politica italiana

«Maggioranza in agonia», di Massimo Giannini

Il processo di “balcanizzazione” del centrodestra compie un ulteriore salto di qualità. In un solo giorno si moltiplicano gli strappi sul già logoro tessuto politico che dovrebbe tenere insieme il governo per l´intera legislatura. In Parlamento Schifani e Fini rompono sulla legge elettorale. A Palazzo Chigi i ministri rompono con Tremonti sulla finanza pubblica. Al Senato il Pdl rompe con se stesso sul Mezzogiorno. Tre indizi, stavolta, fanno una prova: questa maggioranza non regge più.
Eppure, proprio mentre agonizza, il «berlusconismo da combattimento» diventa più dannoso. Lo dimostra l´ultimo blitz sulla bugiarda «riforma della giustizia» in arrivo: una norma che prevede l´obbligo per la Consulta di deliberare con una maggioranza dei due terzi in tutti i casi in cui si giudichi l´incostituzionalità su una legge. Un´altra misura eversiva: limiterebbe drasticamente l´autonomia dei giudici e squilibrerebbe una volta di più il bilanciamento dei poteri. Un´altra norma ad personam: per il passato, avrebbe impedito la bocciatura del vecchio Lodo Schifani, e per il futuro potrebbe impedire la bocciatura del nuovo Lodo Alfano. C´è solo da sperare che, nella totale entropia della fase, salti anche questa ennesima manomissione dei principi repubblicani.
La rottura sul «Porcellum» è preoccupante. La bega procedurale non riflette più solo un dissenso politico, ma si traduce in un conflitto istituzionale. Il presidente del Senato «avoca» a sé il dibattito sulla nuova legge elettorale, con l´intenzione di frustrare le velleità riformatrici del presidente della Camera. Fini vorrebbe modificare a Montecitorio la «porcata» di Calderoli, per consentire agli italiani di tornare a votare con una legge elettorale più giusta, che tolga alle segreterie di partito il «potere» di nominare i propri parlamentari e restituisca ai cittadini il «diritto» di scegliere i propri rappresentanti. Schifani glielo impedisce, ancorando il confronto nelle sabbie mobili di Palazzo Madama, perché in ossequio ai voleri del Cavaliere preferisce che gli italiani votino con questa pessima legge elettorale. Il risultato, oltre alla spaccatura orizzontale tra Pdl e Fli, è una frattura verticale tra la seconda e la terza carica dello Stato.
La rottura sulla Legge di stabilità è devastante. I «tagli lineari» del ministro dell´Economia affondano non tanto sulla pelle sottile degli altri dicasteri, ma nella carne viva della società italiana. Scuola e università pagano il conto più salato della recessione. Ma è l´intero Sistema-Paese che, senza ossigeno, è a un passo dall´asfissia. Tremonti tiene sotto scacco il governo: in Europa è tornata la tensione sui debiti sovrani, e si teme la «seconda ondata» della tempesta perfetta. L´Italia è ad altissimo rischio: non ha un euro da spendere, e nei prossimi tre anni la Ue esigerà manovre per 9 punti di Pil. Ma la linea del rigore assoluto, se può premiare a Bruxelles, è ormai insostenibile a Roma. Non si governa dicendo solo «no». Neanche (o soprattutto) in tempi di crisi. Il «genio dei numeri» avrebbe dovuto costruire una exit strategy per lo sviluppo. Non l´ha fatto. E oggi è troppo tardi. La «speranza» non c´è più. È rimasta solo la «paura». Il governo non è più in grado di costruire consenso intorno a un progetto di crescita dell´economia e della società italiana.
La rottura sui crediti d´imposta al Sud è promettente. In Senato, ancora una volta, si è formato l´embrione di una maggioranza diversa, intorno ad un emendamento presentato dal gruppo «Io Sud», votato da finiani, Pd, Mpa e alcuni senatori del Pdl. Per il Cavaliere è una calamità. Per il Paese può essere un´opportunità. Fuori dal disperato perimetro berlusconiano, c´è forse una maggioranza alternativa. Per bloccare nuove leggi ad personam ed altri sabotaggi agli organi di garanzia. Per far passare una legge sul conflitto di interessi. Per cambiare la legge elettorale. E magari per sostenere, nel pieno rispetto della Costituzione, un governo che si dia proprio quell´unica missione, e poi riporti gli italiani alle urne. Non si vede altra via, per uscire da questa livorosa e pericolosa decomposizione del «corpo mistico» berlusconiano.

da www.repubblica.it