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"Intervista a Manuela Ghizzoni: «Senza fondi Gelmini dovrebbe dimettersi»", di Jolanda Bufalini

La parlamentare Manuela Ghizzoni, battagliera capogruppo Pd in commissione Cultura, assieme al segretario Pier Luigi Bersani ieri ha incontrato una delegazione di ricercatori e studenti. Riforma senza copertura finanziaria.
Il re è nudo? «Non vorrei che qualcuno avesse la memoria corta: risale a due settimane fa il siparietto di Mariastella Gelmini con Giulio Tremonti che assicuravano che le risorse ci sono. Ora il governo ha smentito il suo ministro e io spero che il ministro sia conseguente».
Cosa significa conseguente? «Gelmini ha messo la faccia su questa riforma. Io mi dimetterei».
Cosa significa la mancanza di soldi? «Sono senza copertura due emendamenti del governo, quello che prevede 9000 assunzioni straordinarie in sei anni (misura per noi largamente insufficiente) e quello che prevede la restituzione degli scatti stipendiali per le fasce più basse di reddito. Erano gli emendamenti grimaldello per il via libera alla riforma».
Ma mancano anche i soldi per il funzionamento ordinario degli atenei? «C’è una voragine nelle casse dello Stato per l’università: un miliardo e 350 milioni sottratti dal governo. Ma così le università porteranno i libri in tribunale. Gelmini dichiara: “mi impegno per gli stipendi”. Non basta, il maltolto va restituito».
Come? «Trovare i soldi per l’università è una scelta politica. Vendano le frequenze rese libere dal passaggio al digitale».
La riforma non è necessaria? «Abbiamo sventato il colpo di mano di una legge frettolosa che la maggioranza voleva portare in Aula il 4 ottobre. Ma non ci sto a passare per una reazionaria che tiene bordone alle baronie locali».
Perché una riforma così importante non appassiona l’opinione pubblica? «Nessuno può chiudere gli occhi di fronte a meccanismi non limpidi di selezione e le nostre proposte sono scritte, nero su bianco. Ma se l’opinione pubblica è sospettosa è anche perché su questo ha lavorato il governo, raccontando atenei in mano alle baronie e ai concorsi truccati ».
Bisogna distinguere fra eccellenze e mediocrità? «Bisogna riconoscere che in Italia c’è una buona media, altrimenti non si spiegherebbe perché tanti nostri giovani sono appetibili all’estero, soprattutto considerando che siamo il fanalino di coda per investimenti ».
Quale differenza fra i due schieramenti? «Nella delega al governo, articolo 5, lettera C, si prevede la revisione, la riduzione dell’organico, non il miglioramento. Noi siamo per investire nel capitale umano e i 4000 concorsi a ricercatore che si stanno svolgendo, risalgono al governo Prodi. Siamo per incrementare senza ope legis ma con la possibilità della progressione di carriera per chi vi lavora».

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“L’università scende in piazza, «Avete commissariato il sapere»”, di Gioia Salvatori
Da Roma a Bari, da Pavia a Firenze la protesta di studenti, ricercatori e dottorandi. Sott’attacco la coppia Gelmini e Tremonti. Pier Luigi Bersani: «La riforma dell’istruzione umilia gli atenei»

Di un contentino nel milleproroghe non si accontentano. Vogliono che il ministro dell’Istruzione, con tutto il governo, vada a casa, perché «questa riforma Gelminator non l’ha scritta da sola». Hanno facce giovani, magliette con su disegnati mattoni, caschi gialli da cantiere in testa, catene di carta stagnola al collo: simboli del muro dell’ignoranza da abbattere, dell’università-cantiere di sapere, dell’università distrutta dai tagli. Del ministro Tremonti non si fidano neppure quando dice, mentre anche Lega e pezzi del Pdl premono, che «per l’università ci sarà il massimo dei fondi possibili nel decreto di fine anno». Contestano il metodo: «non vogliamo gli avanzi, l’istruzione pubblica deve essere priorità». «Soldi all’università non alle bombe» è uno dei leit motiv di una lunga giornata di contestazione universitaria, con tanto di blocchi del traffico a Roma centro per un corteo non autorizzato e lanci d’uova contro la sede della conferenza dei rettori (Crui) da parte di un manipolo di collettivi. Ieri tremila studenti, ricercatori e dottorandi sono giunti da tutta Italia in piazza Montecitorio a Roma, aderendo al sit-in indetto da Udu e Flc Cgil a cui hanno partecipato anche i Giovani Democratici, per protestare contro la riforma dell’università e chiedere le dimissioni della Gelmini. Non fa niente se il ddl, che ieri doveva andare in Aula, arriverà solo dopo la Finanziaria: lo stop di Tremonti al ddl per assenza di copertura galvanizza la piazza: «È un chiaro segno dell’incapacità di questo governo», dicono gli universitari. «La Gelmini è commissariata da Tremonti, ora va aperto un confronto sui mali dell’università e un percorso fatto di assemblee per scrivere una riforma tutta diversa. Una riforma che prima di tutto tenga fuori i privati dall’università pubblica», dice Giorgio Paterna, coordinatore nazionale dell’Udu. È tra i primi ad arrivare in piazza insieme ai colleghi di Torino, «Sai che in Piemonte l’Edisu rischia di diventare un ente inutile tra un anno?».È l’ente regionale per il diritto allo studio del Piemonte, punta d’eccellenza nel settore, noto per erogare copertura totale delle tasse universitarie agli studenti con Isee fino a 18mila euro; inoltre finanzia case per studenti e mense universitarie che rischiano di chiudere per via di un taglio che riduce i fondi da 22 milioni a 7: la presidente si è già dimessa. Il Politecnico a Torino è occupato come Ingegneria a La Sapienza, la rabbia è tanta nelle facoltà scientifiche. E poi ci sono gli studenti di Pavia e Urbino «disposti a fare sacrifici, ma il governo deve garantire fondi a ciò che è importante sia pubblico: la sanità e l’istruzione»; ci sono i sardi arrivati in aereo e gli aspiranti architetti de La Sapienza, i più fantasiosi. Nel pomeriggio mettono all’asta una ricercatrice: si va a ribasso, dai 500 euro del bando iniziale viene aggiudicata per «un rimborso spese». Speranze nel futuro poche e non si può neppure andare all’estero: a Daniele tre università londinesi hanno bocciato la richiesta di master. La motivazione? La laurea triennale che avrà in mano non gli darà adeguati strumenti tecnici, non attesta la capacità di uso dei programmi di progettazione, a Londra è carta straccia. A fine giornata si rilanciano assemblee in tutto il paese e i due cortei studenteschi di domani a Roma, dove i ragazzi saranno accanto agli operai della Fiom. Arriveranno da tutta Italia, si dice, e anche ieri la mobilitazione è stata nazionale. A Bari i ricercatori hanno bruciato in piazza i loro curriculum, a Pavia corteo per le vie del centro, a Firenze lezioni di medicina davanti all’ospedale Careggi, a Pisa occupato il Rettorato. Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani, che ieri ha incontrato una delegazione di universitari e ricercatori, non ha dubbi: «La riforma degli atenei viene vissuta come fumo negli occhi dalle forze vive dell’università. Volerla approvare è fuori dal mondo». Poi rilancia la proposta affidata alle colonne del Corriere della Sera e propone al governo la vendita delle frequenze digitali libere per finanziare gli atenei.

da www.unita.it

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Messaggero: Sit-in a Montecitorio, al via le occupazioni. I rettori: serve un miliardo
15-10-2010

di ALESSANDRA MIGLIOZZI
ROMA – I soldi per l’università e per i concorsi per i ricercatori saranno trovati e arriveranno entro la fine dell’anno. Dopo aver intimato l’alt alla riforma Gelmini perché priva di coperture economiche, ieri il ministro dell’Economia Tremonti ha rassicurato sull’intenzione di reperire comunque le risorse mancanti: da parte del governo, ha detto, c’è l’impegno «a mettere quanti più soldi possibili sull’università. Sappiamo quanto significano queste voci, ma si deve agire con lo strumento tecnico disponibile, che non è la legge ordinamentale, ma una legge economica di bilancio». Pace fatta, dunque, fra il responsabile del Tesoro e la collega Gelmini, che comunque non ha digerito lo stop al suo ddl tanto che ha messo la palla in mano a Tremonti spiegando che la riforma c’è ed è «innovativa», ma spetta all’Economia decidere se coprirla o meno. Bossi dà fiducia al capo del Tesoro: «I soldi ci sono, alla fine si troveranno». Ma la maggioranza resta guardinga: i finiani sono pronti a far saltare il ddl se resta senza coperture. E la pidiellina Valentina Aprea, presidente della commissione Cultura, dice «bene le rassicurazioni ma noi continuiamo a sostenere il ministro Gelmini. Quindi aspetteremo la legge di stabilità e il milleproroghe per vedere se saranno soddisfatte le nostre richieste. Solo a quel punto daremo il via libera alla riforma dell’università». Intanto gli atenei si preparano allo sconquasso se i fondi non arriveranno. Quanti soldi servono lo dice Enrico Decleva, presidente della Conferenza dei capi di ateneo, la Crui, e rettore della Statale di Milano: «Per impedire il collasso delle università serve 1 miliardo considerando che per il 2011 solo sul fondo ordinario è previsto un taglio di 1,3 miliardi a cui vanno aggiunti i 139 milioni in meno per le borse di studio e i soldi tagliati alle università non statali. Apprezziamo le dichiarazioni di intenti di Tremonti, ma avranno valore, a questo punto solo quando ci sarà una quantificazione delle risorse. Ci siamo già scottati una volta, due settimane fa, quando avevano garantito fondi per la riforma». Senza certezze gli atenei non potranno fare i bilanci preventivi per il 2011 che sarebbero in programma già a partire della prossima settimana. «A malapena riusciamo a chiudere il consuntivo del 2010- aggiunge Decleva- perché i soldi di quest’anno non sono arrivati tutti». Ma se i rettori chiedono soldi e riforme la ‘base’ non li segue sul sì al ddl Gelmini. Ieri studenti, docenti e ricercatori hanno chiesto a gran voce, con un sit-in a Montecitorio, il “ritiro” del testo e dei tagli e «le dimissioni del ministro che ormai non è più credibile, è ostaggio di Tremonti». Uno spezzone dei manifestanti ha contestato i rettori sotto la sede della Crui. L’Unione degli universitari annuncia presidi a oltranza, negli atenei sono cominciate le occupazioni. «In 25mila sepolti vivi nella Gelminiera», hanno scritto su uno striscione i ricercatori di Ingegneria della Sapienza. I loro colleghi di Pavia, invece, sono arrivati a Roma con i caschi gialli: «Vogliamo ricostruirla noi l’università», hanno spiegato mentre gli studenti recitavano un Ave Gelmini, una preghiera per chiedere risorse.Alcuni universitari di Firenze sono scesi in piazza vestiti da fantasmi per simboleggiare la «morte della ricerca, del diritto allo studio, dell’università» decretata dalla riforma. Insieme alla contestazione i manifestanti hanno portato avanti le loro proposte. «Noi abbiamo delle idee e chiediamo che siano ascoltate – spiegano dalla Rete 29 Aprile che raccoglie decine di ricercatori – Vogliamo anche noi la riforma del sistema, ma non questa e chiediamo al governo di ascoltarci».
«Occorre ripristinare subito i fondi altrimenti molti atenei rischiano di chiudere e non poter pagare gli stipendi- ha spiegato in piazza il segretario della Flc Cgil, Mimmo Pantaleo- la riforma va rivista, così com’è è sbagliata. Ora che c’è stato lo stop bisognerebbe aprire un confronto». La piazza ieri ha tenuto lontani i politici. Fini è stato fischiato mentre passava a distanza per entrare alla Camera. Mentre il segretario del Pd Bersani non ha incontrato gli studenti per motivi di sicurezza, avvertito dai suoi che c’erano alcuni manifestanti pronti alla contestazione

dal Messaggero