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Dibattito alla Camera dei Deputati sulla fiducia al governo Berlusconi: interventi di Pierluigi Castagnetti e Rosy Bindi

Pierluigi Castagnetti
Signora Presidente, onorevoli colleghi, adesso sappiamo che questa sera non avremo la crisi di Governo. Meglio. Non avremo le dimissioni del Capo del Governo, perché che il Governo sia in crisi e la maggioranza non ci sia più ormai pare fuori discussione.
Dunque abbiamo un Governo senza più la maggioranza che – anche con il suo discorso, signor Presidente del Consiglio, fatto di parole usurate dal tempo, dalle ripetizioni, dalla distanza dal Paese – ha trovato modo, per ora, di non ammetterlo, di non ammettere cioè (come si diceva una volta) proprio per tirare a campare poiché, proprio come aggiungeva quel tale, sempre meglio che tirare le cuoia.
Non ci sfuggono le ragioni, anche se rimane un mistero la ragione per cui piace al Governo continuare ad ingannarsi in tal modo. Le dichiarazioni del Presidente del Consiglio non sono riuscite, infatti, nemmeno a mascherare minimamente i segni dello stress dissennato recato alle istituzioni in questa folle estate in cui sul palco del teatrino della politica c’eravate solo voi, onorevole Presidente del Consiglio.
Lascia oggettivamente senza parole ciò che è accaduto e sta continuando ad accadere. Ne richiamo alcuni capitoli per sfuggire al rischio della smemoratezza e dell’assuefazione. Primo: la più grande maggioranza della storia della Repubblica, neppure a metà della legislatura, si è ridotta allo spettacolo indecente della questua, del commercio di consensi parlamentari, cercando anche tra le file di chi è stato eletto da quanti volevano combattere la destra.
Secondo: da quasi tre mesi il dibattito pubblico italiano ruota attorno ai 60 metri quadrati di un appartamento al piano rialzato a Montecarlo. Terzo: da quattro mesi, dopo le dimissioni per scandali di due Ministri e di un sottosegretario del suo Governo, il Ministero che dovrebbe essere il motore della crescita economica del Paese è ancora senza titolare.
Quarto: da quattro mesi, per la precisione dal 28 maggio, quando abbiamo approvato la manovra economica, il Governo non produce provvedimenti. Quinto: nel frattempo, le due icone del sedicente Governo del fare (i rifiuti di Napoli e il terremoto dell’Abruzzo) si stanno clamorosamente ribaltando sul Governo stesso come due giganteschi bluff e lei ha avuto il buon gusto oggi di non parlarne.
Sesto: la struttura a cui venne affidata la missione di fare reinnamorare il Paese con lo Stato, ossia la Protezione civile, è stata infranta come una statuetta di terracotta e investita da un’immensa valanga di fango e corruzione prodotta da un sub-sistema di potere che ha preteso sfuggire ad ogni regola e ad ogni requisito di correttezza amministrativa.
Montesquieu, al proposito, diceva che quando si fa il deserto delle regole nasce il dispotismo. Per nascondere un paesaggio tanto desolante è stata scatenata tutta la potenza di fuoco di un dominio informativo senza paragoni se non in Russia, Bielorussia e Libia, modelli di moderna democrazia che vengono esaltati senza un minimo senso di pudore culturale ed etico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Questa potenza di fuoco, fatta di due giornali quotidiani oltre ad alcuni altri fiancheggiatori, due settimanali oltre altri fiancheggiatori, cinque canali televisivi oltre altri fiancheggiatori, sei canali radiofonici oltre altri fiancheggiatori, alcuni web magazine ed alcune società di distribuzione della pubblicità, ha sviluppato una vera e propria aggressione psicologica di massa, fenomeno prima d’ora mai registrato in tali dimensioni.
Come è stato realizzato questo obiettivo?
Con la reductio informativa pressoché ad una sola notizia, allo scopo di far perdere all’opinione pubblica ogni possibilità di distribuzione dell’attenzione, ogni capacità critica, ogni senso delle proporzioni, ogni possibilità anche solo di paragonare con notizie dello stesso genere che si producevano nello stesso periodo di tempo. Insomma, una tecnica informativa semplificatoria, manipolatoria ed ossessiva in grado di produrre un condizionamento collettivo e un coinvolgimento di tutto il resto, stampa compresa. Seppur per una dinamica di controdipendenza, persino il resto del sistema politico, opposizione compresa, è costretto a discutere di cose che non lo interessavano né riguardavano l’interesse del Paese. Un capolavoro stupefacente quanto inquietante!
Tutto ciò ha fatto dire ad alcuni studiosi dei modelli democratici che quello italiano è diventato un sistema tecnicamente dispotico. A ciò dobbiamo aggiungere l’ingrediente della volgarità che l’alleato leghista, e non solo, non ci ha mai fatto mancare: un ingrediente non meno rilevante nel connotare i caratteri del dispotismo. Mi riferisco, in particolare, alla consolidata icona del dito medio, usata da signori e signore del Governo per comunicare con l’opinione pubblica e che a me pare assai più grave della stessa, pur inaccettabile, battuta che ha giustamente offeso i cittadini romani e, se consentito, anche noi abitanti di Reggio Emilia che ci onoriamo di avere nello stemma del comune lo stesso acronimo SPQR.
Si capisce allora perché persino la Chiesa si sia dovuta dichiarare angustiata per l’Italia. Per l’Italia, signor Presidente del Consiglio, che lei dovrebbe governare. Ecco il moderno dispotismo: un dispotismo che sa alternare il volto truce con quello accattivante del sorriso del «ghe pensi mi» o delle poco responsabili riassicurazioni che la crisi è ormai passata mentre la sofferenza sociale sta esplodendo a Napoli come a Milano, in Sardegna come in Sicilia. Sta emergendo infatti la sintomatologia di una insofferenza sociale che dovrebbe interpellare e inquietare soprattutto il Governo.
Non siamo i soli a pensare che il combustibile ci sia già, mancano solo i fiammiferi! Le famiglie sono in affanno, basti leggere i dati diffusi solo ieri dall’ISTAT che ci dicono di un’Italia senza crescita e senza futuro, al nord e al sud. Basti pensare ai precari della scuola, dell’università, dei call center che stanno perdendo persino il loro status di provvisorietà, scivolando nell’area della disoccupazione senza speranza.
Questi sono i soggetti ed i problemi italianissimi, signor Presidente del Consiglio, non monegaschi né caraibici, di cui continuate a non occuparvi. Questo è il problema, questo è lo scandalo! Ma si sa che il Paese, come in tutti i sistemi dispotici, viene sempre dopo. Persino gli industriali italiani, dopo avervi avvertito di aver perso la fiducia, oggi vi dicono che hanno perso la pazienza. Figuratevi noi! Noi che sentiamo la responsabilità di dare voce a quella parte del Paese che paga più di tutti l’assenza di Governo e che si ostina a resistere alle ripetute iniezioni di anestesia morale.
Il grande poeta portoghese Fernando Pessoa diceva che bisogna toccare il fondo per scoprire le fondamenta.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
Ho finito. Il fondo quest’Italia lo ha toccato, signor Presidente del Consiglio. Le fondamenta su cui ricostruire e da cui ripartire sono lì, sono quelle che per fortuna fanno pensare e dire alla maggioranza degli italiani: meno male che c’è la Costituzione (applausi dei deputati del partito democratico)

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Rosy Bindi

Il debito pubblico è cresciuto: ve l’abbiamo lasciato al 105 per cento, oggi non ha avuto il coraggio di dire che è al 118 per cento. Questi sono i dati.
Con il debito pubblico che aumenta si annuncia un nuovo autunno di cassa integrazione e di disoccupazione, e non abbiamo sentito come intenderete finanziare ancora gli ammortizzatori sociali. Ormai la disoccupazione sta diventando un fatto strutturale, e lo è soprattutto per i giovani e per i giovani del Mezzogiorno: abbiamo bruciato un’intera generazione, e ci prepariamo a bruciarne un’altra.
Il lavoro per donne è quasi impossibile in questo Paese. Oggi sentiamo riparlare di quoziente familiare: sì, ne abbiamo sentito riparlare, ma non ho ancora capito come verrà finanziato, perché non ce l’ha detto, Presidente.
Possiamo discutere sulle forme di vantaggio fiscale alle famiglie. Questa non ci ha mai convinto, ma avremmo voluto sentire il modo con il quale verrà finanziata.
Avete compromesso in questi anni il futuro dei nostri ragazzi: la scuola italiana è stata impoverita ed umiliata, e le università sono al collasso. Per fortuna, oggi ci ha risparmiato il capitolo sulle emergenze, perché sarei stata curiosa di sentire che cosa avrebbe detto dei rifiuti di Napoli e della ricostruzione de L’Aquila (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico): l’emblema della politica del fare, che in realtà è diventata la prova della chiacchiera, della propaganda e della scorribanda vergognosa di chi ha praticato la corruzione sopra i disastri delle persone. Avete assecondato le paure e alimentato le divisioni sociali e territoriali.
Non ci si venga a fare il bilancio sull’immigrazione clandestina citando solo gli sbarchi nei porti della Sicilia, non citando quello che sta succedendo in altri porti, non citando quello che succede alle altre frontiere del Paese. E soprattutto non ci si dimentichi mai di dire che cosa ci è costato in termini di credibilità internazionale e che cosa ci è costato e costa in termini di vite umane (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), con tutte quelle persone che muoiono adesso in un’altra parte del Mediterraneo e sicuramente nel deserto ai confini con la Libia. Questa è la situazione.
C’è un bilancio fallimentare, e adesso si viene qui e si propongono cinque punti. Mi chiedo se la Lega si accontenti dell’ennesima definizione del federalismo. Perché mai, Presidente, si è dimenticato di chiedere al Ministro dell’economia e delle finanze i conti per attuare il federalismo fiscale? Ancora una volta abbiamo sentito interloquire con Cattaneo. Certo ci fa piacere. Ricordiamo che noi abbiamo modificato il Titolo V della Costituzione, ma dove sono i conti per attuare un federalismo fiscale che faccia pagare la siringa nello stesso modo in Calabria e in Lombardia ma assicuri i servizi essenziali di assistenza a tutto il popolo italiano? Possiamo credere che quei 100 miliardi del Mezzogiorno, che continuano a ballare di mese in mese, possano andare a realizzare un’infrastrutturazione della quale abbiamo sentito ancora una volta un lungo elenco senza un affidamento vero di capitoli di finanziamento?
Questa è la situazione, signor Presidente, e ci dispiace dover constatare che assistiamo all’ennesima perdita di opportunità. Il suo discorso non può servire al rilancio né del Governo, né della maggioranza, men che meno del Paese, e soprattutto non copre quello spettacolo desolante al quale abbiamo assistito in questi mesi. Voglio ricordare le parole del cardinal Bagnasco: discordie personali, diventate presto pubbliche, sono andate assumendo il contorno di conflitti apparentemente insanabili, diventati a loro volta pretesto per bloccare i pensieri di un’intera nazione, quasi non ci fossero altre preoccupazioni ed altri affanni.
Questa è la situazione: un Paese incapace di uscire dalla sua situazione perché ha un Governo che non lo sa governare, che è fermo sugli affari propri. Penso, signor Presidente, che lei debba prendere atto che la fiducia che gli verrà rinnovata tra qualche ora è una fiducia «finta». Si dimetta (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà), passi la mano ad un Governo di transizione che dia al Paese una nuova legge elettorale, e in primavera si vada a votare perché l’Italia ha bisogno di essere governata da un’alternativa democratica e autenticamente riformista (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico – Congratulazioni).