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"L’Aquila libera dalle macerie. Basta aspettare fino al 2079", di Jolanda Buffalini

Sessantanove anni, un’esistenza intera dalla culla alla vecchiaia, almeno fino a quando non si avvererà la promessa del premier Berlusconi di prolungare la vita a 120 anni. 69 anni è il tempo, secondo Legambiente, necessario per eliminare i cumuli di macerie che paralizzano L’Aquila e gli altri paesi del cratere, ai ritmi attuali di smaltimento.
«Macerie anno zero» a 18 mesi dal sisma del 6 aprile 2009, sostengonoVittorio Cogliati Dezza e Angelo Di Matteo. «Errori e omossioni», per gli esponenti ambientalisti, hanno prodotto l’esasperante lentezza che «toglie ai cittadini la speranza
di rientrare a casa». «Indecisioni e incertezze», secondo Legambiente, insieme a errori di calcolo, sono all’origine di questa tragedia.
«La stima dei calcinacci è – secondo la Regione – di 2 milioni e
650mila metri cubi, di cui uno e mezzo solo a L’Aquila ma i conti non tornano». A Villa Sant’Angelo, per esempio, la stima ufficiale è di 28mila metri cubi, mentre secondo gli abitanti è di 40mila.
C’è il problema dello stoccaggio con l’unico sito, la discarica ex Teges, ormai quasi colmo. «Il ministro Prestigiacomo – dice Legambiente – si era impegnata, il 9 luglio, a prendere in mano la situazione ma, 9 mesi dopo, non è successo nulla» e si discute ancora su sei siti individuati allora. Esiste, però,
una legge, la 203 del 2003 che impone il 30% di materiali riciclati negli appalti pubblici e nel settore edile, «totalmente disapplicata». A L’Aquila, dice il responsabile abruzzese
di Legambiente, Angelo Di Matteo, «non c’è un metro cubo di
aggregato riciclato prodotto dal trattamento delle macerie». E invece proprio la «realizzazione di impianti di riciclaggio darebbe forte impulso a un’imprenditoria innovativa riducendo la necessità di nuovi siti e nuove cave». Legambiente chiede finanziamenti adeguati e procedure rapide di trasferimento ai comuni.
Il dramma quotidiano di chi si trova di fronte al problema delle macerie lo racconta Maria Raniello, funzionaria della soprintendenza, perché il problema è certo di tempo ma anche di qualità e di certezze. «Una pietra lavorata, un cornicione, una
finestra, li conserviamo, certo, ma cosa dobbiamo fare delle pietre da costruzione antiche?». Non c’è un programma di ricostruzione, le indicazioni sono ambigue, gli abbattimenti sono stati fatti come veniva, con colonnine e capitelli finiti sotto
cumuli di detriti. Poi: «Il proprietario potrà sempre chiedere perché siano state buttate via le pietre della sua casa». Però, il povero dipendente della nettezza urbana, dopo un po’ che si piega a raccogliere materiali pesanti, reagisce: «Dottoré, non è
che esagera?» e «Ha ragione, perché non ci sono regole a cui appigliarsi».
Sulle pietre scolpite, due esponenti dell’assemblea cittadina, Antonio Gasbarrini e Giusi Pittari, hanno presentato un esposto, perché lasciate a cielo aperto, chiunque se ne può apappropriare.
E la funzionaria conferma: «Si pensa a contenitori allarmati,
perché ci sono posti dove le itte si caricano le pietre e se le portano. Ma «nessuno decide». Luigi Fabiani fa parte dell’assemblea cittadina ma è anche presidente dell’Asm, la municipalizzata che si occupa di rifiuti e macerie. Aggiunge
problema a problema: «Ha presente le formiche? Noi stiamo
raccogliendo sasso a sasso, però far i detriti c’è il gesso che è un rifiuto speciale, tossico, si produce percolato ». Fabiani si dice d’accordo con l’istallazione di impianti sulla base di un piano industriale. Il presidente Gianni Chiodi ha convocato per il 14 i sindaci, ma «quello che manca è una legge. Quella che avrebbe dovuto fare la Regione e che invece stiamo facendo noi, con
iniziativa popolare».

L’Unità 07.10.10