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Sparare si può? «Pensavano fossero migranti», di Umberto De Giovannangeli

«Io immagino che abbiano scambiato il peschereccio per una nave di clandestini». Parola di Roberto Maroni, ministro dell’Interno della Repubblica italiana. Parole incredibili. Parole agghiaccianti. L’«immaginazione» del titolare del Viminale rimanda a scenari inquietanti. A non detti terrificanti: hanno scambiato il peschereccio (italiano) per una nave con clandestini. Domanda: signor ministro, ma su una nave di clandestini è lecito, giustificabile, sparare mitragliate ad altezza d’uomo? E farlo usando motovedette regalate dall’Italia al «Gendarme del Mediterraneo», al secolo Muammar Gheddafi? Domande che restano senza risposta. Per il Governo italiano gli spari contro il peschereccio «Ariete» sono da considerare un «incidente».

SOLO UN INCIDENTE
«Penso che si sia trattato di un incidente grave, ma pur sempre un incidente: studieremo le misure perché non accada più, quello che è successo l’altro ieri sera (domenica, ndr) è un fatto che non doveva accadere e la Libia si è scusata», ripete Maroni a Mattino5. Un incidente… Ben diversa è la valutazione della Procura di Agrigento. Danneggiamento di navi e tentativo di omicidio plurimo aggravato: sono i reati ipotizzati, contro ignoti, dalla Procura della Repubblica di Agrigento che coordina l’inchiesta sul motopesca «Ariete» mitragliato da una motovedetta libica sulla quale erano presenti anche alcuni militari italiani come osservatori. Titolari dell’inchiesta sono il procuratore capo Renato Di Natale, l’aggiunto Ignazio Fonzo e il sostituto Luca Sciarretta.

IL CAPITANO CONTRATTACCA
«Era evidente chi fossimo: dei pescatori italiani. Glielo avevo detto prima dell’attacco». Gaspare Marrone, il capitano dell’«Ariete», conferma la sua versione di fatti. E rifiuta l’ipotesi dell’«equivoco» avanzata da Maroni. «Non so perché il ministro dica queste cose – spiega – ma tutto si può affermare tranne che sia stato un incidente. Nè è possibile sostenere che ci abbiano scambiati per clandestini. Hanno sparato per colpirci e potevano ucciderci». Il comandante Marrone torna su quei momenti drammatici: «Ho parlato col comandante che mi ha chiesto di fermarmi . L’italiano mi ha detto che se non mi fossi fermato, mi avrebbero sparato addosso. Parlava italiano meglio di me», racconta Marrone, riferendo che l’uomo «si era presentato come guardia costiera o di finanza libica, non ricordo bene. C’era agitazione». «Potevano controllarmi, ma dopo 5 minuti invece hanno cominciato a sparare e io sono sceso giù. C’era il pilota automatico, sparavano ad altezza d’uomo».

«Un peschereccio italiano che viene mitragliato da una motovedetta donata alla Libia dal governo italiano e che a bordo aveva militari italiani della Guardia di Finanza è certamente un caso anomalo», sottolinea Vincenzo Asaro, armatore del peschereccio mazarese. «Il mio rammarico – dice Asaro – è che si è sparato ugualmente nonostante la presenza sulla motovedetta libica dei militari italiani». L’armatore non nasconde stupore e amarezza per le dichiarazioni del ministro Maroni che ha definito un «incidente» la vicenda: «Se i colpi di mitragliatrice avessero perforato la bombola del gas e fossero saltati tutti in aria – si chiede – che sarebbe accaduto? Si sarebbe sempre parlato di incidente? Non posso entrare nel merito di quello che ha dichiarato il ministro perché non mi compete, ma sa perché i comandanti dei nostri pescherecci non si fermano all’alt dei libici? Una volta in Libia confiscano la barca e mettono in carcere l’equipaggio».

A dar man forte al suo collega di governo, scende in campo Franco Frattini. Il comandante del peschereccio “Ariete” «sapeva di pescare illegalmente», sentenzia il titolare della Farnesina. «Le regole di ingaggio – puntualizza però il ministro degli Esteri – devono essere chiare. La regola di non sparare è assoluta ed evidente per le forze italiane». E per quelle libiche, signor ministro?

L’Unità 15.09.10

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‘Battaglia navale’ con mitra
Una motovedetta libica ha aperto il fuoco su un peschereccio italiano ad altezza uomo. Fiano : “Il Governo riferisca subito alla Camera sulla dinamica della vicenda”. Pinotti: “ La visita di Gheddafi in Italia non era per tutelare interessi commerciali? Subire atti ostili fa parte della strategia di amicizia?”. Cgil protesta: ‘governo riveda gli accordi stipulati’

La guerra silente di mare, che si consuma da anni tra i pescatori siciliani e le autorità libiche ha raggiunto un apice che poteva sfociare in una grande tragedia. Ma finalmente questa lunga ‘battaglia navale’ si è palesata agli occhi di tutti, nella sua gravità a carattere sovranazionale.

Una motovedetta libica, con a bordo anche alcuni militari italiani ha scaricato due giorni fa, quattro raffiche di mitra, contro un peschereccio italiano di Mazara del Vallo, che navigava in acque internazionali del Canale di Sicilia. Lì imbarcazione libica che ha aperto il fuoco ad altezza uomo, è una delle sei appartenenti alla Guardia di Finanza, che il governo italiano ha consegnato alla Libia nell’ambito dell’accordo stipulato con il nostro Paese, per contrastare l’immigrazione clandestina. Il peschereccio, che è riuscito a sfuggire, ha già raggiunto Lampedusa.

I militari italiani a bordo della motovedetta libica, erano sei. Due sottufficiali della guardia di finanza e 4 tecnici. L’accordo stipulato con la Libia, prevede infatti che per un periodo i nostri militari svolgano sulle motovedette la funzione di osservatori e consulenti tecnici, ma solo nelle attività legate all’immigrazione clandestina. Infatti La Farnesina in queste ore ha ribadito la necessità di chiarire senza ombra di dubbio che le motovedette italiane, non possono essere utilizzate per definire i confini marittimi o violazioni relative ai trattati sulla pesca.

“Questo incidente – ha dichiarato Piero Fassino, Presidente Forum Esteri del PD – sollecita un urgente chiarimento su quali siano le implicazioni concrete degli accordi sottoscritti e in particolare quali responsabilità operative siano chiamati ad assolvere appartenenti a forze di polizia italiane e con quali regole di ingaggio. Su tutto questo ci attendiamo che il governo dica parole chiare al Parlamento anche perché chiunque comprende quanto sia assurdo e inaccettabile che appartenenti alla Guardia di Finanza italiana siano coinvolti, per di più su motovedette donate dall’Italia, in un’ aggressione di cittadini italiani impegnati onestamente nel loro lavoro quotidiano”.

Emanuele Fiano, Presidente forum Sicurezza del Partito Democratico, ha subito rilasciato una dichiarazione, mettendo in evidenza l’incongruenza dell’atteggiamento libico verso l’Italia, rispetto alla faraonica accoglienza che è stata riservata dal governo italiano il leader libico Gheddafi. “Presenteremo immediatamente un’interpellanza urgente al governo, chiedendo che venga in aula per chiarire subito la dinamica dell’attacco. C’è un grave e imbarazzante silenzio del governo in queste ore circa l’oggettivo svolgimento dei fatti. ..Rimane il tragico contrasto tra il gravissimo incidente e l’indegno spettacolo offerto dal nostro governo nell’accoglienza al leader libico Gheddafi nella sua visita a Roma di pochi giorni fa”.

Della stessa opinione la coordinatrice delle Commissioni istituzionali del gruppo del Pd alla Camera, Sesa Amici e il senatore del Pd, Benedetto Adragna, che ha detto: “Mi auguro che il governo italiano lasci da parte inaccettabili tatticismi e condanni al più presto, nel modo più fermo, quello che è un atto violento, intimidatorio e privo di alcuna giustificazione da un punto di vista del diritto internazionale”.

La senatrice del PD Roberta Pinotti ha commentato: “Fare fuoco contro una nave in acque internazionali è sempre un gesto inaccettabile che spero il governo condanni al più presto. Forse per Gheddafi, ricevuto come un imperatore, con tutti gli onori a Roma proprio dal premier Berlusconi, si disse, per tutelare i nostri interessi economici nell’area, è cosa normale compiere atti ostili e intimidatori contro qualcuno per mere ragioni commerciali, ma per un Paese democratico è una procedura inammissibile. Per questo è bene che il governo si faccia sentire al più presto, a meno che anche in questa occasione, come durante la vista di Gheddafi, non s’invochi un realismo che assomiglia tanto a una sottomissione a un regime antidemocratico”.

“Mentre il premier continua a fregiarsi dell’amicizia del colonnello Gheddafi ci facciamo ‘mitragliare’ dai guardia costieri libici senza proferire parola”, ha dichiarato indignato il senatore del Partito Democratico, Roberto Di Giovan Paolo. “Non è la prima volta che si verificano episodi del genere – ha osservato l’esponente Pd – e ci chiediamo quanto ancora il nostro paese debba subire prepotenze ingiustificabili senza chiedere spiegazioni.

Oltre al danno d’immagine della sceneggiata della visita del leader libico in Italia e il considerevole esborso economico dell’accordo con la Libia, ci tocca subire la beffa, che rimane tale solo perché non ci sono state conseguenze per l’equipaggio dell’imbarcazione, di un attacco intollerabile contro pescatori inermi che stavano solo facendo il proprio mestiere”.

C’è da chiarire che i colpi di mitraglia contro l’‘Ariete’, il peschereccio d’altura di 32 metri, sono infatti solo l’ultimo episodio di questa lunga “guerra” che si combatte tra i pescatori mazaresi e la Libia. Il 10 giugno scorso le motovedette libiche hanno sequestrato altri tre pescherecci mazaresi, l’ “Alibut”, il “Marine 10” e il “Vincenza Giacalone”, che sono stati rilasciati dopo tre giorni grazie all’intervento personale di Silvio Berlusconi.

Tra gli armatori della flotta di Mazara del Vallo e le autorità di Tripoli da anni si trascina un contenzioso che riguarda la possibilità di pescare al largo delle coste libiche. Il leader libico Gheddafi rivendica infatti la propria giurisdizione all’interno di tutto il Golfo della Sirte, ben oltre dunque il limite delle acque territoriali sancito dal diritto marittimo internazionale che parla di 12 miglia, come avviene per l’Italia, che possono essere estese fino ad un’area “contigua” di 24 miglia. Le stesse norme, tuttavia, fanno riferimento alla possibilità di un’area di “sfruttamento economico” fino a 200 miglia dalla coste, che deve però essere ancora riconosciuta dalla comunità internazionale.

“Questa è una guerra senza fine. E’arrivato il momento di mettere fine ad una vicenda ormai annosa e cioè quella dell’estensione unilaterale da parte della Libia delle proprie acque. Bisogna trovare un accordo economico-scientifico e produttivo con le autorità libiche”. Lo ha affermato il presidente del Distretto produttivo della Pesca-Cosvap di Mazara del Vallo, Giovanni Tumbiolo.

Sono state in parte chiarite le dinamiche stesse dell’‘incidente’, che poteva costare la vita di ben 10 uomini dell’equipaggio Ariete, trai cui tre tunisini.
Così il comandante Gaspare Marrone del motopeschereccio ha commentato l’attacco subìto, telefonicamente da ApCom: “L’intimazione a fermarsi è giunta da un uomo che parlava con un accento italiano impeccabile. Ci ha urlato ‘fermatevi o questi vi sparano’. Che motivo aveva di dire ‘questi’? Avrebbe detto piuttosto ‘fermi o vi spariamo’. Ed infatti i finanzieri italiani presenti nella motovedetta libica, hanno confermato di aver avvertito il peschereccio per evitare una carneficina.

Il motopesca Ariete è noto alle cronache per essersi reso protagonista in passato di numerosi interventi di soccorso in mare a barconi di migranti in difficoltà. L’ultimo in ordine di tempo risale al giugno del 2008 quando l’equipaggio riuscì a salvare 27 migranti in balia delle onde. Proprio per la solidarietà dimostrata l’Alto commissariato Onu per il rifugiati aveva consegnato al capitano Gaspare Marrone e al suo equipaggio il premio ‘Per mare’, assegnato per premiare il coraggio di chi salva vite umane in mare.

Anche la Cgil ha protestato “contro il comportamento illegale della Libia ed ha invitato il governo italiano a rivedere l’accordo stipulato con uno stato che non offre nessuna garanzia di tenere un comportamento rispettoso delle leggi internazionali e di coerenza con i diritti dell’uomo sanciti dalle Nazioni Unite”.

Lo ha afferma il responsabile del dipartimento internazionale dell’organizzazione sindacale, Roberto Treu. “La copertura politica e l’accredito internazionale che il Governo italiano “offre alla Libia espongono il nostro paese ad una grave responsabilità di complicità con le azioni illegali di quel paese, in particolare per quanto riguarda il rispetto dei diritti dei migranti ricacciati dall’Italia ed internati nei campi della Libia”.
“La Cgil – ha spiegato Treu -già nei mesi scorsi ha protestato contro la chiusura degli uffici dell’Unhcr da parte del Governo libico, il che ha reso impossibile un controllo imparziale sulla drammatica situazione dei profughi e la tutela dei loro diritti”.

E il ministro degli Interni Roberto Maroni, come ha reagito? “Quello che è successo è un fatto che non doveva accadere e la Libia si è scusata”, ha risposto sbrigativamente nel corso del programma Mattino 5. “Penso – ha concluso il ministro degli Interni- che si sia trattato di un incidente grave, ma pur sempre un incidente..”.

Questa è l’immagine dell’Italia nel mondo, di un Paese che non tutela i propri lavoratori e non garantisce la sicurezza della propria stessa nazione da attacchi armati, però preserva ad ogni costo, anche di vite umane, l’incolumità della nazione dall’arrivo di esuli disperati, attanagliati dalla dittatura e privi di diritti fondamentali, rispedendoli in mare aperto verso campi di concentramento dove la vita umana è considerata al pari di uno sbattere d’onda sulla battigia.

Anto. Pro.

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