cultura

«L’Italia, paradiso per gli abusivi», di Vittorio Emiliani

Il governo sfibra la rete delle Soprintendenze invidiata e imitata anche all’estero. Tagli feroci perché lavorino il peggio possibile.

Il governo Berlusconi non fa nulla di positivo per il Paese. In compenso procede risoluto nello svuotamento di quel po’ di Stato residuale. Adesso sfibra ancor più la rete delle Soprintendenze invidiata e imitata all’estero (prima di Urbani e Bondi). Tagli feroci l’hanno intaccata e messa in condizione di lavorare il peggio possibile. Come la giustizia, la cultura, l’arte, la musica, il teatro, il cinema di qualità, la scuola di ogni grado, la difesa idro-geologica, la sanità, o i treni dei pendolari, e così via.
Da oggi le Soprintendenze tutrici del paesaggio (spesso straordinario, malgrado tutto), gravate di compiti e impoverite di tecnici, patiranno nuove difficoltà: per “semplificare” le procedure, il duo Berlusconi-Bondi impone loro di dare – per ora nelle Regioni a statuto ordinario, fra sei mesi nelle altre – il previsto parere su 39 interventi privati “di lieve entità” in appena 25 giorni di tempo. Il che equivale dire ai privati “fate quello che vi pare”: si calcola infatti che, già prima di questa misura (che riguarda l’installazione di pannelli solari, di antenne paraboliche, di tettoie o di porticati, cose tutt’altro che minime), architetti e ingegneri pubblici avessero ben 4-5 pratiche al giorno da sbrigare. Da oggi si rovescia sui loro tavoli un’altra marea di carte, di progetti spesso scadenti e insidiosi. Mentre più aggressivi risultano i “ladri di paesaggio”.
Nel contempo Lombardia, Veneto e altre Regioni (la Lega è per una totale “deregulation”) si sono date norme urbanistiche molto permissive grazie alle quali si finirà di cementificare la più devastata delle pedemontane italiane, quella che corre dalla collina, ieri meravigliosa, delle Ville venete a quella, non meno splendida un tempo, della Bergamasca, della Brianza e dei laghi. Un massacro. Difatti rischia di chiudere per mancanza di fondi il Parco regionale dell’azzurro Ticino istituito nel ‘74 con una legge d’iniziativa popolare. Dov’è finita la civiltà lombarda?
Da mesi il Ministero nega ai suoi tecnici i rimborsi (modestissimi) per le missioni sul territorio dove visitano cantieri, realizzano o seguono nuovi scavi archeologici. Non ci sono auto di servizio e però il mezzo privato non viene più consentito. Niente missioni, niente controlli, niente scavi. Un paradiso per abusivi, criminali, tombaroli. Tocco finale: il decreto Brunetta sui 40 anni di anzianità manda in pensione – spesso a 62 anni – i Soprintendenti più preparati, moltiplica gli “interim”, cioè indebolisce tutela, ricerca, promozione di attività. Di contro trionfa il feticcio, l’uso sfrenatamente commerciale dei capolavori, il “mostrificio”, un quadro singolo esposto per pochi giorni magari con pornostar (a Venezia per Giorgione). Festa, forca (o meglio, sorca) e farina.

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«Paesaggio, l’ennesimo assalto. Una legge a misura dei privati», di Stefano Miliani
Beni culturali: da oggi si semplifica la procedura per i permessi ai lavori esterni delle case.
25 giorni: è il tempo in cui devono rispondere le soprintendenze. Ma non hanno le forze.
La norma è nel Dpr 139/2010. In Lombardia nel 2009 hanno sbrigato 38mila pratiche. Bologna ha 10 architetti per 3 province e migliaia di richieste. La Toscana – e non solo lì – ha più soprintendenti a interim.

Tettoie, antenne paraboliche, un balcone da sistemare, il box auto, pannelli fotovoltaici. Piccoli lavori, non sempre tanto lievi. Per chi vuole eseguirli a casa o nella villetta tutto diventa più semplice. Anche in zone paesaggistiche che scatenano la retorica del Belpaese dalla bellezza ormai sempre più compromessa e attaccata. Entra in vigore oggi 10 settembre la «semplificazione» per piccoli interventi. Lo fissa il Dpr numero 139 di questo 2010. Un provvedimento che non in teoria ma in sostanza bypassa – scusate il verbo – chi ha in carico i beni culturali. Proviamo a spiegare perché. Per richiedere il permesso per una quarantina di interventi – ci sono anche i serbatoi Gpl in superficie, ovviamente nelle campagne – che cambiano l’aspetto esterno da oggi servono meno documenti: la procedura per il sì o il no si assottiglia.
Non si parla di beni vincolati: nessuno potrà mettere un balcone sul palazzo storico. Si tratta però di interventi in zone incluse nei piani paesistici (piani tuttora mancanti), queste sì vincolate, cioè di pregio, per le quali ci vuole un’autorizzazione speciale. Da ora in poi un privato non deve più superare lo scoglio della conferenza dei servizi; chiede l’autorizzazione al Comune il quale – se acconsente – passa la pratica alla locale soprintendenza ai beni architettonici e paesaggistici e se la risposta – vincolante – è sì, il Comune autorizza. Ma qui sta il nocciolo della faccenda. Il privato deve avere risposta entro 60 giorni di cui appena 25 a disposizione della soprintendenza. Altrimenti non scatta automaticamente il «sì» (il famigerato – per i beni culturali – silenzio- assenso), scattano sanzioni su funzionari e dirigenti.
Si parla di lavori all’esterno su case e villette. Converrà rammentare che l’ultima manovra finanziaria vieta ai dipendenti dei beni culturali di usare la propria auto con rimborso spese (il 22 ci sarà una protesta ma al ministero studiano come ottenere una deroga analoga a quella strappata dal Demanio), perciò i sopralluoghi restano, spesso, una chimera o prendono giornate. E con le soprintendenze a corto di persone 25 giorni sono una beffa.
Paola Grifoni, soprintendente per i beni architettonici e paesaggistici di Bologna, Modena e Reggio Emilia, descrive bene una situazione-tipo: «Con 10 architetti su3 province e un territorio immensamente tutelato nel mese scorso abbiamo avuto 1.200-1.400 richieste. Abbiamo5 geometri e una totale carenza di personale amministrativo. Tanti funzionari portano il lavoro a casa: c’è già una miriade di interventi da controllare al di là delle nostre forze. Questa semplificazione è fatta per il privato, 25 giorni è un tempo semplicemente impossibile. E non è vero che la norma riguarda solo interventi piccoli: gli impianti fotovoltaici non lo sono.
Aggiungo che se annulliamo l’intervento del privato dobbiamo avvisarlo che è iniziato il procedimento e dirgli perché, lui ha 10 giorni per replicare, se ilComunenonrisponde il cittadino si rivolge direttamente a noi per cui, anche se spesso vediamo le cose in modo diverso dai Comuni, non c’è neppure quel filtro della commissione edilizia comunale. È un nubifragio per il nostro territorio, siamo sconcertati».
Caterina Bon Valsassina, direttore regionale ai beni culturali della Lombardia, vanta esperienze da soprintendente in più zone d’Italia: «Questa norma non va letta isolatamente. Ad esempio una modifica del 3 luglio scorso, fatta dal ministro Brunetta, riduce a 30 giorni le scadenze per procedure non indicate precisamente nel Codice dei Beni culturali. E non potendo andare in macchina nei luoghi vuol dire non poter fare tutela. La sola Lombardia ha 1500 Comuni. E un architetto della soprintendenza milanese da solo deve affrontare 100 pratiche al mese. Non può. Non abbiamo le forze per affrontare questa incombenza. Il provvedimento è un modo per mantenere le norme del codice dei beni culturali ma svuotarle». Basti segnalare che la soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Milano (copre l’intera Lombardia escluse solo Brescia, Cremona e Mantova) ha 14 architetti (di cui 6 nuovi arrivati di fresco), 2capi tecnici e unassistente tecnico geometra. La mole di lavoro? Nel 2009 ha sbrigato 24mila pratiche di tutela paesaggastica e 14mila di tutela architettonica. Fate voi…
Il consiglio superiore dei beni culturale valutò negativamente questa semplificazione. E il Codice è un buonimpianto. Il guaio è che mancano i piani paesaggistici regionali. E non rischiano i luoghi sotto i riflettori – nessuno monterà una parabolica in piazza del Campo a Siena o in San Marco a Venezia – ma il resto.
MANCANO ANCHE SOPRINTENDENTI
Anna Marson è l’assessore regionale all’urbanistica in Toscana. Ha già dimostrato di avere a cuore l’ambiente e di non accettare scempi. «Qui, come altrove, nemmeno tutte le sedi provinciali delle soprintendenze hanno un soprintendente proprio ma a interim. Dalle prime richieste dei Comuni – che sono 287 – sembra non esserci sufficiente chiarezza sulla procedura, se serva modificare la legge regionale o se c’è solo obbligo di sentire le soprintendenze. I Comuni sono in allarme e provvedimenti come questi, se non inseriti in modo chiaro nel contesto normativo, rischiano produrre l’effetto opposto.
Magari per non rischiare sanzioni i professionisti locali preferiranno procedimenti più lunghi e costosi».
La semplificazione per ora non investe le regioni a statuto autonomo.
Avverrà dopo aver verificato com’è andata altrove. In Sardegna, a Cagliari in tre mesi (stima di luglio) avevano ricevuto 4mila progetti per valutazioni paesaggistiche con un solo addetto per acquisire i documenti da consegnare agli architetti. Gabriele Tola, ingegnere, soprintendente ai beni architettonici di Cagliari, Oristano, Sassari e Nuoro, osserva: «Se slegata a una verifica degli organici questa riduzione dei tempi diventa una favola. Potevano mettere anche 10 giorni, le soprintendenze non sono in grado di farcela. Per tutta la Sardegna riceviamo 12-13 richieste di nulla osta all’anno con 7 tecnici che si occupano del paesaggio». Regioni come la Liguria non se la passano meglio. E non è per aggiungere sale alla ferita…

da l’Unità