lavoro

"Pd, j’accuse sul decreto lavoro: è un ricatto per i più deboli", di Maria Grazia Di Giovanni

È un testo «anacronistico, stupidamente conservatore, del tutto inadeguato ». In altre parole: è da seppellire. Questo il giudizio del Pd sul collegato lavoro. Tutto lo stato maggiore dei parlamentari Democratici (Anna Finocchiaro, Enrico Letta, Tiziano Treu, Enzo Bianco, Giorgio Roilo insieme al responsabile economico Stefano Fassina) si è riunito ieri a Palazzo Madama per emettere un verdetto inequivocabile: quella legge non serve all’occupazione, lede i diritti dei lavoratori e in alcune parti presenta profili di incostituzionalità. Difficile immaginare un pasticcio più grande. A chi servono allora quegli articoli su cui anche il Quirinale ha avanzato dei dubbi, tanto da rimandare il testo alle Camere con alcune osservazioni? A quanto pare neanche la Confindustria è entusiasta. Tanto che in molti avevano cominciato a sperare che,con l’appoggio dei finiani, il collegato potesse finire su un binario morto. Ora il suo destino è tutto legato a quello del governo, che proprio oggi affronta la fiducia. SACCONI L’unico che spinge per un’approvazione immediata è il ministro Maurizio Sacconi, che ieri in Senato ha chiamato a raccolta le truppe del centrodestra. Le votazioni sono proseguite per l’intero pomeriggio, non senza qualche sorpresa in Aula. Alcuni senatori pdl si sono smarcati sull’articolo che prevede la scelta dell’arbitrato al momento dell’assunzione (quello che non convinceva il Presidente Napolitano), una norma che era stata modificata alla Camera con un emendamento Damiano, poi tornata allo «spirito originario » al Senato. Durante le votazioni anche una schermaglia tra relatore e Idv, che ha letto in Aula la lista dei morti sul lavoro. «Con questo testo il governo Berlusconi sceglie di stare dalla parte dei più forti – dichiara Finocchiaro – È una mistificazione dire: non lasceremo nessuno per strada. La verità è che migliaia di italiani sono senza lavoro e senza cassa integrazione». «Dentro questo decreto ci sono norme sbagliate e non ci sono le norme necessarie per affrontare l’emergenza occupazionale nel nostro Paese – aggiunge Letta – Il diritto del lavoro non è una branca del diritto commerciale. Il Governo sbaglia ad approfittare della crisi per operazioni così pesanti ». Innumerevoli gli interventi in sfavore dei deboli. Dalla scelta obbligata sull’arbitrato al momento dell’assunzione (quando si è più ricattabili), al potere del ministro di decidere in ultima istanza in mancanza di accordo, dal ridimensionamento al contrasto al lavoro sommerso a nuovi limiti per la concessione del part-time alle dipendenti della pubblica amministrazione, fino alla esclusione dalla responsabilità dei vertici della marina militare per i casi di amianto. Ma a pagare sono soprattutto i giovani, con quell’abbassamento a 15 anni dell’obbligo di istruzione e l’affidamento ai percorsi di apprendistato. Proprio mentre il Senato votava, in Lombardia si passava subito ai fatti. La Regione ha ha siglato l’intesa con i ministeri Istruzione e Lavoro per il riconoscimento dell’apprendistato ai sedicenni. Per Mariastella Gelmini l’intesa è di «straordinario valore,un caposaldo della legge Biagi, che aumenta a 400 le ore di formazione ». All’attacco invece la Fiom-Cgil. «Apprendisti a 15 anni e un giorno: da oggi è possibile in Lombardia. Quelle 400 ore potranno essere svolte in azienda. È l’ennesimo tassello di un disegno più vasto contro la scuola pubblica».