lavoro, partito democratico, politica italiana

«Ci siamo anche se non aderiamo», di Stefano Fassina

Perché il Pd non aderisce, ma partecipa con tanti suoi dirigenti, compreso il sottoscritto, alla manifestazione Fiom-Cgil di domani?
Il Pd, dalla sua nascita, non aderisce alle manifestazioni organizzate da altri. Pur partecipandovi con i suoi massimi dirigenti, il Pd non ha aderito agli scioperi generali indetti dalla Cgil nei mesi scorsi, alle manifestazioni del “popolo viola” e, sabato scorso, alla mobilitazione di Cisl e Uil per la riforma del fisco.
Perché? Per una ragione semplice: un partito non è il contenitore di pur legittimi interessi parziali e di pur valide rivendicazioni di movimenti tematici. Un partito è declinazione autonoma, sintesi alta, di interessi parziali e rivendicazioni tematiche intorno ad una visione orientata all’interesse generale.
Aderire alla piattaforma di altri vorrebbe dire rischiare di smarrire sul terreno economico-corporativo l’insostituibile funzione etico-politica distintiva del partito. In altri termini, indebolire la funzione di proposta generale nella rincorsa di domande di rappresentanza parziali.
Aderire no, ma partecipare sì. Perché i movimenti non violenti e democratici sono linfa vitale per un partito di popolo, per una forza radicata nella società. Tanto più lo è per il Pd, il partito fondato sul lavoro, una mobilitazione di lavoratori e lavoratrici colpiti dalla crisi e dalle politiche classiste del Governo Berlusconi.
Certo, nel Pd vi sono sensibilità e valutazioni diverse. È normale in un partito impegnato nell’ardua sfida di consolidare una cultura politica condivisa, in una fase segnata da profonde discontinuità economiche e sociali.
Unafase aggravata da una pericolosissima divisione sindacale che soltanto un riformismo subalterno o a vocazione minoritaria può acconciarsi a risolvere seguendo gli uni piuttosto che gli altri

da www.unita.it