economia, lavoro

"La ripresa rallenta, Paese in declino, persi 480mila posti di lavoro in 3 anni", di Roberto Mania

Polemica da parte dell´Agenzia delle entrate: le imprese non riconoscono i nostri sforzi. L´Italia è un paese in declino che rischia davvero di perdere il treno della ripresa. Essere fuori dalla recessione non vuol dire essere fuori dalla crisi. L´ultimo rapporto del Centro studi della Confindustria non lascia spazio al facile ottimismo. Anzi. «Nella ripresa la performance dell´Italia è tra le peggiori, così come lo era stata nella recessione. La crisi ha portato bruscamente al pettine i nodi strutturali che rendono meno attrattivo e dinamico il paese», sintetizza il report illustrato ieri dal direttore del Centro studi Luca Paolazzi.
Dunque un´economia che cresce poco (+1,2 per cento quest´anno e +1,3 il prossimo rispetto a un +1,6 previsto in precedenza), con meno occupati (ne abbiamo già persi 480 mila nella recessione e solo il prossimo anno cresceranno dello 0,4 per cento), con consumi sostanzialmente fermi (+ 0,4 per cento nel 2010 e + 0,7 per cento nel 2011). Un´Italia che con questi ritmi, e le sue zavorre, tornerà ai livelli di crescita pre crisi solo nel 2013.
Ma c´è di più, questa volta, nel tradizionale rapporto autunnale degli industriali: c´è la denuncia di un livello di evasione fiscale che ha raggiunto «cifre sbalorditive» (125 miliardi di euro), e di un sommerso che ha ormai oltrepassato il 20 per cento del Pil italiano. Un´altra economia che si muove in parallelo, che concorre slealmente, che trucca le regole del gioco e che fa fuggire gli investitori stranieri. Il risultato – secondo Confindustria – è anche quello di un paese più povero (il Pil pro capite è tornato ai livelli del 1998), nel quale si allargano le diseguaglianze nella distribuzione dei redditi tra le famiglie. «L´Italia – c´è scritto nel rapporto – è oggi più povera, in assoluto e ancor più in rapporto agli altri maggiori paesi avanzati».
Sui dati dell´evasione fiscale si sente chiamata in causa l´Agenzia delle entrate: «Dispiace che Confindustria affermi che l´evasione ha raggiunto livelli sbalorditivi senza riconoscere lo sforzo messo in campo tutti i giorni dall´Agenzia». Ma non è questo il punto dell´indagine confindustriale che infatti mette l´attenzione su un altro aspetto, cioè quello delle decisioni politiche contro l´evasione fiscale. Scrivono gli economisti di Viale dell´Astronomia: «È probabile che la recente espansione del sommerso sia stata determinata anche dall´abolizione nel 2008 di buona parte delle norme antievasione introdotte negli anni precedenti». Insomma aver cambiato rotta rispetto alla linea Visco (si pensi solo alla tracciabilità dei pagamenti) ha portato anche a questi risultati per quanto Confindustria si esprima con molta cautela per non essere coinvolta in una polemica politica. Tanto che il presidente Emma Marcegaglia ha voluto ribadire il suo sostegno alla linea Tremonti dichiarando, però, che «al rigore bisogna aggiungere la crescita».
È come se gli industriali chiedessero una “fase due” del governo proprio mentre la maggioranza traballa e le prospettive dell´esecutivo appaiono molto incerte. Marcegaglia ha ripetuto che considera «inaccettabile» l´ipotesi di andare alle elezioni anticipate. Per evitare il declino, comunque, c´è solo la strada delle riforme: formazione, giustizia, pubblica amministrazione, fisco, liberalizzazioni, infrastrutture. Perché la competitività delle imprese dipende molto anche dalla funzionalità del sistema-paese. Marcegaglia ha annunciato così di aver inviato alle altre parti sociali un invito per cominciare a ragionare insieme su come recuperare il gap rispetto agli altri paesi concorrenti. L´obiettivo deve essere quello di avere un´economia che cresca al 2 per cento annuo. Altrimenti «il pericolo – sostiene Confindustria – è che la crescita bassa e protratta a lungo determini l´aumento della disoccupazione strutturale e faccia perdurare l´eccesso di capacità produttiva». A quel punto le aziende dovrebbero ristrutturarsi e espellere ancora manodopera. Altro che fine della crisi.

La Repubblica 17.09.10