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Scuola: notizie (disastrose) dai territori

Al Giorgi una classe con 51 studenti dove le lezioni si fanno in palestra. La cattedra è sotto il canestro da basket. La voce di Chiara, insegnante di italiano, rimbomba sul tutto il tendone di alluminio e plastica per 30 metri, fino alla porta da calcio. Fabio, studente di quinta ragioneria, tira fuori un quaderno e lo appoggia sulle ginocchia, ammassato insieme agli altri su cinque file di sedie rosse: lì dentro di banchi non ce n’è nemmeno uno.

Un caso clamoroso, quello del Giorgi. Ma inutile prendere appunti, sono solo scarabocchi per passare il tempo: “Siamo ancora all’appello – dice – e anche solo per controllare che ci siamo tutti e 51, passano almeno venti minuti”.

Dopo lo smantellamento delle civiche serali, il tecnico Giorgi è stato talmente preso d’assalto dagli studenti lavoratori da portare la scuola all’orlo del collasso.

Il plotone della V ragioneria

Ma l’ufficio scolastico Regionale, nonostante le continue richieste della preside, non ha ancora concesso nemmeno una classe in più. Ma le classi sono a rischio esplosione con una quinta ragioneria che supera i 50 studenti, una quarta elettronici oltre i 40, e tutte le altre sul limite dei 30, e le iscrizioni che continuano ad aumentare.

Il Tar boccia il Comune: “Bisogna riaprire il Gandhi”

I 51 studenti della quinta ragioneria hanno scoperto di essere un plotone, invece di una normale classe, solo il primo giorno di scuola, lunedì. “La prima ora di lezione l’abbiamo fatta in un’aula normale, così pigiati che non si riusciva nemmeno a respirare”, racconta Marcello, 28 anni. “Solo lì abbiamo saputo non avremmo avuto un’aula: ci hanno trasferiti in palestra”, racconta invece Alessandra, assicuratrice.

Tutti trasferiti sotto il tendone verde vicino alla scuola, quindi. Senza neanche un banco, perché nella scuola non ce ne sono abbastanza per tutti. E nel bel mezzo di un caos incredibile: la palestra è ridosso di viale Liguria. La campanella, per i ragazzi del serale, suona alle 18.10, l’ora di punta per il traffico. Le marmitte di auto e motorini sovrastano quindi anche il professore con l’ugola più potente: impossibile seguire anche una sola frase, lì dentro. Figuriamoci un’intera lezione.

“Sono studenti di quinta questi – dice Chiara, insegnante di italiano, dopo aver fatto l’appello – hanno la maturità quest’estate. Ma come si fa, se non hanno nemmeno un banco dove fare un tema di italiano, o una simulazione di terza prova?”. Nel frattempo, una docente di educazione fisica entra in palestra. E fa lezione ai suoi ragazzi nell’altra metà del campo, mentre 51 studenti cercano di essere concentrati sulla letteratura del 900.

I ragazzi, dopo solo quattro giorni di scuola, sono già esasperati: “Non verrei mai a scuola in una condizione così – dice un’ex studentessa del Cattaneo – ma non avevo alternative: la mia scuola l’hanno chiusa. Due alternative, quindi: venire qui, o abbandonare gli studi”.

“Vogliono sfinirci – commenta Marcello – sperano che facendoci venire a scuola così, in condizioni vergognose, ci stanchiamo e rinunciamo a venire a scuola”. Il problema, se l’Ufficio scolastico regionale non dovesse concedere l’apertura di altre classi, si porrebbe ancora di più con l’arrivo dell’inverno: in palestra, non ci sono riscaldamenti.

Ma non è solo la ragioneria a fare lezione in condizioni oltre la decenza: in una classe di elettronica sono in 43. In classe, le sedie non bastano. E durante le ore di lezione c’è chi sta in piedi, chi seduto sui banchi, chi per terra. “Si rende conto? – dice Gabriella, un’altra insegnante – non mi pongo il problema di come spiegare, ma di come si fa a respirare qui dentro”.

Il problema, oltre all’impossibilità per ragazzi e insegnanti a fare scuola, sono le norme di sicurezza: “Siamo fuori ogni legge – dice Elisabetta Daina, delegata Rsu – parliamo di classi da 50 studenti, quando la norma vuole una media di 26 studenti più l’insegnante. È pericolosissimo continuare a tenere i ragazzi così”.

Anche la preside, Annamaria Indinimeo, allarga le braccia: “Un situazione così è ingestibile – commenta – se non ci concedono una classi in più saremo dovremo almeno provare a dividere le due sezioni in due gruppetti. Ma anche lì, si porrebbe un problema: abbiamo bisogno di almeno qualche risorsa in più perché mancano gli insegnanti”.

La Repubblica 16.09.10

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«Gravissimo togliere l’obbligo fino a 16 anni», di Gabriele Faravelli

Depauperamento dell’attività didattica negli istituti di primo e secondo grado, precariato, personale di sostegno per i portatori di handicap insufficiente, smantellamento dei piani di studio.
Sono i problemi cruciali della scuola italiana, affrontati ieri pomeriggio nel dibattito alla cooperativa Lupi, dal titolo “Con Mariastella alle stalle – la scuola italiana ai tempi della Gelmini”, nell’ambito delle “Riflessioni di settembre” organizzate dal gruppo di Sinistra, ecologia e libertà.
Emerge un quadro preoccupante dagli interventi dei due relatori, Emilio Sartori, dirigente scolastico di Lodi ora in pensione e Raffaella Morsia, segretaria regionale Cgil-Flc. Sartori esordisce con un’introduzione dal tono sarcastico, per poi illustrare uno scenario preoccupante: «Penso che la Gelmini debba avere il dente avvelenato contro la scuola pubblica, forse perché è stata bocciata tre volte. Molto grave il fatto che l’obbligo fino a 16 anni di età non ci sia più, in questo modo il figlio di un operaio non potrà mai avere le stesse opportunità del figlio dell’avvocato. Dovrebbe invece difenderla, invece mancheranno migliaia di docenti in Emilia Romagna. E non ci sono risorse nemmeno per il personale Ata e i vari servizi come i pulmini scolastici. Per non parlare delle leggi non rispettate con classi troppo numerose e scarsa sicurezza».
La Morsia ribadisce i concetti espressi, tentando di dare delle alternative concrete. «Ormai è sotto gli occhi di tutti – afferma – che la scuola è stata oggetto di tagli non lineari e di uno smantellamento indiscriminato. La cosa indecente è che stanno distruggendo il futuro di persone che non hanno più il diritto fondamentale allo studio, ovvero i ragazzi. La nostra risposta per controbattere questa tendenza è investire. Ci vogliono fondi per garantire il lavoro ai maestri e per assicurare un servizio totale di qualità agli studenti».

da Libertà/Piacenza 16.09.10

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«Docenti in cattedra, rifiutate le ore eccedenti il contratto»

Se oggi pomeriggio all’ex Provveditorato andrà in scena il capitolo finale delle nomine, riguardante le cosiddette “code” – una lunga maratona, quella delle assegnazioni, scandita passo dopo passo dall’Ufficio scolastico provinciale che era partito con tempestività dopo Ferragosto – gli spezzoni orari sotto le 6 ore si apprestano a tornare, è prevedibile, nelle mani delle scuole per l’ultimo ritocco all’orario. «Prima di chiamare dei supplenti – spiega Manuela Calza, segretario generale Flc Cgil di Piacenza – questi spezzoni vengono offerti ai docenti già nominati che possono fare ore eccedenti fino ad un massimo di 24. Noi, come sindacato, abbiamo invitato i docenti con cattedra completa a dire no alle ore eccedenti l’orario contrattuale. E ciò – spiega la sindacalista – perchè così facendo si fa venir meno le opportunità di lavoro per chi è precario. E diciotto ore di lezioni sono già un orario pieno a tutti gli effetti. Detto ciò non vogliamo neppure esprimere un giudizio su chi, legittimamente, ritiene di fare ore di straordinario perchè ne ha bisogno.. Ma resta il fatto che in questo momento straordinariamente difficile i più penalizzati sono i precari senza il posto di lavoro». Secondo il fronte sindacale a Piacenza con la prima campanella, per effetto dei tagli, sono venuti meno 140 posti di lavoro (di cui 90 di docenti).

Libertà/Piacenza 16.09.10

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“La rabbia degli insegnanti”, di BARBARA ANTONI

Rivendichiamo le assunzioni a ruolo per i posti vacanti e gli scatti di anzianità, come per i colleghi a ruolo
LUCCA. I più giovani vedono a rischio il futuro: davanti hanno una vita da precario. I più anziani si sentono frustrati: il blocco degli scatti congela l’atteso aumento di stipendio e ridurrà le entrate mensili quando andranno in pensione. Sono quasi duemila, tutti arrabbiati e sconcertati, nella palestra dell’istituto Piaggia di Capannori.

Una moltitudine così non se l’aspettava nessuno, nemmeno gli organizzatori più ottimisti dell’assemblea provinciale degli insegnanti (i sindacati Flc Cgil, Cobas Scuola e Gilda) che in molti istituti della Lucchesi, ha fatto slittare di un giorno l’inizio delle lezioni per l’anno 2010-2011.

La riforma porta bocconi amari per tutti, e tanta delusione. Ognuno la sua: cambia a seconda degli anni di lavoro e delle aspettative.

Giuseppe Saraceno, trent’anni, di Catanzaro, insegna francese nelle scuole di Lucca e della Piana. Ha una laurea e una doppia abilitazione, racconta, una delle quali è la famigerata Sis, ottenuta dopo aver superato l’esame, ma i corsi erano a pagamento. «Mi è costato 4mila euro frequentarli – dice il giovane insegnante -. Quest’anno ci sono state, in Italia, solo diecimila assunzioni a ruolo. I posti vacanti sono molti di più: noi precari rivendichiamo le assunzioni a ruolo per i posti vacanti e gli scatti di anzianità, come gli insegnanti di ruolo. I precari non hanno scatti. Ne beneficiano solo quelli che insegnano religione, nominati dalla Curia ma pagati dallo Stato».

Come Giuseppe, Gerardo Proia. Quarant’anni, viene da Frosinone, nella Ciociaria, insegna elettrotecnica all’Ipsia Giorgi. Il suo malessere è che il precario rappresenta, per le istituzioni, un “signor Nessuno”. «La mia classe di concorso è destinata a svanire – dice Proia -. A Frosinone, dove abitavo, non ci sono più opportunità di lavoro, così mi sono trasferito. Ma più che precario non posso essere. Ho partecipato a tutti i sit-in dei precari, anche a Montecitorio: non siamo mai stati ricevuti».

E poi c’è l’amarezza degli insegnanti con venti e passa anni di lavoro sulle spalle, che ancora credono nella loro professione ma che vedono svanire le speranze anche in un miglioramento personale. Come raccontano due insegnanti dell’istituto Carducci Buonarroti, che preferiscono non dire il nome. «Ho 27 anni di lavoro sulle spalle – dice una delle due docenti -, sono a servizio in ruolo. In questi ultimi anni ho visto cose impensabili, eppure sono una moderata. Non approvo che tutte le 18 ore della cattedra siano di insegnamento. Non abbiamo più margini per la progettazione, per le ore di supplenza». Un aspetto sottolineato anche da Anna Nelli, insegnante di filosofia al Vallisneri e da altre sue colleghe dell’istituto. «Il fatto di non avere più ore disponibili per coprire l’assenza di un collega – dice Anna Nelli – ha reso gli orari sempre più flessibili. Ora le classi entrano spesso un’ora dopo, escono un’ora prima se manca un insegnante, e i ragazzi si sono fatti a loro volta un’idea di flessibilità che non è giusta». «Ma i ragazzi che escono alle dodici da scuola, dove vanno?», le fa eco la collega Maria Antonietta Palumbo, docente di spagnolo al Vallisneri, preoccupata come insegnante e come genitore. I problemi che sollevano gli insegnanti sono innumerevoli: tanti docenti con le cattedre ridotte a sei ore, i libri di testo fatti acquistare senza che i programmi ministeriali fossero stati pubblicati (è successo con molto ritardo), un sacrificio economico forse inutile per tante famiglie.

Il Tirreno/Lucca 16.09.10

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“Con i tagli nasce il preside multitasking un solo dirigente per molti istituti”, di CORRADO ZUNINO

Niente rimpiazzo per quasi 1.500 direttori andati in pensione. Da nord a sud si moltiplicano le reggenze. Si occupano di più plessi con un ritocco in busta paga tra i 400 e i 700 euro
ROMA – La riforma epocale della scuola ha realizzato una nuova figura, fra i tanti profili che il ministro Mariastella Gelmini ha tentato di tagliare: il preside maratoneta. Una scuola su nove, nel Paese, è senza primo dirigente: nelle ultime due stagioni sono andati in pensione quasi 1.500 presidi e Giulio Tremonti ha bloccato ogni nuovo concorso, ogni possibile ricambio. L´Istruzione, allora, ha avviato la pratica industriale delle “reggenze”: un aumento in busta paga tra i 400 e i 700 euro e un preside di liceo si ritrova co-preside anche di una elementare dall´altra parte della città. Ma sotto l´impalcatura di due scuole italiane spesso si scopre un cantiere fatto di succursali, plessi differenziati, materne ed elementari inglobate in un unico edificio. Così i “presidi reggenti” passano a occuparsi di sette, otto, persino dodici realtà scolastiche. Tutte insieme.
Fra i maratoneti della scuola il detentore del record italiano è un signore di 61 anni che vive tra le Dolomiti e ama «stare in mezzo ai ragazzi». Il professor Renzo Zagallo si è fatto le ossa negli uffici amministrativi delle scuole di Cortina, per 17 stagioni è stato commissario interno alla maturità e sette anni fa è approdato alla direzione del suo primo blocco scolastico: San Vito di Cadore, dieci chilometri da Cortina. L´agglomerato dell´istituto di istruzione superiore Fermi è fatto di un liceo scientifico, un tecnico industriale, un istituto per ottici e uno per meccanici, un tecnico commerciale e un alberghiero. Sei scuole, diverse tra loro. Quando a Cortina è andato in pensione l´ultimo preside mezza Val Boite ha chiesto l´aiuto del maratoneta Zagallo. E lui si è candidato alla reggenza, ottenendo altre sei scuole: una media, un liceo classico, uno scientifico, un liceo artistico, un altro tecnico commerciale, un altro alberghiero. Dodici istituti da dirigere, 1.900 alunni dagli undici ai vent´anni. «Se avessi figli non potrei fare questo lavoro», racconta il professore. «Mi alzo alle sei e un quarto ogni mattina e quest´anno sono riuscito a parlare con tutti gli studenti. Coltivo rapporti personali, così sono riuscito a sconfiggere il bullismo. Gli spostamenti in auto sono lunghi, 30 chilometri di curve tra una scuola e l´altra». In generale, «qualche carta non riesco ad archiviarla, ma non salto un incontro con gli studenti: hanno tutti il mio cellulare». I 2.700 euro al mese da preside “normal” supereranno di poco i tremila grazie alle prestazioni “extra”.
Nei giorni dell´esordio caos della scuola italiana sono diventate leggendarie le imprese di Francesco La Teana, da quindici anni preside dell´Istituto Schiaparelli Gramsci, ragioneria di Pioltello, hinterland milanese, 1.500 iscritti il 40% dei quali immigrati. Scuola d´origine con due succursali e ora, grazie alla reggenza, arriva un istituto comprensivo composto da una materna, una elementare e due medie. «Non dormo più: o sono a scuola o sono in macchina. E il mio telefono squilla in continuazione». Nel traffico di Roma si muove Brunella Maiolini, titolare di due medie in due municipi diversi (40 minuti d´auto) e ora la reggenza di una media divisa in due edifici all´interno di un parco di Prati, altro municipio ancora. Cinque plessi in tutto, compresa la scuola speciale per 33 bambini disabili gravi. La prof Maiolini esemplifica i compiti di un multipreside: «Deve tenere sotto controllo la contabilità, avviare le gare d´appalto per la mensa e la manutenzione, assegnare i professori alle classi, e nelle scuole di reggenza lo fai all´ultimo minuto. Deve rispondere al Tribunale dei minori e cercare fondi. Io lo faccio ospitando set cinematografici. La domenica che ha preceduto l´apertura dell´anno scolastico sono stata fino alle undici di sera a controllare la pulizia delle classi e la mattina dopo ho spolverato personalmente due cattedre». A Palermo, spiega Rosario Amato, quattro plessi tra Bagheria e Bagheria Aspra, «dobbiamo far fronte alla fuga dalla scuola, alle continue partenze e ritorni dei figli degli immigrati. Le motivazioni per la nostra scelta? Un po´ di stipendio in più».

La Repubblica 16.09.10

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“Il record di un corso serale una maxi-classe di 51 alunni”, di Tiziana de Giorgio
MILANO – In 51 in una sola classe. Tutti ammassati nella palestra della scuola, senza neanche un banco, perché non c´è un´aula abbastanza grande per contenerli. Succede al tecnico Giorgi di Milano, la scuola serale più grande d´Italia. L´istituto è stato letteralmente preso d´assalto nelle iscrizioni – con 150 alunni in più rispetto all´anno scorso – da quando la giunta Moratti ha smantellato le scuole civiche per studenti lavoratori, non lasciando così alternative, se non il Giorgi e poche altre classi in città. Il risultato: la scuola rischia il collasso. Con sezioni, oltre alla quinta ragioneria che fa lezione in palestra, composte da oltre 40 studenti, costretti a stare in piedi per tutto l´orario scolastico. «Una situazione ingestibile – dice la preside Annamaria Indinimeo – l´Ufficio scolastico regionale non ci ha ancora concesso lo sdoppiamento delle classi. Ma così non si può andare avanti. Anche solo per motivi di sicurezza».

La Repubblica/Milano 16.09.10