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"I conti pubblici sotto il tappeto", di Tito Boeri

Singolare democrazia la nostra. A Bruxelles nell´Eurogruppo il governo sta da mesi negoziando una riforma del Patto di Stabilità e Crescita che presumibilmente imporrà al nostro Paese di varare nei prossimi anni Finanziarie molto, molto impegnative. Al loro cospetto la manovra varata in primavera sembra un ritocco. Il 29 settembre, lo stesso giorno in cui il presidente del Consiglio si presenta alla Camera per chiedere il voto di fiducia dopo la crisi nella maggioranza, la Commissione formula la sua proposta.

Prevede che il nostro Paese riduca il debito pubblico di circa 50 miliardi ogni anno nei prossimi 10 anni e poi prosegua con aggiustamenti di un´entità che si riduce gradualmente nel corso del tempo fino a riportare il nostro debito pubblico al 60 per cento del pil, come era attorno alla metà degli anni ´70, 35 anni fa. Con gli attuali tassi di interesse e gli scenari di crescita (fiacca) della nostra economia che vengono da tutti condivisi, compreso il nostro governo, questo aggiustamento comporterà un avanzo primario (il surplus di bilancio senza tenere conto della spesa per interessi sul debito pubblico) di circa il 5 per cento del prodotto interno lordo.
Non si tratta di un obiettivo irraggiungibile (ci siamo arrivati nel 1997, nel 1998 e ancora nel 2000), ma certo impegnativo. Si noti che la Decisione di Finanza pubblica appena presentata dal governo contempla avanzi primari mediamente inferiori al 2 per cento per i prossimi tre anni e, non a caso, si limita a stabilizzare il debito ai livelli del 2009, non certo a ridurlo. Quindi si prospetta una manovra complessivamente di circa 9 punti di pil in 3 anni. Se questa riduzione del debito non verrà conseguita da qui a tre anni, recita sempre la proposta della Commissione, il nostro Paese dovrà pagare una sanzione che, negli scenari prospettati dal governo, potrebbe ammontare a più di un punto di pil (lo 0,2 per cento più un decimo dello scostamento, quindi lo 0,9 per cento, per un totale dell´1,1 per cento del prodotto interno lordo).
Se il governo dovesse reggere fino alla fine della legislatura, sarebbe chiamato a modificare profondamente l´indirizzo di politica economica sin qui seguito, puntando su di una più forte crescita della nostra economia e su interventi di contenimento della spesa pubblica e di contrasto all´evasione ben più incisivi di quelli varati sin qui (le entrate nel 2010 vanno male come certificato in questi giorni dall´Istat). Eppure nel documento che prospetta il programma di fine legislatura della nuova-vecchia maggioranza non c´è alcun cenno a una strategia di rientro del debito. Negli interventi alla Camera e al Senato del presidente del Consiglio, prima della richiesta del voto di fiducia, non si trova alcun cenno a questo problema. Né si è ritenuto di parlare direttamente agli italiani. Nella sua lunga intervista su queste colonne del 4 settembre, il ministro dell´Economia ha parlato di tutto (anche di dettagli sulle procedure di bilancio poco accessibili a chi non è cultore della materia) tranne che di questi impegni gravosi che stavamo prendendo a livello europeo.
Lo spazio televisivo ampiamente concesso a esponenti della maggioranza in questi mesi non è mai stato utilizzato per informare gli italiani delle scelte difficili che ci attendono. Si è parlato di case monegasche, di giudici, di rom e di sole padano. Al debito pubblico neanche un riferimento che sia uno. E non parliamo degli interventi nelle piazze e nei capannelli, ormai destinati solo a barzellette “politically incorrect”. Anche quelle contribuiscono a distogliere l´attenzione dai problemi veri.
Ci sono tre possibili interpretazioni di questo strano comportamento. Diciamo subito che nessuna di queste ci rassicura.
La prima è che il governo sia convinto di non farcela a sopravvivere da qui alla fine della legislatura e, dunque, sia intenzionato a scaricare la patata bollente al prossimo esecutivo, quello che verrà dopo le elezioni. Ciò significa che, chiunque andrà al governo, dovrà subito prendersi carico di manovre del tipo di quelle varate nella prima metà degli anni ´90. Da chiedersi come la maggioranza potrà presentarsi agli elettori lasciando questa eredità, ma non mancano certo capacità comunicative nell´attuale maggioranza.
La seconda interpretazione è che il governo conti in una non-applicazione di queste regole, sia convinto che pacta sunt … violanda. Vero è che le regole sono state introdotte soprattutto per porre dei limiti ai comportamenti dei paesi più piccoli dell´area Euro. Vero anche che sin qui il Patto, nelle sue diverse edizioni, ha imposto sanzioni politiche solo a paesi relativamente piccoli ed è crollato proprio quando Francia e Germania si sono ribellate all´apertura della procedura per disavanzo eccessivo nei loro confronti. Il governo, quindi, non si preoccuperebbe di queste scelte che maturano a livello europeo perché ritiene che queste regole non verranno di fatto mai applicate all´Italia.
Lo scarso peso che l´Italia ha mostrato in questo negoziato (ha cercato invano di allargare la nozione di debito al debito privato per alleggerire l´aggiustamento a noi richiesto) non sembra tuttavia deporre a favore di questa ipotesi. Inoltre è molto pericoloso contare su regole fatte solo per non essere applicate. Quelle regole vengono introdotte proprio per proteggere paesi ad alto debito pubblico dal contagio di crisi maturate altrove.
La terza interpretazione è che il governo conti di ridurre solo il debito lordo, non il debito netto. In altre parole, penserebbe a nuove operazioni di finanza creativa, come le cartolarizzazioni del primo Tremonti. Sono operazioni che portano ad un´immediata riduzione del debito sacrificando entrate future, come abbondantemente sperimentato in questi anni. Siamo ancora qui a contare le centinaia di milioni di euro perse con operazioni come Scip1 e Scip2, di cartolarizzazione degli immobili pubblici. Ci sembra davvero impossibile che il Consiglio Europeo, nel varo della riforma possa accettare che il debito venga definito in questo modo responsabile nei confronti delle generazioni future.
Ognuna di queste interpretazioni è, a suo modo, inquietante. Per favore allora datecene un´altra. Una quarta o una quinta. Vorremmo dormire sonni tranquilli.

La Repubblica 06.10.10