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Riforma Gelmini, il 43 % dei ricercatori non salirà più in cattedra per protesta

Su 863 ricercatori dell’Università di Palermo, 485 si dicono «non disponibili» a svolgere attività non previste dal contratto, come la didattica, in segno di protesta contro il disegno di legge Gelmini. A questi si aggiungano 239 ricercatori su 629 dell’ateneo di Messina e 200 su 649 a Catania. Il «no» raggiunge dunque una media del 43 per cento. I dati sono stati forniti dalla Flc-Cgil Sicilia. Il sindacato sottolinea che è a rischio il regolare avvio delle lezioni e la qualità dell’offerta formativa, mentre molti corsi di laurea partiranno senza una copertura degli insegnamenti fondamentali. «Sono i ricercatori a tenere in piedi il sistema universitario italiano», dice Giusto Scozzaro, segretario della Flc Cgil, «il loro problema è quello di una stabilizzazione e di un’attività basati su requisiti certi. Chiediamo il blocco della riforma, che peggiora la qualità della formazione e riduce i finanziamenti».

PROTESTA – Atenei siciliani in stato di agitazione e inizio delle lezioni rinviato a metà ottobre a Palermo e Messina, mentre a Catania le lezioni slitteranno al primo novembre solo alla facoltà di Architettura. Si annuncia una settimana di mobilitazione per studenti, ricercatori e docenti contro il disegno di legge Gelmini sull’Università. È quanto emerso nel corso della incontro sui problemi delle università siciliane organizzata dalla Cgil Sicilia e Flc-Cgil. Per il 6 e 7 ottobre la Flc-Cgil annuncia volantinaggi e sit-in nelle piazze, mentre giorno 8 ottobre nelle città siciliane si svolgerà la manifestazione degli studenti delle scuole, a cui il sindacato ha assicurato la propria adesione. Dall’8 ottobre la Flc-Cgil ha proclamato «lo sciopero della prima ora» nelle scuole, che si ripeterà ogni quindici giorni fino a dicembre. Flc e Cgil hanno illustrato le difficoltà degli Atenei siciliani come «buchi» didattici in materie importanti dovuti al blocco del turnover, tetti degli incarichi a contratto, mancato riconoscimento di mansioni e carichi di lavoro dei ricercatori precari, sottolineando il rischio del rinvio dell’anno accademico. «Chiediamo uno stop della riforma», dice il segretario Cgil Sicilia Mariella Maggio, «la nostra preoccupazione è che nell’instabilità del governo nazionale passi una riforma che peggiora la qualità dell’offerta formativa universitaria: c’è bisogno di un sistema accademico», conclude, «effettivamente legato al mondo del lavoro e un percorso di carriera certo per i ricercatori».

Corriere del Mezzogiorno 06.10.10