politica italiana

"Nella Lega nervi a fior di pelle per un federalismo che non c’è", di Raffaella Cascioli

Al di là delle sparate di Bossi, i timori per una delega sempre più in bilico. C’è chi sostiene che, in questi giorni, i leghisti abbiano i nervi a fior di pelle. Che dietro le sparate di Bossi di un federalismo fiscale ormai messo in cassaforte, ci sia la preoccupazione che la tenuta della maggioranza sia tutt’altro che salda. Che la situazione potrebbe precipitare da un momento all’altro.
Che al di là delle promesse di Calderoli stia slittando, di settimana in settimana, l’esame preliminare da parte del consiglio dei ministri (in quello lampo di ieri il tema non è stato affrontato) dei decreti clou del federalismo fiscale per l’impossibilità di mettere d’accordo quel che resta della maggioranza. Che la scadenza della delega a maggio 2011 sia ormai in vista e che i prossimi due mesi siano decisivi per capire se effettivamente il federalismo fiscale è in grado di prendere il largo. Alla luce dei tempi ristretti c’è già chi in casa leghista ha iniziato a fare il gioco della torre. Calendario alla mano, è probabile quantomeno che la delega non sarà sfruttata a pieno. C’è chi giura, ad esempio, che Calderoli & Co. siano pronti a sacrificare il decreto sulla fiscalità provinciale e il secondo su Roma capitale, pur di portare disperatamente a casa quantomeno quelli sulla fiscalità regionale e sui costi standard. Senza contare che le norme sulla fiscalità municipale e sul fabbisogno dei comuni sono ancora all’attenzione della conferenza unificata, dopo la richiesta di uno slittamento da parte dell’Anci. Nonostante l’accelerazione impressa almeno verbalmente negli ultimi tempi a provvedimenti che sono stati anticipati a mezzo stampa ma non sono ancora passati in prima lettura in consiglio dei ministri, il nervosismo è palpabile. L’ansia aumenta. Tanto più che il federalismo per la Lega è prima di tutto una bandiera, che di cifre da mettere nero su bianco il ministro Tremonti non vuol sentir parlare, che il Pd (e non solo) non è disponibile a votare titoli vuoti, come il primo decreto su Roma capitale.
«Calderoli e il governo non hanno ancora chiarito molti aspetti sui soldi veri per realizzare il federalismo» spiega Francesco Boccia, deputato Pd e componente della Bicameralina. E se il Pd con Roma capitale ha chiuso il capitolo della tolleranza sui provvedimenti pasticciati e dell’ultim’ora, c’è adesso la necessità di calare le carte in tavola. Fornire cifre, capire chi paga e quanto. Tutte informazioni che già in corso di approvazione della delega sia Calderoli che Tremonti non hanno fornito. La resa dei conti è arrivata ma a questo punto i leghisti hanno il fiato sul collo. Tanto più che regioni e comuni chiedono tempo, vogliono capire. E così se il governatore leghista Zaia sostiene che sul federalismo l’obiettivo è andare a cento all’ora, altri governatori del sud non la pensano così. Ieri il presidente dell’Anci, Sergio Chiamparino, ha sostenuto la necessità di mettere mano a un federalismo intelligente e non centralista: «Il governo deve capire che il vero risparmio non è quello di tagliare 500 euro di indennità al sindaco di un grande comune. Il vero risparmio consiste nel rendere più efficaci i processi decisionali pubblici».
A preoccupare di più i leghisti è invece il silenzio del ministro dell’economia. Quel Giulio Tremonti che tiene per sè le cifre di finanza pubblica, del federalismo, del sud aspettando, forse, tempi migliori.

da Europa Quotidiano 25.09.10