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Bersani “vede” le elezioni: «Fini non può votare la fiducia», di Simone Collini

Il leader del Pd continua ad auspicare un governo di transizione ma si prepara alle urne. Riforma fiscale e patto sociale: le proposte del partito presentate alla platea di Confindustria
Bersani si aspetta «coerenza» da Fini, quando si voterà la fiducia al governo: «Si è rotto il patto che teneva insieme la maggioranza». Per il leader del Pd sulle accuse relative alla casa di Montecarlo «c’è ancora molto da chiarire»

Ora da Gianfranco Fini si aspetta «coerenza». Perché dopo questo discorso, difficilmente mercoledì il gruppo parlamentare di Futuro e libertà potrà votare la fiducia a Berlusconi. Pier Luigi Bersani lo dice dopo una giornata passata a Genova, per intervenire al convegno di Confindustria dedicata a «occupazione e competitività» e per incontrare un gruppo di sindacalisti della Fincantieri. Il leader del Pd ha guardato «con molta attenzione» il videomessaggio del presidente della Camera. Dice di aver apprezzato la «sincerità» con cui Fini ha annunciato le proprie dimissioni nel caso in cui fossero dimostrate le accuse relative alla casa di Montecarlo, «su cui c’è ancora molto da chiarire». Ma soprattutto, per Bersani l’intervento di Fini «fa emergere ancora una volta una frattura profonda che non promette nulla di buono per il governo del paese»: «Si è rotto il patto che teneva insieme la maggioranza. La crisi è evidente. In queste condizioni la destra non garantisce un governo al paese. E di fronte ai gravi problemi che bisogna affrontare, non si può più attendere che finisca il gioco del cerino».
Per questo, quando Berlusconi avrà parlato alla Camera e si procederà con le votazioni, il segretario del Pd si aspetta un atteggiamento «coerente» da parte del gruppo dei finiani. «Siamo di fronte a una politica avvilente e avvilita, pericolosamente lontana dai cittadini, non so come Berlusconi possa venire in Parlamento e dire che va tutto bene». È arrivato il momento di chiudere questa fase, per Bersani. Che però, rispetto anche a solo qualche giorno fa, rispetto ai passi successivi a una auspicabile crisi di governo si fa poche illusioni.
Bersani continua a ribadire che quando finalmente la crisi politica si tramuterà in crisi di governo la parola dovrà passare al Quirinale e continua ad auspicare un breve governo di transizione che modifichi la legge elettorale. Ma nelle ultime ore il leader del Pd si è andato convincendo che le urne si avvicinano. E si sta muovendo di conseguenza. Non a caso incontrando i segretari regionali e provinciali del Pd ha affrontato la questione di come dare «voce ai territori» nella compilazione delle liste. Non a caso ha detto ai dirigenti nazionali e locali di impostare come una vera e propria mobilitazione da campagna elettorale le tre settimane di “porta a porta” che partiranno il primo week end di novembre con 10 mila gazebo allestiti in tutta Italia. E non a caso ha avviato un giro di confronto con le parti sociali, illustrando quel che farebbe il Pd «se andassimo al governo domani».
CONFRONTO CON CONFINDUSTRIA
Lo ha fatto ieri a Genova, al convegno di Confindustria. In una quindicina di minuti ha dato rassicurazioni sul fatto che non intende impegnare il Pd in un’alleanza stile Unione «sono stato alla Festa di Rifondazione e Pdci e ce lo siamo detto chiaro, abbiamo già dato» perché «se c’è da governare non è cosa», e poi ha illustrato le proposte che lancerà il Pd con l’Assemblea nazionale dell’8 e 9 ottobre. A cominciare da «una riforma fiscale che alleggerisca il carico su imprese, lavoro e famiglie con redditi medio-bassi, caricando invece sui redditi da finanza e patrimonio». Ma di fronte agli imprenditori Bersani insiste anche sulla necessità di «un patto sociale», che però sarà difficile da raggiungere se il governo continua a lavorare per dividere il sindacato. Berlusconi ha anche questa responsabilità, per Bersani: «Se il governo accende i fuochi, chi è che poi li spegnerà?».
In sala gli applausi scattano più volte (in un’ora di intervento il ministro Sacconi non ne incassa neanche uno), quando Bersani assicura che non ci sarà un’alleanza con Prc e Pdci ma anche quando difende le liberalizzazioni e «un mercato pulito», criticando invece «i furbetti che si fanno le leggi per farsi gli affari loro». Poi va a sedersi e ascolta l’intervento della presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, che dice al governo «stiamo perdendo la pazienza». Non è «la pazienza è finita» della campagna lanciata dal Pd, ma quasi. «Ci manca solo scherza Bersani con i suoi che dica anche rimbocchiamoci le maniche».

L’Unità 26.09.10