attualità

"La depressione non sconfigge la violenza", di Stefano Menichini

Si arriva a un certo punto, quando ognuno deve rispondere di quello che fa, di quello che dice, e deve assumere la propria parte di responsabilità per la situazione della comunità nella quale vive.
Il film che cominciamo a veder scorrere in Italia lo abbiamo già visto, anzi vissuto. È un film che pretende di avere lo stesso soggetto che aveva negli anni Settanta: un paese ansioso, indignato, arrabbiato, dal cui corpaccione si staccano schegge incontrollate e incontrollabili. Capaci anche di riprendere in mano un’arma per colpire e zittire un avversario politico, un personaggio pubblico esposto sulla trincea sbagliata.
Chi fa opinione e chi fa politica in Italia deve sapere – e lo sa – che questa rabbia è un fenomeno marginale, ancorché giustamente enfatizzato dai media. E che se è vero che l’Italia è ansiosa, l’ansia si traduce casomai in depressione, distacco, allentamento e non eccitazione delle passioni, come confermano tutti i sondaggi d’opinione, elettorali e non solo.
Non c’è un vero clima di paura e di minaccia. Bisogna stare attenti a non incoraggiarlo.
Il modo è semplice, almeno da enunciare: stroncare senza pietà gli episodi criminali o para-criminali.
E soffocare senza esitazione, ognuno dove può e dove gli spetta, la tracimazione del rancore, dell’insofferenza, dell’intolleranza, dell’irrazionalità.
È giusto prendersela con Berlusconi, che è stato senza dubbio il politico più divisivo degli ultimi anni, e non riesce mai a essere coerente con le esortazioni all’amore: quante volte gli italiani che non votano per lui sono stati insultati direttamente o per interposta persona? Quanto è irresponsabile parlare per i magistrati di associazione a delinquere, considerato il loro compito e considerato quante vere associazioni a delinquere sono in circolazione, anche intorno e dentro gli apparati pubblici? Ma è proprio Berlusconi l’unico leader politico nazionale che, da molti anni a questa parte, sia stato fisicamente aggredito. Ed è il direttore di un giornale di destra che oggi vede la sua vita sconvolta da una minaccia tremenda. E parliamo degli atti propriamente criminali.
Poi sono uomini e donne della Cisl, cioè di un sindacato accusato di complicità coi padroni e col governo, che subiscono ormai con regolarità attacchi, non più solo di fumo ma anche – a Treviglio, a Livorno – di pietre.
Tartaglia è uno squilibrato, l’attentatore di Belpietro un criminale, quelli di Torino antagonisti a volto scoperto. Ma gli squadristi di Livorno avevano le bandiere della Fiom, di un sindacato che ha una tradizione di forza, autorevolezza, serietà, civiltà. Una simile macchia su quelle bandiere è una macchia su una grande storia di sinistra.
Se ognuno deve fare la propria parte – chi ci governa in primis – la sinistra anche deve fare la sua. Anche con più energia e convinzione di come abbia fatto il Pd dopo Torino.
Cioè aprendo un conflitto politico dichiarato contro gli estremismi, chi li cavalca, chi li sfrutta, chi se ne fa scudo anche in parlamento per dare spessore alla propria voga populista.
La demonizzazione non serve e anzi suona strumentale, ma la severità è d’obbligo.
Ognuno di questi brutti episodi è diverso dagli altri, scollegato, non definisce certo l’ umore collettivo del paese che, come dicevamo, è casomai depresso, non aggressivo.
Un paese depresso e passivo però non sconfigge le frange violente: ci vogliono iniziativa politica, intenzione, determinazione.

da Europa Quotidiano 02.10.10