cultura, politica italiana

"Chissà chi Kippah", di Massimo Gramellini

Mentre Bossi si scusa con i romani (li aveva chiamati «porci», ma era una battuta), Ciarrapico insulta gli ebrei. Non è facile star dietro al dibattito culturale del centrodestra italiano. Dai banchi austeri del Senato di cui fa parte (e questa davvero non è una battuta), il Ciarra della libertà si chiede se Fini abbia già ordinato la kippah, il copricapo ebraico. Non occorre un grande sforzo di esegesi: secondo un senatore della Repubblica nata dalla lotta al fascismo e a maggior ragione dal rifiuto dell’antisemitismo, gli ebrei vanno tutti accomunati al traditore per antonomasia, Giuda Iscariota. Neanche il cardinal Lefebvre nei giorni di luna piena si era mai spinto a tanto.

Come è triste dover parlare di queste persone e di questi argomenti. Però fino a quando si continuerà a considerare un esercizio di folklore lo scempio dei valori con i quali siamo cresciuti, che credevamo condivisi? E col tricolore bisogna pulirsi il sedere, e il Risorgimento fu un complotto dei poteri forti, e la Resistenza non parliamone, e la Costituzione è comunista, e Roma è porca e ladrona, e i neri puzzano, e gli ebrei tradiscono, e i rom attaccano il malocchio. Non so voi, ma io non lo trovo divertente. E neppure innocuo. Qualcuno dirà che certa gente ha sempre pensato certe cose, senza trovare il coraggio di dirle. Ecco, vorrei tanto sapere chi glielo ha dato, adesso, quel coraggio. Forse ci siamo distratti un attimo. Per favore, non distraiamoci più.

La Stampa 01.10.09