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"Disoccupazione ai massimi dal 2003", di Luisa Grion

Aumenta il numero di chi non ha lavoro e di chi disperatamente lo cerca, ma nonostante i dati lascino pochi dubbi – sono i peggiori da sette anni a questa parte – sulla loro interpretazione scoppia una nuova polemica fra Cgil e governo. La disoccupazione, segnala l´Istat, nel secondo semestre dell´anno è salita all´8,5 per cento, il livello più alto dal 2003. È aumentata dell´uno per cento in un solo anno e colpisce ora più che mai i più giovani: nella fascia d´età fra i 15 e i 24 anni il tasso sale al 27,9 per cento, il che vuol dire che un ragazzo su quattro non lavora. Quota record dal 1999, in espansione ovunque e in crescita esponenziale al Sud, dove i giovani senza lavoro sono il 39 per cento (il 40 fra le donne).
Perdono il posto soprattutto i dipendenti con il posto fisso del Nord, (meno 0,9 per cento, 114 mila posti in meno in un anno) e i lavoratori del Mezzogiorno (meno 1,8 per cento per un taglio di 88 mila posti), più o meno stabile invece l´occupazione nel Centro. A cercare impiego, ora, in Italia, ci sono 2 milioni 136 mila persone (più 1,1 per cento sul precedente trimestre). Rispetto al passato, fa notare l´Istat, la disoccupazione aumenta, ma rallentando il ritmo: analisi che basta al ministro Sacconi per dire che siamo in un periodo di «stabilità» e commentare che «l´Italia ha indicatori superiori alla media Ue». Il ministro del Lavoro ammette il dato «particolarmente rilevante» della disoccupazione giovanile, ma ricorda che «anche nel Sud, rimangono molti i lavori cercati e non trovati dalle imprese». La strada per uscirne, afferma, «è la formazione, e il governo con il piano triennale conferma questo percorso».
Parole e paragoni che fanno infuriare sindacato e opposizione. «I dati Istat confermano una sciagura annunciata, eppure Berlusconi e i suoi ministri continuano a sostenere che disoccupazione e crisi sono state arginate» commenta Anna Finocchiaro del Pd. Ancor più polemica la Cgil che chiede di finirla con la negazione della realtà. «Non è vero che stiamo meglio degli altri – afferma Fulvio Fammoni, segretario confederale – l´Italia ha uno dei più bassi tassi di occupazione in Europa, il record della disoccupazione giovanile, un livello altissimo di inattività e lavoro nero e un numero di “sospesi dal lavoro” che porta il tasso di disoccupazione reale ben oltre la media europea. E tutto quello che si sta facendo è deprimere lo sviluppo».
E poi non è finita. Secondo la Cgia di Mestre: «Entro la fine dell´anno la disoccupazione salirà all´8,7 per cento». Così ha detto il segretario Giuseppe Bortolussi: «Stimiamo che ci possano essere altri 70 mila posti a rischio. I disoccupati italiani sono tra i meno aiutati d´Europa: nel 2008 le risorse messe a disposizione hanno toccato lo 0,5 per cento del Pil. Niente a che vedere con le risorse messe in campo dalla Germania (2,2 per cento del Pil), dalla Spagna (2,1) e dalla Francia (1,6)». Solo nel 2011, prevede la Cgia, avremo una lieve inversione di tendenza: i senza lavoro si ridurranno dello 0,2 per cento».

La Repubblica 24.09.10

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“I senza lavoro all’8,5%. Per i giovani è il triplo”, di Luigi Grassia

In Italia la disoccupazione torna a crescere. L’aumento è molto piccolo, e in altre circostanze verrebbe derubricato a trascurabile variazione statistica (ma non da chi vive sulla sua pelle il dramma della mancanza di lavoro, ovviamente); però stavolta non ci si può limitare a scuotere la testa e tirare oltre nemmeno dal punto di vista freddamente statistico, perché in una fase di presunta ripresa economica ci si aspetterebbe che la disoccupazione scendesse, anziché salire. E invece: nel secondo trimestre del 2010 il tasso di disoccupazione è cresciuto all’8,5%, con un aumento di 0,1 decimi di punto sia rispetto al primo trimestre 2010 sia rispetto al secondo trimestre 2009.
A sottolineare la gravità dell’allarme l’Istat aggiunge che questo 8,5% è il livello più alto dal terzo trimestre del 2003, cioè da circa sette anni. Va ancora peggio riguardo ai giovani fra i 15 e i 24 anni, per i quali il tasso di disoccupazione è del 27,9%, il dato più pesante dal 1999.
L’Italia, è giusto rilevare, col suo 8,5% non se la cava male dal punto di vista del tasso di disoccupazione a paragone della maggior parte dei Paesi europei e in confronto all’America, eppure il trend appena rilevato sorprende e preoccupa.
L’8,5% è la media ponderata di un tasso di disoccupazione maschile che cresce dal 6,3% del secondo trimestre 2009 al 7,6% del 2010 e di un tasso femminile che passa dal 8,8% al 9,4%. Quanto alla ripartizione geografica, nel Nord la quota dei senza lavoro cresce in un anno dal 5 al 5,9%, al Centro dal 6,7 al 7,1% e al Sud dall’11,9% al 13,4%, con una punta del 16,4% per le donne. Da notare pure che il tasso di disoccupazione degli stranieri aumenta per la sesta volta consecutiva, portandosi all’11,6% (dal 10,9% che era nel secondo trimestre 2009).
È significativo anche guardare ai numeri assoluti. L’Istat rileva che in cerca di lavoro sono 2,13 milioni di persone e che il totale degli occupati in Italia nel secondo trimestre del 2010 è diminuito di 195 mila unità rispetto allo stesso periodo del 2009 (-0,8%). Fra aprile e giugno gli occupati in Italia sono risultati 22.915.000 (dato destagionalizzato), però qui va sottolineata un’evoluzione positiva, perché c’è un aumento dello 0,1% rispetto al primo trimestre 2010.
La contrazione tendenziale (cioè nell’arco di un anno) deriva da una forte riduzione della componente italiana (-366 mila unità) e di una significativa crescita di quella straniera (+171 mila unità). Il tasso di occupazione nel secondo trimestre 2010 è risultato pari al 57,2%, cioè basso nel confronto internazionale con i Paesi paragonabili al nostro, con una flessione di 7 decimi di punto percentuale rispetto al secondo trimestre 2009. C’è una forte riduzione tendenziale del numero di occupati nell’industria (-274 mila unità, pari al -5,7 per cento) soprattutto al Nord.
Inoltre, sempre nel secondo trimestre, il numero degli occupati a tempo pieno registra una riduzione tendenziale dell’1,6% (-316 mila unità). Invece dopo una discesa nel 2009 gli occupati a tempo parziale continuano a segnalare valori di crescita significativi (+3,6%, pari a 121 mila unità in più nel secondo semestre del 2010 rispetto al corrispondente periodo del 2009). L’incremento, segnala l’Istat, «è dovuto esclusivamente al part-time di tipo involontario», ossia ai lavori accettati in mancanza di occasioni di impiego a tempo pieno.

La Stampa 24.09.10

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La disoccupazione sale Non ha un lavoro più di un giovane su quattro

Disoccupazione record tra i giovani nel secondo trimestre del 2010. Secondo i dati sulle forze lavor o, di f f usi dall ’ Istat , i l 27,9% dei giovani tra i 15 e i 24 anni è in cerca di un lavoro. Più in generale, in Italia il tasso di disoccupazione, sempre tra aprile e giugno, si attesta all’8,5%, segnando il livello massimo dal terzo trimestre del 2003. Secondo il ministro del Lavoro, Sacconi, le rilevazioni indicano la «sostanziale stabilità dei dati in rapporto al periodo precedente». Ma per la CGIL i dati sono «gravissimi» e per il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, «né il governo centrale né i governi locali hanno fatto abbastanza».

Il Corriere della Sera 24.09.10

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“La carenza di posti durerà ancora a lungo”, di Stefano Lepri

I disoccupati, secondo il Centro studi della Confindustria, aumenteranno ancora fino all’anno prossimo, raggiungendo il 9,1%. Che dice l’Ocse, più pessimista sulla crescita rispetto ad altri osservatori?
«Nelle nostre previsioni, la disoccupazione resterà grosso modo stabile. Purtroppo – risponde Piercarlo Padoan, capo economista e vicesegretario generale dell’Ocse – ci vorrà un certo tempo perché venga riassorbita, un periodo che non riesco a quantificare; ed è questo che ci preoccupa».
Anche l’Ocse sostiene che mettendo nel conto tutte le persone desiderose di lavorare si raggiungono percentuali quasi doppie rispetto al tasso di disoccupazione ufficiale. E la ripresa stenta; l’Ocse ha stupito pronosticando una leggera ricaduta all’indietro del prodotto lordo italiano, -0,3%, nel terzo trimestre.
Ciò nonostante, consigliate ai governi austerità…
«Solo nel caso questa fase di debolezza dovesse approfondirsi, abbiamo detto, si potrebbe pensare a un rinvio delle misure di austerità, e solo in quei paesi dove le condizioni delle finanze pubbliche lo permettono. Per ora non vediamo una ricaduta nella recessione».
In aggiunta ai disoccupati, ci sono i cassintegrati. Finora la cassa integrazione, simile in Italia e in Germania, si è rivelata uno strumento molto utile. Però il Fondo monetario teme che ci sia una differenza: in Germania i cassintegrati rientreranno tutti, in Italia forse no, perché copre anche situazioni di crisi strutturale.
«Certo in Germania le istituzioni del mercato del lavoro funzionano meglio: sono anche più capaci di riallocare in altri settori i lavoratori che non possono più ritrovare l’impiego di prima».
In America, il premio Nobel Paul Krugman ha attaccato il Fmi e l’Ocse, sostenendo che con questi livelli di disoccupazione è da pazzi consigliare ai governi l’austerità.
«In Europa mi pare che l’esigenza di risanare i bilanci pubblici sia largamente condivisa. Negli Stati Uniti, noi non crediamo che elevare ancora la spesa pubblica sarebbe efficace per riassorbire la disoccupazione. In questo senso l’America ci pare divenuta più simile all’Europa, con una quota di disoccupazione che è molto più difficile eliminare. Occorrono casomai spese mirate a sostenere e riqualificare i disoccupati, in modo da evitare che lo restino per lunghi periodi».
Lasciare le persone disoccupate a lungo è un enorme spreco di risorse umane, dannoso per tutti, dice ora il Fmi.
«L’Ocse il pericolo della disoccupazione di lungo periodo aveva cominciato a segnalarlo da qualche tempo. Abbiamo invitato i governi a spostare i loro interventi dal sostegno a breve termine dei disoccupati verso la riallocazione. Dobbiamo riuscire a concentrare le risorse sulle fasce più svantaggiate, che rischiano di perdere contatto con il mercato del lavoro».

La Stampa 24.09.10

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“Lavoro, emergenza continua. Sale ancora la dicossupazione”, di Marco Ventimiglia

A questo punto non si sa se siano più gravi i dati sulla disoccupazione o i relativi commenti degli esponenti del governo. Non si comprende, per intendersi, se occorra preoccuparsi di più per un tasso dei senza lavoro che nel secondo trimestre dell’anno ha raggiunto nuovi e tristissimi record, piuttosto che per le frasi surreali pronunciate da Maurizio Sacconi, che parla di «dato migliore della media Ue». Lo stesso ministro del Lavoro che evidentemente ignora, o preferisce dimenticare, come ad inchiodare l’Italia c’è, a monte di tutto, il dato sulla popolazione “inattiva”, comprendente coloro che non figurano nemmeno nelle liste di disoccupazione perché hanno persino rinunciato a segnalare la loro condizione, un numero, questo sì, ben diverso dalla media Ue,ma in senso peggiorativo.

NUMERI INEQUIVOCABILI Dunque, il tasso di disoccupazione nel secondo trimestre del 2010 è salito all’8,5%. Lo ha comunicato come d’uopo l’Istat, aggiungendo che si tratta dal livello più alto dal terzo trimestre del 2003. E sempre con riferimento al tasso di disoccupazione destagionalizzato (appunto l’8,5%) si registra un aumento di 0,1 decimi di punto rispetto al primo trimestre dell’anno in corso e di un punto percentuale nel paragone con il secondo trimestre 2009. Inoltre, nell’ultimo trimestre il numero delle persone in cerca di occupazione ha raggiunto (in termini destagionalizzati) 2,136 milioni di unità, il numero più alto dal 2001, con un aumento dell’1,1% rispetto al primo trimestre (+24 mila unità). Nel raffronto con lo stesso periodo dell’anno precedente l’aumento e invece del 13,8%. Insomma, comunque li si rigiri il senso dei datinoncambia, espressione di un Paese nel quale gli effetti della crisi sono ben lungi dal potersi dire esauriti. Anzi, la bufera economica iniziata a metà del 2008 sta adesso facendo emergere le sue conseguenze di lungo periodi proprio nel settore più delicato, quello del lavoro. Piuttosto, scorporando i numeri emergono indicazioni preziose sulle dinamiche in atto. Ad esempio, prendendo in considerazione i dati non destagionalizzati (tasso di disoccupazione 8,3%), si nota come il tasso maschile cresca dal 6,3% del secondo trimestre 2009 fino al 7,6%. Mentre quello femminile registra un ancor più triste incremento, passando dal 8,8% al 9,4%. Ed ancora, nel nord l’innalzamento dell’indicatore (dal 5 al 5,9%) riguarda sia gli uomini sia le donne; nel centro, il tasso si porta al 7,1% (6,7% un anno prima) per una crescita dovuta solo agli uomini. Nel Mezzogiorno il tasso di disoccupazione risulta pari al 13,4% (dall’11,9% di un anno prima), con una drammatica punta del 16,4% per le donne. Inoltre, il tasso di disoccupazione degli stranieri aumenta per la sesta volta consecutiva, portandosi all’11,6% (10,9% nel secondo trimestre 2009). Un doloroso capitolo a parte riguarda poi i giovani. Infatti, la rilevazione relativa al secondo trimestre 2010 evidenzia come il tasso di disoccupazione giovanile (la fascia compresa fra i 15 ed i 24 anni d’età) è salito al 27,9%. Una percentuale, ha sottolineato l’Istat, che rappresenta il dato più alto dal lontano secondo trimestre del 1999. ESECUTIVO INERTE «I dati dell’Istat confermano una sciagura annunciata. Eppure il presidente Berlusconi e i suoi ministri continuano a sostenere che in Italia, contrariamente a quel che è avvenuto in altri Paesi, la crisi e la disoccupazione sono state arginate», ha dichiarato la presidente dei senatori del Pd, Anna Finocchiaro.«Non è così e nessuna misura efficace è stata mai messa in campo da questo governo. Nel Collegato lavoro in discussione in Senato non c’è l’ombra di un intervento teso a rilanciare l’occupazione, stabilizzare i precari, sostenere le imprese in difficoltà e a riformare l’intero sistema degli ammortizzatori sociali. In questo quadro, il tasso di disoccupazione, purtroppo, è destinato a salire ancora». Per Fulvio Fammoni, segretario confederale della Cgil, «le rilevazioni Istat confermano il dato gravissimo dell’occupazione, cha arriva a colpire prevalentemente il lavoro a tempo indeterminato, e al quale va aggiunto il vasto bacino della cassa integrazione e del lavoro nero. Eppure, il ministro Sacconi non lascia trasparire dalla sue parole alcuna preoccupazione o volontà di agire, continuando ad affermare unicamente che stiamo meglio della media europea»

L’Unità 24.09.10

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“Giovani e lavoro, sentenza senz’appello”, di Raffaella Cascioli

Sempre più allarmanti i dati Istat sulla disoccupazione
giovanile giunta a livelli record.
Un autunno incandescente quello che si prospetta per il mercato del lavoro italiano alle prese con un’alta disoccupazione e, soprattutto, con l’inattività del governo sia sul fronte industriale che su quello relativo alle politiche di sostegno al reddito.
A fotografare una situazione emergenziale è l’Istat secondo cui, nel secondo trimestre del 2010, il tasso di disoccupazione è salito all’8,5% con un aumento dello 0,1% rispetto al trimestre precedente e dell’1% a livello tendenziale. Il mercato del lavoro non era andato mai così male dal 2003. E il perché è presto detto: in Italia l’esercito di chi è in cerca di lavoro si ingrossa mese dopo mese al punto da superare i due milioni (2.136.000), mentre sono soprattutto i giovani a farne le spese visto che la disoccupazione giovanile sfiora il 28% e il Belpaese risulta ormai il fanalino di coda dell’Unione europea. Una situazione destinata ad aggravarsi se è vero che gli inattivi nel secondo trimestre sono cresciuti di 92mila unità mentre a essere colpiti di più sono soprattutto i lavoratori a tempo indeterminato del nord e in parte del sud.
Il governo insiste nel sostenere che l’Italia vanta una situazione migliore della media europea e il ministro del lavoro Maurizio Sacconi addirittura sottolinea come al sud ci siano «lavori cercati e non trovati dalle imprese». Su tutt’altre posizioni i sindacati. Per il segretario confederale della Cisl, Giorgio Santini, la crescita della disoccupazione giovanile ha assunto i toni di una vera e propria emergenza sociale che deve essere affrontata con azioni prioritarie a sostegno del lavoro: «È necessario mettere in campo su larga scala politiche attive del lavoro che sappiano indirizzare, attraverso formazione e riqualificazione professionale, i lavoratori in cassa integrazione, i disoccupati e i giovani». A puntare il dito contro il governo che «deprime lo sviluppo e cancella i diritti» è il segretario confederale della Cgil, Fulvio Fammoni, secondo cui l’Italia ha un «tasso di disoccupazione “reale” ben oltre la media europea».
Sul piano politico l’unico partito che continua a sostenere la necessità di porre al centro del dibattito la questione del lavoro è il Partito democratico. Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani ha, di recente, sostenuto la necessità di introdurre al più presto un salario minimo garantito per legge per chi non ha un contratto nazionale di lavoro. Una proposta che il Pd avanza non da oggi ma che, alla luce della drammaticità dei dati Istat, è ancora più attuale. «Lo abbiamo detto e ripetuto in più di un’occasione – spiega il senatore del Pd ed ex ministro del lavoro Tiziano Treu – l’economia italiana è squassata dalla crisi e non si fa nulla per consolidarla. Non stupisce dunque la forte crescita della disoccupazione che è certo maggiore rispetto a quello che si dice». Per Treu siamo di fronte a una svolta epocale e la situazione va affrontata con un’adeguata politica industriale e una politica di sostegno al lavoro: «Si continuano a mettere toppe con la cassa in deroga ma non c’è dubbio che gli ammortizzatori sociali stanno finendo mentre il buco del mercato del lavoro è sempre più profondo. Non è da oggi che si sa che nel 2009 la crisi avrebbe aggredito l’economia reale lasciando nel 2010 una coda avvelenata nel mercato del lavoro».
Nel Pd c’è la convinzione che la precarietà oggi è in primo luogo nel salario: se da un lato è prioritario insistere sullo sviluppo, spiega Treu, dall’altro occorre tutelare le condizioni civili di chi percepisce un salario, senza contare che questo fa bene anche ai consumi. E i sindacati? «A quei sindacati, che in altri tempi difendevano il salario minimo legale e che oggi credono che con la contrattazione si può risolvere tutto, vorrei dire che occorre evitare l’impoverimento di chi ha un lavoro povero, senza contare che questo spingerebbe in su l’asta della contrattazione».

da Europa Quotidiano 24.09.10