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Scuola: rassegna stampa dai territori

“Seimila alunni in più, meno prof e l’incognita della riforma Gelmini: a Milano e provincia si parte nel caos”, di Tiziana De Giorgio e Franco Vanni
Oggi 430mila studenti milanesi tornano a scuola, trovando meno insegnanti e più caos. Gli studenti rispetto allo scorso anno sono aumentati, 6mila in più, mentre i docenti diminuiscono. Ne mancano 4mila rispetto al 2009, e anche quando i presidi nei prossimi giorni avranno arruolato i supplenti che mancano, chiamandoli direttamente, resterà il taglio netto di 1.300 cattedre.
Così, nell’avvio d’anno più difficile per la scuola pubblica, scoppia la protesta. “La questione degli insegnanti precari è una ferita aperta – dice Rita Frigerio di Cisl Scuola – oltre a chi perderà il posto, c’è la prassi contraria alla legge di assegnare un supplente sempre alla stessa scuola, come fosse assunto, ma lasciandolo precario”. Centinaia di “precari storici” preparano i ricorsi al tribunale del Lavoro.
Gli insegnanti e i genitori riuniti dal sito web Retescuole. net invitano ad “appendere un palloncino all’ingresso degli istituti per ogni insegnante tagliato”. Il Pd ha organizzato volantinaggi di fronte a cento scuole, fra città e hinterland, allo slogan “sono in gioco i nostri figli e il nostro futuro”.
E mentre il direttore scolastico regionale, Giuseppe Colosio, invita a “non drammatizzare” garantendo che “al suono della campanella tutti gli insegnanti saranno in cattedra”, i sindacati lanciano l’allarme: “Ci sono 83 elementari che hanno avuto tre insegnanti tagliati, altre 82 ne hanno persi due – dice Pippo Frisone, di Flc Cgil – quando Colosio dice che il sistema scolastico lombardo regge non ci crede nemmeno lui”.
Il Partito democratico ha scelto per la sua protesta le scuole che più pagano i tagli e le ristrettezze economiche, come la media ed elementare Madre Teresa di Calcutta in via Mondolfo, che ha un credito con lo Stato di 250mila euro per pagare supplenze, carta e gessetti. O l’elementare di via Ghini, “temporaneamente” ospitata nella scuola di via Bognetti, visto che la vecchia sede è contaminata da amianto.
Questa mattina Colosio farà il suo discorso di “in bocca al lupo” agli studenti delle elementare Cuoco-Sassi di via Corridoni, dove l’anno scorso si erano verificati casi di leucemia fra i bambini. E proprio in quell’istituto l’anno comincia con una brutta sorpresa: per carenza di insegnanti, i bambini che hanno scelto il “modulo” faranno a scuola due pomeriggi e non tre come in passato. Ci sono poi disagi che riguardano molte scuole, come le mense non ancora attive a causa della lentezza nell’organizzazione del servizio.
Una bella novità attende invece 600 studenti di prima in sei scuole elementari (due sono a Milano: la Diaz in via Crocefisso e via Sant’Orsola e la Ciresola, in viale Brianza e via Venini) dove per la prima volta si studieranno alcune materie in inglese. Ma l’iniziativa, promossa dalla direzione scolastica, è l’eccezione in un mondo dell’istruzione che naviga nei guai. L’incognita più grande riguarda le superiori: i ragazzi oggi verranno a contatto per la prima volta con i programmi riformati modello Gelmini, con meno ore di lezione nei tecnici e professionali.
Per molti, intanto, il rientro è stato anticipato con gli esami di riparazione. Le “verifiche di recupero” hanno fermato meno del 5 per cento dei rimandati, a loro volta circa un terzo del totale degli studenti. Al classico Berchet sono stati bocciati a settembre solo 10 dei 198 studenti alle prese con gli esami di riparazione. Al professionale Feltrinelli sono stati respinti appena 3 ragazzi su 200 e al tecnico Moresco 3 su 100.
Quasi tutti promossi anche all’istituto Ettore Conti, altro tecnico, dove il preside Pasquale Brucellaria dice: “Evidentemente i ragazzi si sono abituati all’idea che bisogna studiare”. Hanno studiato, e tanto, i ragazzini che hanno passato il test per iscriversi al liceo musicale Tenca. Solo questa mattina scopriranno se ci saranno docenti e strumenti a sufficienza.

La Repubblica/Milano 13.09.10

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LE STORIE
Mense più care, classi super affollate così protestano famiglie e insegnanti

Roma
Niente aiuti a noi genitori e sale il costo della mensa. Sono mamma di tre figli. I miei piccoli hanno otto anni, sei anni e due mesi. Sono disgustata per l´ipocrisia di questo governo che ha sbandierato «il sostegno alla famiglia» in campagna elettorale. E che ora ci lascia da soli. Ma sono triste anche per la cecità dei miei fratelli, cattolici, che hanno creduto a quelle promesse. Ora ecco l´ennesimo fardello sulle spalle delle famiglie come la mia: l´aumento massiccio delle quote per la mensa scolastica.
Flavia Perroni, genitore

Chieti
Inizia la stagione ma senza i professori
Insegnante di ruolo di italiano storia e geografia. Inizia la scuola ma mancano ancora i colleghi di matematica, inglese, francese, arte, tecnologia, musica, scienze motorie… Tra gli insegnanti a tempo indeterminato siamo in quattro su tre classi, dal momento che dall´anno scorso le cattedre sono state brutalmente spezzate, frantumate e disperse a causa di tagli e contrazioni. Su una classe, un insegnante insegna italiano.

Bergamo
Anni di docenza a singhiozzo nella giungla degli “spezzoni”
Questa è la mia storia. Mi sono laureata con il massimo dei voti più di dieci anni fa. Poi iscrizione e frequenza delle scuole Silsis (con tanto di esborso finanziario sostanzioso, ma andava bene così: crogiolarsi nella speranza non ha mai prezzo). Da anni lavoro a singhiozzo, raffazzonando alla meglio uno spezzone qui, uno spezzone là. Finché dura. Questo è il mio lavoro, la mia vita.
Mariagrazia, insegnante

Messina
Le lezioni di mio figlio in tre classi diverse
Mio figlio, che frequenterà la V elementare, seguirà le lezioni di matematica ed italiano nella sua classe con le insegnanti di riferimento, mentre tutte le altre lezioni dovrà seguirle in interclasse con gli alunni della IV e della III elementare! Questa riforma sta spazzando via quel poco di migliorativo che si era riuscito a costruire negli ultimi anni: insegnanti specializzati in una materia e classi poco affollate. Sto seriamente pensando di andare all´estero e ricominciare tutto daccapo.
Valeria, genitore

Roma
Per un bambino disabile da 22 a 14 le ore di sostegno
Il taglio del governo l´anno scorso ha provocato nei confronti di mio figlio diversamente abile di 9 anni (con diritto di avere a scuola il rapporto 1 a 1 tra lui e la figura educativa) un taglio di ben 14 ore di sostegno su 22. Questo taglio ha provocato un danno a mio figlio a livello educativo e l´indignazione del team di maestre che si prendono cura della sua istruzione.
Laura Trebbiani, genitore

Foggia
Io, una cattedra e dieci classi ma prima ci lavoravamo in 4
Insegno come Itp meccanico in un istituto tecnico. Se potessi tornare indietro, farei subito la domanda di pensione. Io avrei lasciato ben volentieri la cattedra su cui siedo da anni ai miei colleghi che hanno perso il posto di lavoro. Io quest´anno sono costretto a lavorare su una cattedra di 10 classi. E pensare che l´anno scorso questa mia cattedra dava lavoro a tre insegnanti.
Luigi, insegnante

Reggio Emilia
La maestra di matematica insegna inglese ma non lo sa
Mia figlia frequenta la quarta elementare. Fino allo scorso anno aveva un´insegnante di inglese laureata, con anni di permanenza all´estero, molto aggiornata e coinvolgente. I bimbi grazie a lei adoravano l´inglese. Quest´anno mia figlia si ritroverà come english teacher la maestra di matematica che ha frequentato un corsetto di aggiornamento di 20 ore a giugno e che – parole sue – è terrorizzata dall´idea di insegnare una materia che non sa.
Giovanna, genitore

Cagliari
Via i collaboratori scolastici e l´istituto rischia di non aprire

Nella mia scuola in tre anni sono stati tagliati 3 posti da collaboratore scolastico. Adesso siamo in 4 per sorvegliare una scuola con 4 padiglioni, di cui due con classi a tempo pieno, e non possiamo garantire la sicurezza dei bambini. Con questa organizzazione basta che uno di noi sia in malattia e non si potrà aprire la scuola. La dirigente per garantire il servizio chiede che si facciano straordinari ogni giorno e si garantisca la reperibilità in qualsiasi momento.
Mario, collaboratore scolastico

la Repubblica 13.09.10

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L´ira dei precari della scuola in 4 mila bloccano lo Stretto “All´istruzione i soldi del ponte”, di Alessandra Ziniti

La Rete degli studenti annuncia da oggi sit-in in 100 città. Simbolo, un casco giallo in testa
MESSINA – Sara non lavora già da due anni e sa che anche quest´anno non avrà il posto. Rita ha 164 punti in graduatoria, cinque concorsi pubblici vinti e – dice – “zero prospettive per il futuro”. Marciano, donne-sandwich, per illustrare tutta la loro disperazione verso gli imbarcaderi di quello Stretto sul quale dovrebbe sorgere il Ponte che qui nessuno vuole. Perché gli 8 miliardi di euro stanziati i precari li vorrebbero per realizzare “un ponte per la scuola”.
Non a caso hanno scelto Messina per la loro proteste i circa quattromila degli oltre 230mila lavoratori della scuola interessati dai tagli della riforma Gelmini che ieri si sono dati appuntamento da tutto il mezzogiorno d´Italia sulle due sponde dello Stretto, insieme agli aderenti al Comitato “No ponte”.
Tanta rabbia, ira, tensione tra i fischietti, i tamburi e le bandiere. È solo la prima di una nuova teoria di proteste che da oggi, giorno della prima campanella in dieci regioni, verranno attuate a macchia di leopardo da docenti e studenti. La Rete degli studenti annuncia flash mob davanti alle scuole di 100 città: casco giallo in testa per “proteggersi dalle macerie causate da Gelmini e Tremonti”.
I precari del Sud che si sono dati appuntamento ieri a Messina avevano annunciato che non avrebbero bloccato la navigazione sullo Stretto, ma a mezzogiorno di una mattinata in cui le migliaia di storie di giovani, e meno giovani, insegnanti e collaboratori amministrativi senza prospettive di lavoro hanno surriscaldato gli animi, la testa della manifestazione ha cominciato improvvisamente a spingere verso gli imbarcaderi dei traghetti delle Ferrovie dello Stato dove la nave Riace stava per mollare gli ormeggi. I precari sono riusciti ad eludere il cordone delle forze dell´ordine e a bloccare la partenza.
Dall´altra parte dello Stretto, i colleghi giunti dalla Calabria, dalla Campania, dalla Puglia hanno bloccato la via d´accesso all´imbarco di Villa San Giovanni paralizzando lo svincolo della Salerno-Reggio Calabria. Subito dopo un´altra ala del corteo si è spostata nella adiacente stazione di Messina fermando due treni in arrivo da Torino e diretti uno a Palermo, l´altro a Siracusa. Anche in questo caso solo disagi contenuti per i passeggeri, costretti ad un ritardo imprevisto.
Una prova di forza, un modo per dimostrare “di esserci” e di essere in grado, se necessario, di organizzare altre manifestazioni. Intanto per 25 di loro, già identificati dalle forze dell´ordine, è scattata la denuncia per reati contro l´ordine pubblico.
Ma poco importa a questa gente che grida “Una sola licenziata, la Gelmini”, che si definisce “serva e vittima del governo” e che ritiene i tagli frutto di incompetenza. Ci sono i docenti che, da Sud a Nord, insistono nello sciopero della fame. Come Giuliana Lilli, del coordinamento precari scuola di Roma, in staffetta con i due colleghi siciliani Giacomo Russo e Caterina Altamore e con Pietro Di Grusa che digiuna a Palermo.
Ci sono le magliette rosse con il volto di una Gelmini con tanto di aureola e la scritta “beata ignoranza”, ci sono i palloncini liberati in cielo con su scritto “Gelmini vola via” ma anche i sindacalisti che litigano tra di loro a colpi di bandiere strappate in cerca del primato della “durezza” con le rappresentanze dei sindacati di base, che cacciano letteralmente in un´altra area quelli della Cgil accusandoli di non essersi mai interessati dei precari della scuola.
«La nostra protesta oggi è forte e chiediamo che si ritirino i ddl della Gelmini sia per la scuola che per l´università», dice il segretario generale della Cgil di Catania, Angelo Villari. Non ci sono scontri, ma tanta tensione emotiva e tanta rabbia tra gli insegnanti e i collaboratori Ata. Luisa arriva da Catania: «Non vogliamo i tagli, ma non vogliamo neanche i sussidi. Vogliamo solo il nostro lavoro, quello per cui abbiamo studiato e sul quale ci siamo costruiti la vita».
Come lei, solo in Sicilia, sono 13mila a ritrovarsi senza posto in quello che definiscono un “autunno infinito”.

La Repubblica 13.09.10

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“Protesta Messina: i precari bloccano lo stretto”, di R.P.

Questa volta i precari hanno fatto il “botto”: sarà stata la forza della disperazione o il tam-tam lanciato attraverso il web, sta di fatto che fin dalle prime ore della mattinata di domenica sulle due sponde delle stretto di Messina si sono radunati centinaia di docenti precari proveniente dalla Sicilia e da altre regioni d’Italia.

Con il passare delle ore a Messina sono arrivati in tanti, tantissimi; secondo gli organizzatori erano 4mila, la questura parla di 2.500, ma per essere una manifestazione organizzata in proprio si tratta comunque di una manifestazione che ha ottenuto il risultato voluto e cioè far parlare i mezzi di informazione di precari e di scuola.

E infatti, per tutta la giornata di domenica, la notizia della protesta è rimbalzata non solo sul web ma anche da un telegiornale all’altro.

L’idea di bloccare lo stretto di Messina era partita quasi come scommessa qualche settimana fa dal Comitato Precari Scuola di Agrigento, ma ha subito raccolto consensi all’interno del variegato mondo del movimento dei precari.

Subito hanno aderito gli altri CPS della Sicilia e il CIP di Messina, negli ultimi giorni anche Flc e Cobas hanno dato l’adesione; alla fine la manifestazione ha messo insieme centinaia, anzi migliaia di docenti e Ata provenienti non solo dalla Sicilia ma anche da altre regioni d’Italia.

Molti dei precari in arrivo dalla Puglia, dalla Basilicata e dalla Campania si sono fermati sulla sponda calabrese delle stretto, a Villa San Giovanni, mentre gran parte dei calabresi erano già arrivati a Messina.

Il porto siciliano è stato invaso dai precari, il traffico è andato subito in tilt ed anche il collegamento ferroviario da e verso l’isola ha subito rallentamenti significativi.

Le richieste dei precari sono quelle di sempre: ritiro dei tagli previsti dalla legge 133/08, assunzione su tutti i posti vacanti e disponibili, ritiro dei disegni di legge Aprea e Goisis. Richieste che certamente non potranno essere soddisfatte dal Governo (peraltro i tagli previsti dalla legge 133 sono anche già stati effettuati).

Ma il risultato potrebbe essere comunque importante: da questo momento il CPS si conferma un interlocutore con cui i sindacati ufficiali dovranno in qualche modo confrontarsi. Se a scuole chiuse i precari sono riusciti a portare a Messina 2.500/4.000 persone, questo significa che ormai la loro partecipazione sarà quest’anno determinante per la riuscita di altre forme di protesta.

Tecnica della Scuola 13.09.10

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“L’ira dei precari al Sud”, di FABIO ALBANESE

Il luogo scelto per la manifestazione non era casuale: Messina è la porta della Sicilia, un eventuale blocco del traffico sullo Stretto paralizzerebbe l’isola e la Calabria. E la protesta di ieri di migliaia di precari della scuola, a Messina e sul versante calabrese, a Villa San Giovanni, è sembrata una sorta di prove tecniche di paralisi. A Messina per circa un’ora è stato bloccato il traghetto «Riace»; poco dopo è toccato, ai treni alla stazione centrale, due espressi, alcuni regionali, tanto che alla fine la questura ha identificato alcune decine di manifestanti e ne ha denunciati 25 per interruzione di pubblico servizio. In Calabria sono state bloccate le vie d’accesso agli imbarcaderi dei traghetti delle società private.

I numeri della protesta di ieri dei precari danno l’idea di quanto il problema sia sentito e riguardi, tra insegnanti e personale Ata, una enorme quantità di persone: a Messina erano in quattromila secondo gli organizzatori, in 2.500 secondo la questura, provenienti da tutte le province dell’isola; a Villa San Giovanni erano diverse centinaia, arrivati da tutte le province calabresi, con rappresentanze anche da Campania, Puglia e Basilicata. «Siamo rimasti sorpresi noi stessi dalla enorme partecipazione – dice una delle organizzatrici della protesta, Emma Giannì, della Rete precari di Agrigento – tre giorni prima avevamo comunicato alla questura di Messina che saremmo stati in settecento, invece eravamo in migliaia. E dire che tutto è partito per ferragosto con un messaggio su Facebook».

Nelle intenzioni degli organizzatori la protesta di ieri doveva svolgersi solamente con cortei e slogan contro la riforma del ministro Gelmini e i drastici tagli che lasceranno a casa decine di migliaia di precari in tutta Italia. Ma alcune frange di manifestanti hanno deciso di rendere la protesta «più visibile», come hanno detto loro stessi, andando a bloccare, seppure in maniera quasi simbolica, navi traghetto e treni, con momenti di tensione e un quasi-scontro con le forze dell’ordine.

Che ci siano state divergenze nel movimento si era visto già la mattina quando, a Villa San Giovanni, c’erano stati momenti di tensione, in particolare tra le rappresentanze di base dei precari e i rappresentanti della Flc Cgil, sindacato che pure ha aderito alla manifestazione come i Cobas e numerosi parlamentari nazionali e regionali del centrosinistra: una bandiera Cgil strappata, i due gruppi separati dalle forze dell’ordine. Le divisioni sulle strategie non cambiano la sostanza del problema: «Abbiamo realizzato un ponte umano – dice Claudia Urzì, precaria del coordinamento di Catania – che unisce le giuste rivendicazioni dei lavoratori contro quel ponte degli sprechi che dovrebbe unire Sicilia e Calabria». «Chiediamo la riapertura del turnover – dice Elisabetta Bambello della Flc Cgil di Reggio Calabria – perché l’anno scorso sono rimasti senza contratto ventimila precari e quest’anno se ne aggiungono 25 mila». Nelle stesse ore da Roma il ministro dell’istruzione forniva la sua soluzione, il numero programmato: «Nell’arco di otto anni, grazie ai pensionamenti, 21 mila l’anno e alle nuove immissioni in ruolo – ha detto Maria Stella Gelmini- sarà possibile dare risposta ai 220 mila precari che abbiamo ereditato».

Nel corteo c’erano anche Letizia Sauta, la precaria che l’anno scorso fece lo sciopero della fame, interrotto dopo le insistenze di Dario Franceschini, e Pietro La Grua, il precario che ha portato il suo sciopero della fame sotto le finestre di Montecitorio: il nuovo appuntamento con la protesta si terrà il 18 settembre a Palermo, la sua città.

La Stampa 13.09.10

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“La scuola precaria”, di Mila Spicola

Metto subito le mani avanti: non sarò obiettiva. Ci sono gli ultimi miei tre anni nella manifestazione di ieri. 12 settembre 2010, appuntamento alla stazione centrale di Palermo, alla volta di Messina, per “occupare lo Stretto” a difesa della scuola, a difesa della Sicilia, a difesa del lavoro. («Emma, ma come cavolo lo occupi lo Stretto? Che faremo? Ci buttiamo a mare?») A difesa di tutto quello di bello e giusto ci venga in testa quando intorno di bello e giusto ne vediamo sempre meno a Palermo, in Sicilia. In Italia. Un ponte, un simbolo: il ponte che non s’ha da fare, quello di cemento e quello che s’ha da ricostruire: la solidarietà. Ci ritroviamo lì alle 7.30 una domenica mattina, alla spicciolata, e la retorica sparisce all’istante. Ecco Luigi Del Prete, laurea in filosofia, precario napoletano, “emigrato” per amore a Palermo, Dario Librizzi, calato giù dalle montagne madonite, storico dell’arte, precario anche lui, ecco Barbara Evola, la “donna megafono”, e poi a Messina ci aspettano “gli altri”, ci conosciamo quasi tutti: Emma Giannì, di Sciacca, una delle organizzatrici di questa giornata, Claudia Urzì, la pasionaria di Catania, Antonella Vaccaro, che è arrivata con gli altri da Napoli.. E poi..Sul pullman monta la solita discussione: «Voi del Pd» e «Voi del Cps» e «Voi altri di Sel»… per poi finire a litigare ferocemente di valutazione dei ragazzi, di meritocrazia, di formazione permanente dei docenti. La valutazione dei docenti: questo vuole l’opinione pubblica, no? Ma come valutare il merito di un ragazzo e di conseguenza del suo professore? Non sarebbe meglio un rigore estremo nella formazione degli insegnanti, un aggiornamento continuo ma adeguato? Mi replica Luigi. Non gli aggiornamenti astrusi e astratti, ma sulla gestione dei conflitti, sui nuovi linguaggi, sul mondo globale. Siamo gente di scuola noi, precari o non precari, noi sì che possiamo accapigliarci su queste cose, altri, no, vi prego no. Intorno la scuola si sfalda, mentre studiano il pelo della valutazione. Gli ultimi due anni di proteste solitarie ci scorrono come un sottotesto: «Quanti saremo secondo te?». A differenza delle tante altre volte, ci confortano i pullman prenotati. Cinque da Palermo, tre da Trapani, ogni provincia è coperta. Mi piace l’idea di veder gente nuova, mi piace meno l’idea della “protesta dei precari”. È la scuola che è precaria, lo dico e lo ripeto, ce lo ripetiamo da mattina a sera. Dobbiamo convincere la casalinga di Mestre, mica noi stessi. Antonella mi racconta che a Sciacca si è formata una classe di prima liceo scientifico di 38 ragazzi con disabile annesso. Ho gli occhiali da sole e non mi vergogno a dire che mi spuntano le lacrime. Anch’io nel 1980 iniziai il ginnasio in una classe di 33, ci siamo maturati in 16 dopo cinque anni. È questo quello che vogliamo? Una bidella, ops, “personale ata”, mi racconta di una scuola con le porte divelte. Nulla di nuovo sul fronte occidentale: ho trascorso un anno intero in una delle mie classi senza porta. Ma a chi frega? La colpa sarà comunque di un insegnante fannullone. Siamo a Messina. Sul molo, di fronte agli imbarcadero. Tanti, tantissimi. A grappoli come in un film di Gianni Amelio. La scuola s’è desta? Resta da svegliare gli italiani.

L’Unità 13.09.10