attualità

"L'amore romantico e quello libertino", di Eugenio Scalfari

Finalmente un felice giorno di tregua politica. Il governo ha incassato un voto di fiducia sui cinque titoli del suo programma; i finiani sono determinanti alla Camera; Berlusconi continua a lanciare insulti alla magistratura, a collezionare barzellette sconce da ogni punto di vista e a magnificare il suo ruolo di demiurgo della politica mondiale; l´opposizione è unita e aggressiva.
Insomma, soddisfazione per tutti e avanti finché durerà. Durerà poco, penso io, ma forse mi sbaglio. Il solo legittimamente preoccupato è Belpietro, direttore di Libero, che ancora non conosce la verità sulla causa delle sue preoccupazioni. Gli invio la mia convinta e doverosa solidarietà.
Posso dunque dedicarmi oggi al tema dell´amore, come avevo promesso ai nostri lettori. Non è un tema peregrino. In una società agitata da guerre, terrorismo, crisi economica, egoismi feroci, l´amore sembra un sentimento quasi scomparso. Le donne, che dell´amore rappresentano l´elemento cardine, sono vilipese e usate come è sempre accaduto; la loro emancipazione che sembrava ormai conquistata anche se ancora parziale e imperfetta, sta regredendo e molte di loro non si oppongono più, anzi sembrano felici di collaborare a questo «richiamo all´ordine» che va tutto a loro detrimento. Perciò riflettere sull´amore è un tema di stretta attualità. Umberto Veronesi, in un bel libro uscito in questi giorni, è del mio stesso avviso ed arriva addirittura ad augurarsi una qualche forma di matriarcato.
Sostiene che la famiglia a direzione maschile diseduca le donne. Proprio perché sono l´elemento debole di fronte alla cultura maschile tuttora dominante, l´educazione che ricevono le sospinge a far propri i valori di competizione che sono tipici del maschio. Quelle che riescono ad emanciparsi e a raggiungere posizioni di spicco hanno introitato l´immagine della virago e fanno concorrenza agli uomini sul loro stesso terreno.
Bisognerebbe dunque – scrive Veronesi – che la loro educazione avvenisse in famiglie culturalmente orientate da valori femminili: l´amore – appunto – la pace, la solidarietà, la comprensione. Non ha torto, Veronesi, anche se l´attuale temperie in tutto il mondo sta procedendo nella direzione opposta.
L´amore però è una parola che esprime una quantità di sentimenti. Ha una sua mitologia, un suo approccio religioso, una sua poetica ed anche una sua storia. Di tempo in tempo e di luogo in luogo, quella parola ha avuto significati diversi e spesso opposti l´uno all´altro.
Questo è dunque il tema sul quale mi sembra opportuno fare chiarezza per poter meglio colmare un´evidente lacuna che affligge le nostre società, quelle ricche e quelle povere, ad Occidente e a Oriente del mondo.
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Le civiltà antiche – e qui mi limito a parlare di quelle mediterranee che più da vicino ci riguardano – non conoscevano il «privato». Gli uomini si realizzavano nella «polis» della quale la famiglia e la tribù costituivano le cellule. L´amore faceva parte dei valori familiari, incoraggiati e protetti dagli dei del luogo. Si amavano i genitori, si amavano i fratelli e le sorelle, si amava la sposa, fonte di procreatività. Le tavole mosaiche contengono la normativa più antica dell´amore familiare: «Onora il padre e la madre. Non commettere atti impuri. Non desiderare la donna d´altri». Il destinatario di queste norme è il maschio, la donna resta in una zona d´ombra ma è anch´essa colpevole dell´eventuale trasgressione.
Naturalmente i sentimenti amorosi finivano, allora come oggi e come sempre, anche al di fuori del recettacolo familiare, ma era un fatto privato e quindi del tutto irrilevante. Se però diventavano una sfida contro la famiglia l´irrilevanza diventava colpevolezza e veniva repressa con la massima severità.
Non è un caso che la guerra delle guerre, quella di Troia, scoppia a causa del tradimento di Elena e della sua fuga con Paride. È un pretesto, si sa. Simboleggiò lo scontro tra la civiltà achea e quella medio-orientale. Ma il pretesto dello scontro è la violazione dell´amore familiare e il ritorno di Elena a casa con il marito Menelao sancisce che l´ordine violato è stato ripristinato.
Nello stesso ambito leggendario il teatro greco racconta la vendetta di Elettra e di Oreste contro l´uccisore del loro padre e contro la loro madre che ne era stata l´amante durante la sua assenza da Argo.
C´è, al fondo di questa tragedia, l´ombra d´un sentimento incestuoso che si coglie nell´amore quasi morboso tra il fratello e la sorella vendicatori. L´incesto del resto rappresenta un elemento spesso presente nell´amore familiare; Edipo e il suo destino ne costituiscono il fondamento, non a caso recuperato da Freud come uno degli elementi fondanti della psicologia del profondo.
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Il carattere «pubblico» e familiare dell´amore dura molto a lungo e scavalca i secoli. Neppure il Cristianesimo riesce ad intaccarlo.
La predicazione di Gesù tramandataci dai Vangeli è intrisa di amore e questa è la grande innovazione rispetto al monoteismo ebraico che descrive il dio biblico come il condottiero del suo popolo, ancorato alla severità della Legge.
Il dio dei Vangeli è giusto ma soprattutto misericordioso e non si identifica con un popolo. Si rivolge a tutte le persone, ne riscatta la dignità, esalta i deboli e i poveri che saranno i primi a varcare la soglia della beatitudine. Parifica tutte le persone quando entreranno nel regno dei cieli, le donne come gli uomini, gli schiavi come i loro padroni. Ma sulla terra le istituzioni restano quelle che sono. I cristiani sono animati dalla fede e dalla speranza; il male e l´odio vanno ripagati dall´amore. E l´amore è la «caritas», indirizzata verso tutti, verso il prossimo, verso i nemici.
L´amore tra uomo e donna dà luogo alla famiglia, viene santificato nel sacramento del matrimonio, indissolubile con i vincoli della fedeltà e l´obiettivo della procreazione.
Si tratta dunque d´un amore che sale dai coniugi verso Dio e si santifica attraverso i figli e la loro educazione cristiana. La «pubblicità» dell´amore rimane dunque intatta, con una differenza essenziale rispetto al politeismo pagano: la «caritas» diventa il fondamento della religione. Paolo e Agostino arrivano a farne un valore addirittura più importante della stessa fede.
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La cultura medievale inventa un altro tipo di amore: l´amore cortese, cantato dai trovatori nei castelli e portato in giro per l´Europa della lingua occitana e dell´italiano volgare.
Lo «stil novo» vagheggia amori immaginari e figure di amati e di amanti stereotipi. Di qui sorge la malinconia che occhieggia nei versi del Guinizelli e diventa sostanza poetica nel Cavalcanti, nel Dante della “Vita Nova” e nel Petrarca.
Ma accanto all´amore cortese si affaccia quello licenzioso del Boccaccio e più tardi di Machiavelli della “Mandragola” e dell´Aretino. Sono i primi segnali del “privato” ma ci vorranno ancora due secoli perché il “privato” si affermi nelle società dell´Europa moderna.
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Il «privato» nasce con l´Illuminismo con l´abolizione degli assoluti e dell´assoluto come concetto. Trasforma l´economia e la politica. Poteva il sentimento amoroso sottrarsi all´irruenza di questa rivoluzione?
Nasce infatti l´amore libertino, l´amore individuale, il «privato» dell´amore e nasce nei salotti gestiti da donne emancipate da una prima sembianza di femminismo. Diderot teorizza l´amore per l´amore che prevede la libertà di amori molteplici in nome, appunto, di amare l´amore.
Dura un secolo questa forma amorosa. Se si vuol chiedere alla letteratura, alla poesia e alla musica la chiave di un nuovo mutamento, la si trova nel Werther di Goethe, nelle “Affinità elettive”, nella poesia di Leopardi e in quella di Baudelaire. L´amore romantico, la poesia e la musica romantiche.
L´Ottocento è intriso di amore romantico, dove si uniscono i sentimenti e i sensi ed è questo l´amore «privato» che diventa costume pubblico e che tuttora rappresenta uno dei cardini della società moderna.
Quell´amore tuttavia contiene le spore d´un mutamento ulteriore che emerge nella seconda metà del secolo scorso ed è ora nel pieno del suo svolgimento. Deriva proprio dal «privato», dalla sopravvenuta libertà sessuale, dall´accentuarsi dell´elemento sessuale e dalla liberazione della donna e del suo accesso al lavoro fuori casa.
L´amore romantico non è scomparso ma è divenuto mobile. Sempre più raramente dura per tutta la vita. Si realizza nella fase iniziale dell´innamoramento, si trasforma dopo qualche tempo in affetto e poi in amicizia. Infine la coppia si scompone e si ricompone con altri soggetti e altri innamoramenti. Sono segmenti di amore romantico al posto della linea retta dell´amore ottocentesco.
È a questo punto che l´amore verso l´amore riacquista peso e può – potrebbe – intrecciarsi alla solidarietà laica e alla «caritas» cristiana verso il prossimo, con uno spessore sociale in grado di soverchiare l´egoismo esasperato e l´amore egolatrico verso il proprio ombelico.
Questa è la scommessa affidata al futuro: un mondo dove l´essere assume una curvatura erotica capace di avere la meglio sull´istinto del potere.

La Repubblica 03.10.10

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