazionale? La risposta è facile. Perché è un modo per non disperdere in mille rivoli (come già sempre più spesso avviene attraverso il ricorso ai lavori precari e atipici) l’ esercito del lavoro. Un esercito che non è scomparso Ma è disseminato in migliaia di unità produttive mentre buona parte delle grandi fabbriche si è svuotata. Quel contratto assicura (o dovrebbe assicurare) a donne e uomini che vivono in luoghi di lavoro di ogni entità, anche minuscola, anche dove non c’è un sindacato o c’è un sindacato debole, diritti, tutele concordati nazionalmente. Se si annullasse l’Italia del lavoro diventerebbe un’Italia a pelle di leopardo, (altro che gabbie salariali), come se non bastassero le differenziazioni che già ci sono. Quelle affermate, ad esempio, con le paghe “ad personam”, per non parlare degli stipendi d’oro assegnati “al merito” di manager gonfi di sconfitte produttive. Ora quel che si vuole mettere in atto certo non è la cancellazione pura e semplice dello “scudo” nazionale, ma il suo progressivo svuotamento. Vogliono smontare il contratto rendendolo un guscio con molti vuoti, promettendo una rivalsa con la contrattazione aziendale. Quella che finora interessa una minoranza assoluta di imprese. Ed è singolare che negli ultimi 40 anni la partita degli industriali, da Angelo Costa in poi, sia stata dominata dalla volontà di annullare proprio ogni tipo di contrattazione aziendale. Non ci sono riusciti ed ora si dichiarano ipocritamente paladini di quella risorsa rivendicando invece il” de profundis” per il contratto nazionale. È una strategia miope e gravissima. È in gioco quella che rappresenta una specie di carta costituzionale dei rapporti di lavoro. La risposta sindacale di Cgil e Fiom la si vedrà il 16 ottobre. Ma non basterà l’orgoglio di categoria. I metalmeccanici dovranno trovare l’appoggio di altre categorie, quelle che hanno fatto i contratti e non hanno portato casa lo svuotamento del contratto nazionale. La posta in gioco riguarda infatti l’intero mondo del lavoro, se è vero quello che scrivono emeriti commentatori come Oscar Giannino circa “dieci, cento, mille Pomigliano”. Sarà perciò importante anticipare i tempi attraverso un’offensiva costruttiva. Con accordi capaci di dimostrare, azienda per azienda, che si possono rendere più stabili gli architravi del contratto nazionale, sconfiggendo sul campo la rincorsa alle deroghe di ogni tipo su orari, turni, salari, condizioni di lavoro. Un’offensivanonfatta solo di massimalismi, di tribunali e di scioperi di protesta (non facili in tempi di crisi), ma capace di costringere tutti a rifare i conti, a capire che così facendo gli imprenditori fedeli alle direttive della Marcegaglia si danno la zappa sui piedi, come ha spiegato Luciano Gallino. Rischiano infatti di fare dei posti di lavoro una giungla inestricabile, un coacervo di conflitti pesanti e dannosi per la ripresa produttiva. Ascoltino, invece, almeno gli appelli di gente che se ne intende come Cesare Romiti (già manager Fiat non certo duttile) e Innocenzo Cipolletta (già direttore della Confindustria). Hanno spiegato, in sostanza, senza essere iscritti alla Fiom, come spaccando il sindacato, non si conquista certo un patto sociale, una nuova rinascita di un Paese già provato da una feroce crisi politica. Aveva ragione Vittorio Foa quando insegnava la “mossa del cavallo” per uscire dal muro contro muro. Una mossa che riguarda tutti, innanzitutto lorsignori e il governo che li affianca..

L’Unità 10.09.10

******

“Fiom vara lo sciopero ma la minoranza chiede una svolta”, di Giorgio Pogliotti

Un pacchetto di quattro ore di sciopero articolato a livello territoriale da tenersi entro il 16 ottobre, giorno in cui si svolgerà la manifestazione nazionale a Roma.
È la contromossa decisa dalla Fiom all’indomani dell’annuncio di Federmeccanica del recesso dal contratto del 2008, contenuta nel documento approvato ieri a maggioranza dal comitato centrale. Tra le 119 “tute blu” della Cgil la linea del leader della Fiom Maurizio Landini ha ottenuto 92 sì(77,3%), mentre 22 voti sono andati al documento della minoranza riformista di Fausto Durante (21,8%), ed un sindacalista si è astenuto.
Landini ha confermato che per la Fiom «rimane valido in ogni impresa il contratto firmato nel 2008 e votato da tutti i lavoratori» e, «dove necessario, il sindacato darà corso alle più opportune azioni giuridiche». Prima della naturale scadenza del contratto del 2008, ovvero entro gennaio del 2011, La Fiom terrà un’assemblea nazionale per presentare la piattaforma per il rinnovo del contratto, non riconoscendo valido il contratto nazionale siglato nel 2009 da Federmeccanica con tutte le altre organizzazioni sindacali. «È una pretesa assurda cancellare il contratto senza sentire il parere delle parti – ha sostenuto Landini –. Accettare il diktat della Fiat e far diventare Pomigliano la regola dei diritti nel nostro Paese è un grave errore perché si afferma l’idea che per lavorare bisogna cancellare i diritti». Secondo Landini le imprese «dovrebbero riflettere sul fatto che far accordi con sindacati minoritari non gli servirà a molto», perché «rischiano di non avere il consenso nelle loro fabbriche». Di qui la proposta lanciata a Fim e Uilm di sospendere qualsiasi confronto con Federmeccanica pe

A fianco della Fiom si è schierata anche la segreteria della Cgil che giudica la disdetta del contratto nazionale del 2008 decisa da Federmeccanica «una scelta sbagliata che accentua la divisione e, allo stesso tempo, determina la balcanizzazione delle relazioni industriali del settore». Con l’operazione decisa da Federmeccanica inoltre «si svuota di sostanza il contratto nazionale».
Sul referendum proposto dalla Fiom appare scontato il no di Fim e Uilm, che avevano già disdettato il contratto del 2008 un anno fa. La Uilm proprio ieri ha riunito la segreteria nazionale, ribadendo come con l’accordo siglato il 15 ottobre 2009 «sono confermate e migliorate le normative contrattuali e i trattamenti economici» e «questa intesa ha già superato, per fortuna, il contratto del 2008».
Anche per il numero uno dell’Ugl, Giovanni Centrella, «non è giusto semplificare la disdetta da parte di Federmeccanica del contratto 2008 come se fosse la fine del contratto nazionale o come se i lavoratori fossero rimasti senza un sistema di garanzie», perché «quel contratto è stato rinnovato nel 2009 sulla base delle nuove regole della contrattazione, non riconosciute da un solo sindacato».

Disdetta per il contratto 2008 I PUNTI
Federmeccanica ha annunciato il recesso dal contratto nazionale firmato da tutti i sindacati nel 2008 che scatterà alla scadenza naturale, ovvero dal 1° gennaio 2012. Sulla base delle nuove regole della contrattazione nel 2009 è stato sottoscritto un altro contratto (da tutte le sigle eccetto la Fiom) valido per il triennio 2010-2012, sulla base del quale sono stati pagati gli aumenti dalle imprese.
Un tavolo per l’auto
Nuovo modello con deroghe
Straordinari, via il tetto
Il 15 settembre Federmeccanica ha convocato al tavolo i sindacati firmatari del contratto dei metalmeccanici del 2009 per individuare le deroghe valide per il settore auto. Non parteciperà la Fiom, perché non ha siglato il contratto. Sarà data una copertura normativa alle deroghe dell’accordo di Pomigliano d’Arco.
Al tavolo verranno definiti i criteri generali in base ai quali sul territorio si potranno applicare le deroghe, che in futuro potranno essere estese a tutto il settore. Le deroghe sono previste dall’accordo interconfederale del 15 aprile 2009 per «situazioni di crisi aziendali o per favorire lo sviluppo economico ed occupazionale di un’area».

Le deroghe dovrebbero riguardare l’organizzazione del lavoro con l’estensione del tetto agli straordinari obbligatori (a Pomigliano sono previste 80 ore aggiuntive rispetto alle 40 del contratto nazionale), le procedure di conciliazione e prevenzione del conflitto, ma è possibile anche si introduca anche un salario di ingresso per i giovani.
r avviare una consultazione dei lavoratori metalmeccanici che verifichi con un voto referendario l’esistenza di un mandato ad avviare una trattativa sulla sanzionabilità e derogabilità del contratto.
Mentre il leader della minoranza, Fausto Durante, componente del comitato centrale (uscito di recente dalla segreteria della Fiom in polemica con la scelta della Fiom di costituirsi come minoranza nella Cgil) ha auspicato un nuovo clima con Federmeccanica e sindacati: «No al muro contro muro – ha detto –. Deve prevalere il buonsenso e la responsabilità, bisogna aprire una stagione nuova delle relazioni sindacali nel settore metalmeccanico che è l’unico dove sta accadendo tutto questo per responsabilità di tutti». Sullo sciopero, Durante ha detto di «non essere contrario, ma di non essere del tutto convinto dall’impostazione», perché «oltre all’analisi di quanto sta avvenendo, che è condivisibile, penso manchi una proposta più convincente su come reagire ed evitare una deriva del settore metalmeccanico». La sua proposta è: «il contratto va rilanciato, azzerando la situazione».

Sole 24 Ore 10.09.10