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"Alitalia, non è ancora finita. Altri 2mila esuberi in arrivo", di Laura Matteucci

L’ultimo tassello del puzzle della crisi che per i lavoratori non finisce mai ha (di nuovo) i contorni di Alitalia. L’azienda starebbe mettendo a punto un piano di ridimensionamento del personale da attuare entro l’anno per 1.800-2mila tra dipendenti, precari (circa 600), e alcuni stagionali. Per ora si tratta solo di un’ipotesi rilanciata dal Corriere della Sera, subito negata da Alitalia con una smentita che suona però come molto debole: «Alitalia fa sapere che non conferma i contenuti dell’articolo», dice una nota laconica. In realtà, sarebbe stato lo stesso amministratore delegato Rocco Sabelli, in un incontro con alcuni dipendenti di qualche giorno fa, a parlare di ritorno ai livelli di organico previsti dal Piano Fenice attraverso «recuperi di efficienza ed esternalizzazioni» (sarebbe prevista l’esternalizzazione di alcune attività in aeroporti minori, mentre esistono già accordi in proposito per alcuni comparti: pulizie, logistica, gestione delle buste paga). Un Piano che nel 2008 prevedeva 12.600 dipendenti, mentre oggi l’ex compagnia di bandiera ne conta 14mila, perchè da allora è entrato parte del personale AirOne: i conti sono presto fatti. Inoltre, tra le slides usate nello stesso incontro, si parlerebbe di un risparmio di 108 milioni da realizzare nel secondo semestre dell’anno, anche attraverso la «vendita servizi manutenzione e materiali». I sindacati, cui finora non è stato comunicato nulla, mettono le mani avanti: «Se le notizie venissero confermate andrebbe aperto immediatamente un confronto», dice il segretario nazionale Filt-Cgil Mauro Rossi. Ma «noi non siamo stati avvisati o informati in alcun modo» sul possibile piano, continua Rossi, e «aspettiamo quindi una qualche comunicazione». Una cosa è certa: «I vertici della compagnia – dice ancora – ci descrivono un’azienda florida con dati edulcorati anche se noi sappiamo che non ècosì». Anche più duro il Pd: «Del piano Fenice rimangono solo le ceneri. La facciata di ottimismo lascia il posto alla realtà, fatta di conti in rosso e di tagli al personale: Cai non riesce a stare sul mercato intercontinentale – dice Matteo Mauri, responsabile Infrastrutture – Così si ritrova a far concorrenza alle compagnie low cost, partita persa in partenza. Fino ad ora l’operazione elettorale di Berlusconi di salvataggio di Alitalia-Toto è costata 3,5 miliardi di euro e il conto è ancora aperto. Un bell’affare per gli italiani che pagano le tasse». «Berlusconi – prosegue – ha fatto diventare Alitalia una piccola compagnia regionale non competitiva. Le stesse società di gestione degli aeroporti rischiano grosso se, dopo il congelamento dei crediti, dovessero farsi carico dei tagli del personale negli scali».

FINCANTIERI, ALTA TENSIONE Non solo Alitalia. Secondo stime di Confindustria, sono 480mila i posti di lvoro che rischiano di andare perduti nel corso del 2010, e di sicuro le crisi aziendali aperte sono decine e decine, dall’Eni alla Merloni a La Perla passando per Agile ex Eutelia. La notizia dei possibili licenziamenti di Alitalia arriva a sole 24 ore da quella della chiusura di due cantieri, a Riva Trigoso e a Castellammare di Stabia, e tagli per 2.450 addetti in Fincantieri (il cui azionista è Fintecna, che fa capo al ministero del Tesoro e che è alle prese anche con un’altra drammatica vicenda, quella di Tirrenia). I lavoratori sono già mobilitati: stamattina sciopero e occupazione della direzione aziendale allo stabilimento di Riva Trigoso (800 occupati più 400 dell’indotto). Per domani è stata convocata un’assemblea a Roma, e uno sciopero è in programma il primo ottobre. L’azienda cerca di buttare acqua sul fuoco, ma non cambia rotta: «Non è stata presa alcuna decisione – dice una nota ufficiale – e comunque prima di procedere in qualsiasi direzione l’azienda ha benpresente la necessità di aprire una discussione col sindacato e le istituzioni». Mercoledì invece si parlerà dei 4.100 nuovi esuberi di Unicredit: l’istituto è disponibile a spalmarli su cinque anni e ha aperto all’idea di esodi volontari e incentivati.v

L’Unità 20.09.10

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“Fincantieri, gli operai occupano la fabbrica”, di LUCIO CILLIS MASSIMO MINELLA

Sale la tensione negli stabilimenti italiani della Fincantieri, dopo la pubblicazione da parte di Repubblica del “piano industriale 2010-2014” in cui si ipotizza la chiusura dei cantieri di Riva Trigoso e di Castellammare di Stabia, il dimezzamento di quello di Sestri Ponente e l´uscita dalla produzione di 2.450 dipendenti in Italia. Uno spostamento dell´asse produttivo verso l´estero, con 900 assunzioni negli Stati Uniti, ma anche nuovi accordi in Brasile, India, Medio Oriente. L´azienda precisa che «ancora nessuna decisione è stata presa», ma in attesa del confronto chiesto immediatamente dai sindacati al governo, istituzioni e lavoratori alzano la voce. Ieri, a difesa dei cantieri è sceso in campo anche il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco. «Genova non deve assolutamente perdere nessuno dei suoi luoghi di lavoro tradizionali. Ho fiducia che il peggio sia scongiurato, spero ci siano segnali in questa direzione». La rsu di Riva Trigoso, 1.200 dipendenti fra diretti e indotto, ha intanto annunciato per oggi l´occupazione della direzione e un´assemblea con sciopero. E lo stesso si dichiarano pronti a fare i lavoratori di Palermo, «anche con azioni clamorose», e di Castellammare.
A Roma, intanto, nel palazzo di Alitalia a Fiumicino si cerca di recuperare produttività e far quadrare conti che, almeno fino ad oggi, non tornano. La strada che l´ad Rocco Sabelli ha deciso di percorrere entro Natale è quella dell´esternalizzazione di una parte dei servizi di terra per un totale di 1.300 lavoratori al netto di possibili esodi volontari (si parla di 200 persone) e degli stagionali. Il piano non prevede uscite per i naviganti.
Secondo i dati in possesso di Repubblica, Alitalia potrebbe cedere il servizio di handling alle società di gestione degli aeroporti di Alghero, Cagliari, Bari, Brindisi e Reggio Calabria. I lavoratori coinvolti da questo cambio di proprietà sono 500. Altri 600 dipendenti hanno i requisiti per poter andare in pensione entro 7 anni e quindi usciranno dal ciclo produttivo in pre-pensionamento. A Roma 60 operatori della logistica-manutenzione di Alitalia, saranno ceduti ad altre società mentre 130 addetti al “tele check-in” di Fiumicino, (il gate rapido per i voli verso Linate) dovrebbero lasciare il loro posto. In quest´ultimo caso, a rimetterci potrebbero essere i lavoratori meno tutelati, ovvero gli stagionali.
Alitalia, da parte sua, non smentisce né conferma l´esistenza di questo piano, che apre una crepa nell´immagine dell´azienda e rimette in moto le polemiche politiche. Ma il ricordo delle fasi drammatiche della privatizzazione di due anni fa, scatena l´ira dell´opposizione. «Se fosse confermata questa notizia sarebbero fondate le nostre preoccupazioni su una privatizzazione gestita malissimo dal governo Berlusconi che ha scaricato 3 miliardi di euro di debiti sulle spalle dei contribuenti» dice il capogruppo del Pd in commissione Trasporti alla Camera, Michele Meta, mentre per il collega di partito Matteo Mauri «la facciata di ottimismo lascia il posto alla realtà, fatta di conti in rosso e di tagli al personale».

La Repubblica 19.09.10