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"La scuola della Costituzione? Non c'è più: l'hanno rubata….", di Mario Lodi

Cremona. La Casa delle Arti e del Gioco galleggia in una nuvoletta di nebbia tra le cascine di Drizzona, fuori Cremona. Quasi nel centro geometrico della Pianura Padana. E nell’aria umida galleggia, con passo leggero e i suoi 88 anni, anche Mario Lodi, il Maestro, il maestro di scuola se mai ce ne furono. Alto e sottile e con lo sguardo quieto che ha accarezzato migliaia di bambini.
Ancora oggi vengono qui decine di insegnanti, un po’ come si va in pellegrinaggio in un luogo sacro e accompagnano i loro ragazzi a conoscere il Maestro che, con i suoi libri (Il paese sbagliato, Cipì) ha disegnato la fisionomia della scuola elementare italiana: un modello invidiato da tutta Europa. Una scuola gentile, inclusiva, comprensiva, attenta e generosa. Una scuola come, forse, la immaginavano i “padri costituenti” quando scrissero la Carta fondamentale del nostro Stato.
Lodi ricorda che nel 1948, appena promulgata la Costituzione italiana, la carta fu subito esposta per anni nelle sale consiliari dei Comuni “tanto era bella. Dovrebbero esporla sempre anche in tutte le scuole”. Considerato che il sindaco di Adro ha pensato di piazzare dappertutto nella scuola del paese il simbolo della Lega Nord, si capisce meglio il soffio di malinconia che si respira alla Casa delle Arti e del Gioco. “Eppure sa cosa le dico?” aggiunge: “Sta spuntando un nuovo movimento di maestri e insegnanti. Ci sono in giro esperienze didattiche bellissime. Me le mandano. C’è una maestra di Verona bravissima, uno di Sorbolo nel Parmense, una nel Lazio, uno a Piacenza e altri. Si sentono tra loro, si organizzano, non si rassegnano”.
E cosa fanno di speciale?
“Di speciale niente. Attuano la Costituzione italiana con i bambini. Le faccio l’esempio più ovvio”.
Prego.
“I bambini che arrivano a scuola a sei anni non sanno scrivere ma sanno parlare, no? E raccontano, raccontano, dicono di sé e degli altri. Un maestro comincia da lì, dalla parola. Deve governare la parola dei bambini con ordine, un ordine non imposto ma concordato, non come fanno in televisione dove tutti interrompono tutti. Un maestro insegna a parlare e soprattutto ad ascoltare. È lì che nasce la democrazia ed è lì che nasce la responsabilità”.
Le sembra che questo nella scuola italiana non succeda più?
“A me pare che dei valori classici su cui era fondata la Costituzione sia rimasto poco. C’è stato un furto. Per i giovani è un bel guaio”.
E chi è il ladro?
“L’indiziato numero uno è la comunicazione. Giornali, tv, ora internet. So che sono parole di un vecchio, ma è ciò che penso. I più furbi hanno capito subito che chi possedeva la tecnologia avrebbe controllato anche i valori. Prenda l’idea di libertà. La libertà oggi è realizzare se stessi e pazienza per gli altri. Non è la stessa libertà che ha ricostruito il Paese dopo la guerra. Questa è una libertà maleducata”.
È la libertà del singolo individuo. Perché dovrebbe essere sbagliata?
“Perché la scuola è un’associazione, una cooperativa in cui ognuno porta qualcosa. Anche e soprattutto nelle responsabilità. C’è un bambino che custodisce i pennarelli, quello che si deve occupare della carta, quello dei gessetti, quello che tiene il dentifricio per tutti, c’è una piccola cassa da amministrare. Piccole responsabilità che educano al rispetto del bene comune, non solo al vantaggio del singolo. Oggi sotto la voce “meritocrazia” passa invece la corsa al successo personale”.
E chi non ce la fa?
“Viene sbattuto all’ultimo banco, il banco dei somari, dove vanno a finire quelli che verranno espulsi perché non riescono”.
Lei non boccerebbe mai nessuno.
“Ma dove sta scritto nella Costituzione che bisogna bocciare? La nostra ministra invece vuole bocciare se la condotta a scuola non è quella che vuole lei. Bocciare non è mai servito a convincere un soggetto difficile a diventare un buon cittadino”.
Sembra di sentire parlare don Milani con la sua scuola di Barbiana.
“Ma scusi, prenda il problema dei bambini extracomunitari. C’è chi coltiva l’idea di isolarli, il modo migliore per far sì che non imparino mai nulla e men che mai l’italiano. Una follia. Quella è la scuola dell’ultimo banco. Allora tanto vale mandarli via. Magari l’esperienza di don Milani fosse stata sviluppata”.
E invece?
“Invece è stata ignorata da chi comanda. Don Milani aveva a che fare con ragazzi di ogni estrazione ed età e, invece di separarli, li metteva tutti insieme, con il risultato che i più grandi, quelli che diremmo i più bravi, a loro volta insegnavano ai più piccoli. Era una scuola che formava alunni e insegnanti insieme. Un’idea semplice e geniale”.
Lei sa che il governo taglia molto sulla scuola, per risparmiare.
“Non sono in grado di giudicare. Ma se sento che si tagliano il tempo pieno e le mense, per esempio, mi vengono i brividi. Mangiare insieme: è anche questa una scuola di democrazia. Cosa mangiamo? E perché? Perché questo è buono e questo no? Perché è giusto condividere il mio cibo con i miei amici? Magari io non ho fame e invece il mio compagno ne ha di più. E come si mangia senza diventare obesi come gli americani? Tutti elementi di una educazione che la scuola deve dare”.
Lei conosce la ministra Gelmini?
“No”.
Ma se ne sarà fatto un’idea.
“Non la capisco. Mi sembra una restauratrice della scuola di una volta. Ho sentito dei tagli. Ma quelli in fondo ci sono sempre stati. È la testa che conta. Insegnare la democrazia a scuola può non costare niente”.
Mai venuta qui a trovarla?
“No, l’unico che ho visto è stato l’ex ministro Tullio de Mauro”.
Mi dica tre qualità indispensabili per un buon maestro.
“Ne bastano due”.
Allora due.
“Amore e curiosità. La stessa curiosità dei bambini”.

da Il Venerdì di Repubblica 02.10.10