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"«Per la riforma una corsia preferenziale». Il Pd teme la trappola «Pronti per votare»", di Simone Collini

Bersani sospetta che dietro il niet di Schifani a Fini ci sia la volontà di far finire su un binario morto la riforma elettorale. Il leader del Pd lavora alla strategia delle alleanze in vista di un possibile voto in primavera.
Finocchiaro: «Maggioranza e governo non stanno più in piedi». D’Alema: «Normale che Bersani dialoghi con Vendola e Udc»

«Speriamo che non sia un modo per non cambiare la legge elettorale». Pier Luigi Bersani, racconta chi ci ha parlato dopo l’arrivo della risposta di Renato Schifani a Gianfranco Fini, concede il beneficio del dubbio al presidente del Senato. Il leader del Pd non si spinge a dire esplicitamente, come fa il capogruppo dell’Idv Felice Belisario, che «la maggioranza punta solo a insabbiare una vera riforma». Ma tra i Democratici è più di un semplice sospetto che dietro la volontà di mantenere la discussione nel ramo del Parlamento in cui Pdl e Lega sono autosufficienti ci sia il tentativo di far finire la discussione su un binario morto senza neanche farla arrivare alla la Camera, dove invece i finiani sono determinanti. Il centrosinistra attende Schifani alla prova dei fatti, sfidandolo cioè a mettere la riforma su una corsia preferenziale. E comunque quel che è certo anche alla luce di questo braccio di ferro tra Fini e Schifani, dice Anna Finocchiaro, è che «maggioranza e governo non stanno più in piedi» e che è meglio se cedono il passo a chi vuole «restituire ai cittadini una sovranità reale».

AGGREGARE E ALLARGARE
L’ipotesi di un governo tecnico che permetta di cancellare il “porcellum” per andare poi al voto è sempre l’obiettivo principe. Ma il Pd si tiene pronto per ogni evenienza, compresa quella di andare alle urne con questa legge elettorale.
Da qui il lavoro di Bersani per «aggregare e allargare». Ovvero, dar vita al Nuovo Ulivo insieme a Sinistra e libertà e Idv e aprire un confronto con l’Udc. L’avvio di dialogo tra Bersani e Nichi Vendola viene giudicato «naturale» da Massimo D’Alema: «Il Pd sta lavorando opportunamente sulla linea di Bersani, che è quella di costruire una coalizione tra tutte le forze dell’opposizione», dice il presidente del Copasir. «È normale che il leader del maggiore partito di opposizione cerchi il dialogo con tutte le forze dell’opposizione».Eallora devono stare tranquilli quelli che paventano uno spostamento a sinistra del Pd. Primo perché «se Vendola fosse un interlocutore pericoloso» non sarebbe stato eletto «per due terzi» con i voti del Pd («tra l’altro la Puglia è la regione meglio governata del Mezzogiorno, dopo forse solo la Basilicata»). E secondo, «se tra cinque giorni succederà, come è già successo in passato, che Bersani incontrerà Casini, questo non dovrà suscitare l’idea che il Pd si stia spostando troppo a destra».
L’incontro con Vendola diversi malumori li ha però suscitati. Anche perché viene giudicata «demenziale», come fa il veltroniano Giorgio Tonini, l’ipotesi del governatore pugliese di un governo «di scopo» che si occupi di legge elettorale e non di economia. E lo stesso tentativo di Bersani di lavorare sia sul fronte della sinistra radicale che su quello dei centristi suscita perplessità in Sergio Chiamparino: «Apprezzo gli sforzi per dire “mai più Unione”, bisogna solo stare attenti perché l’Unione potrebbe presentarsi come eterogenesi dei fini». Dice il sindaco di Torino, presentando il suo libro “La sfida” insieme a Walter Veltroni: «L’Unione può diventare, di là delle intenzioni, il prodotto di unpercorso politico in cui “con chi” metterci d’accordo viene prima di “su cosa” metterci d’accordo». E l’ex segretario, oltre a dire che «la democrazia in Italia è a rischio» perché «una democrazia in cui il governo non ce la fa e l’alternativa non c’è è a rischio», critica le alleanze «costruite solo contro un nemico».

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«Riforma voto, è lite istituzionale Fini a Schifani: al Senato si arenerà», di Silvio Buzzanca
No di Palazzo Madama al “trasloco”. Pd: maggioranza finita. Dal Pdl bordate al presidente di Montecitorio: “Giudizi abnormi, non è imparziale”. Casini (Udc): prendo atto che l´esigenza di cambiare è avvertita da tutti

ROMA – Guarda Gianfranco che della legge elettorale ce ne occupiamo noi al Senato. Risposta ineccepibile Renato, ma so già che non ne farete nulla. Il tono del dialogo fra il presidente del Senato e quello della Camera non è questo. È più garbato, ma la sostanza è quella di uno scontro durissimo fra Palazzo Madama e Montecitorio, fra la seconda carica dello Stato e la terza.
A rompere il tran tran parlamentare del giovedì è arrivata infatti ieri la risposta di Schifani alla lettera di Fini con cui chiedeva, causa eccessivo carico di lavoro della commissione Affari costituzionali del Senato, di trasferire a Montecitorio il dibattito sulla legge elettorale. Il presidente del Senato, sentito il presidente Carlo Vizzini, fa sapere al collega, «di aver avuto ampie garanzie dal presidente della Commissione Affari costituzionali sulla possibilità di proseguire nell´esame della legge elettorale». Il presidente del Senato ricorda poi a Fini che della questione il Senato se ne occupa dal 22 dicembre del 2008 e che il 2 dicembre del 2009 Palazzo Madama ha votato una mozione presentata da Anna Finocchiaro che includeva la legge elettorale fra le riforme istituzionali da discutere al Senato.
Fini ci pensa un po´. E alla fine affida ai suoi più stretti collaboratori una risposta al vetriolo. «È ineccepibile la risposta del presidente del Senato, nell´ambito del leale rapporto di collaborazione tra i due rami del Parlamento», dice il presidente della Camera. «Ma è altrettanto evidente – aggiunge – che c´è una questione politica, perchè risulta difficile pensare che il Senato manderà avanti davvero la riforma della legge elettorale».
Una bomba che scatena la reazione furibonda del centrodestra e aggiunge un nuovo capitolo alle “malefatte” di Fini nei confronti del Pdl. «Fini ha pronunciato giudizi abnormi sul Parlamento ed è evidente ormai che ha trasformato l´aula della Camera in “un bivacco di manipoli”, commenta Osvaldo Napoli. Secondo il vicepresidente del Pdl alla Camera, «mai si era mai visto il presidente della Camera preoccupato del profilo politico di una materia parlamentare come è la legge elettorale». Un errore che porta Napoli a chiedere l´intervento di Napolitano: «Le parole del presidente della Camera sono abnormi e un intervento del presidente della Repubblica per rasserenare il clima e le istituzioni sarebbe un segnale da tutti auspicato». Ovviamente nel Pdl c´è grande apprezzamento per la decisione di Schifani, considerato un vero garante delle istituzioni, mentre a Fini viene addebitato il progetto tutto politico e di parte di trasferire la discussione a Montecitorio dove il gruppo di Futuro e Libertà e molto più consistente. Una ricostruzione che non piace a Carmelo Briguglio: «Uno Schifani che sarebbe politicamente asessuato e indipendente dal governo e dagli interessi politici del presidente del Consiglio, è immagine che induce al sorriso», dice il finiano. Gli altri attori politici assistono interessati alla nuova rissa fra Pdl e Fli. Casini, con una buona dose di ironia, osserva: «L´insistenza con cui il Senato ha voluto calendarizzare il dibattito sulle legge elettorale mi conforta: vuol dire che c´è un´esigenza, ormai avvertita da tutti, di superare l´attuale legge». Anna Finocchiaro, presidente dei senatori democratici, dice invece che «lo spettacolo offerto dai presidenti delle Camere, schierati su posizioni diverse e in evidente conflitto politico, è l´ennesima testimonianza del fatto che maggioranza e governo non stanno più in piedi». I leghisti, invece, sono contrari alle modifiche al Porcellum e dicono che non è una priorità.

da www.repubblica.it