lavoro, partito democratico, politica italiana

«Indietro non si torna», di Conchita De Gregorio

A duecento metri dal Colosseo e altrettanti da piazza San Giovanni si uniscono i due cortei. Sotto la scalinata di una chiesa si incontrano e con ordine si incolonnano le parole DEMOCRAZIA e DiGNITÀ scritte maiuscolo, una persona una lettera, nessuna sigla. Piove poco. Da una casa al terzo piano la musica forte degli Inti Illimani. LAVORO e LEGALITÀ si mettono in fila scambiandosi la lettera L. El pueblo, unido. Applausi alla finestra aperta. A quelli di noi senza ombrello, tanti, i vecchi operai offrono il loro casco rosso della Fiom: tanto noi non ci ammaliamo, ridono.
Guglielmo Epifani al suo ultimo corteo da segretario, «lascio con la speranza che le cose cambino», sorriso breve e gentilmente malinconico, Susanna Camusso al suo fianco, la donna di domani, Cofferati un po’ più indietro, ciao Cinese, gli dicono, il Circo Massimo sembra un secolo fa : «Bisogna tornare indietro per andare avanti», risponde lui. Come restare vicini e lontani. Vedendo questa piazza ho meno paura, dice Vendola. Vedendo questa piazza sento felicità e speranza, dice Landini il segretario Fiom che lo tiene per un braccio.
Irresponsabili, provocatori quelli che hanno invocato il morto: sono ministri. Anche dal palco, Epifani e Landini: Sacconi irresponsabile. A Maroni ci pensa la piazza: manifestanti con cartello al collo, “Infiltrato”. Il servizio d’ordine Fiom alla testa del corteo degli studenti. Slogan degli studenti: «Contro la precarietà esistenziale». Una moltitudine, i ragazzi.
Francesco Caporali, rete Link: non siamo qui solo per solidarietà, siamo qui perché è in gioco il nostro futuro. «Sì ai diritti no ai ricatti», striscione. Pioggia più forte. Bandiere arcobaleno.
«I soldi per la ricerca li fate esplodere in Afghanistan», cartello. «Il lavoro è una guerra », dice dal palco la ragazza di Emergency, applausi. Infermieri con la siringa al braccio.
Ragazze zingare che ballano la danza del ventre, Valentino Parlato che guarda. Lavoratori africani di Rosarno, neri sullo striscione rosso. Le maschere bianche di Eutelia. Un trattore, vero. Berlusconi, un pupazzo: «La crisi c’è ma non per me». Lo abbraccia il pupazzo di Bossi: «L’appetito vien mangiando».
Del Pd visti Marino, Fassina, Vita. Bandiere con Berlinguer, edicole de l’Unità, uno striscione con Marx. Di Pietro coi suoi. Sotto palco Mussi, Ferrero, Diliberto. Delegazione livornese danzante: Vaini (soldi) che fa rima con casini minuscolo. Tramonto col sereno. Centinaia di migliaia di persone: nessuno le conta per far dispetto alla questura. Basta parole, ecco i fatti. Sciopero generale, chiede Roma invasa da un mare di popolo che vuole dignità e lavoro, legalità e giustizia. Sciopero generale ripetono dal palco Landini ed Epifani. Un discorso breve, Epifani. Finisce così: «Questo comizio chiude il mio mandato: sono felice che sia in questa piazza, con la Fiom. Abbiamo discusso, litigato, ma abbiamo sempre cercato quello che ci univa. Il pluralismo è la nostra ricchezza, in questa tempesta è quello che ci dà forza e prospettiva di speranza».
Grazie di questa grande manifestazione democratica e pacifica, dice anche. La violenza, avete visto signori, è roba vostra: è nei vostri volti, nei vostri gesti, nelle vostre parole. Provate a contare dalle foto aeree, siete specialisti dei “rapporti riservati”: scambiateveli, pazienza se la verità non la racconterete mai. Chi c’era lo sa. L’Italia da qui indietro non torna.

da www.unita.it

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«Ovazioni per Vendola in piazza. E Nichi lancia un’Opa a sinistra», di Fabio Martini
Bersani non partecipa ma a sera scrive: «S’è alzata una voce che va ascoltata»

Appena lasciata la solita, ”eterna” piazza Esedra, i metalmeccanici iniziano a sfilare, mantenendosi in un silenzio davvero curioso, interrotto ogni tanto dal suono di qualche fischietto. Neppure uno slogan parte dalla testa del corteo, neanche quando si approda all’altezza della basilica di Santa Maria Maggiore, una curva scenografica che di solito eccita l’”esibizionismo” di tutti i cortei. Ma proprio mentre il serpentone sfila silenziosamente sotto il colle dell’Esquilino, un’improvvisa eccitazione scuote il corteo. Che succede? E’ Nichi Vendola, che si infila proprio lì, accompagnato da una piccola ovazione, che si dilata non appena il governatore di Puglia affianca Maurizio Landini, leader della Fiom. E una grande eccitazione avvolge Vendola quando si avvicina ai lavoratori di Pomigliano, in un tratto di corteo molto più “rumoroso”, dove – qui sì – schioccano slogan, ma non aggressivi: «Chi non salta, Berlusconi, è», «Noi non siamo criminali».

Nella pancia del corteo, Vendola ci sta bene e la sua riconoscibilità non ha paragoni con quella delle sparute “sentinelle” inviate da Pier Luigi Bersani: Stefano Fassina, responsabile dell’Economia e lavoro e Matteo Orfini, ex braccio destro di Massimo D’Alema. E infatti giornalisti e telecamere cercano Nichi e lui non ha remore a mettere il suo “cappello” sul corteo, in una serie di dichiarazioni: «Il centrosinistra non esiste se non mette al centro la questione della dignità del lavoro». Quattro ore più tardi, quando il corteo indetto dalla Fiom si concluderà con un successo organizzativo e senza i paventati incidenti, anche il leader del Pd, Pier Luigi Bersani, si farà sentire. Con una dichiarazione scritta: «La voce che si è fatta sentire pacificamente a piazza San Giovanni va ascoltata. L’unità del mondo del lavoro è una energia indispensabile per costruire una alternativa al governo». Bersani batte un colpo, pur consapevole che è tardi per riequilibrare le assenze fisiche. Tanto è vero che poco più tardi, in tutti i Tg di prima serata – il Tre ma anche l’Uno – appare un Vendola dichiarante, segno indelebile che lui c’era e quelli del Pd avrebbero voluto esserci ma non ci sono stati.

Certo, i protagonisti della manifestazione sono stati gli operai, il 60-70% dei manifestanti, ma dentro il corteo si sono giocate diverse partite “politiche”. La Cgil contro i “padroni”. La Cgil “contro” Cisl e Uil. La Cgil “contro” la Fiom. Ma anche Vendola “contro” Bersani. Un duello a sinistra destinato ad intensificarsi nelle prossime settimane e nel quale – in vista delle Primarie – i due si contenderanno quella estesa area di opinione pubblica di sinistra che preferisce il Pd nella versione di “corsa” rispetto a quella riformista e propositiva. Nel duello a sinistra che lo contrappone a Bersani, Vendola ha provato ieri a lanciare la sua “Opa” su una piazza composita, messa assieme dalla Cgil, una piazza nella quale oltre agli operai metalmeccanici c’erano anche studenti (non moltissimi), ricercatori, precari, movimenti sui beni comuni, pacifisti, femministe. E infatti mentre il corteo sfilava, un personaggio che conosce tutte le anime della sinistra come Sandro Valentini, già segretario di Armando Cossutta oggi dentro il Prc, faceva notare: «Dopo Pomigliano, la Cgil e ancor più la Fiom – in difficoltà per la mancanza di sponde politiche e abbandonate da Cisl e Uil, hanno deciso di politicizzare questa manifestazione, di recuperare consensi in una più vasta area. E hanno avuto ragione».

Ce la farà Vendola ad occuparla lui e solo qui questa zona elettorale e sociale? In corteo ha sfilato Antonio Di Pietro («Qui ci sono lavoratori e non delinquenti») ma la quantità di militanti dell’Italia dei valori, un centinaio, dimostra che per ora non viene da qui una concorrenza temibile per Vendola. Quelli del Pd, fino a ieri mattina sono stati incerti sul da farsi e per ora non sembrano in grado di avere una linea univoca nel rapporto con la Cgil. In piazza si è rivisto Sergio Cofferati, questa volta nella versione di “sinistra”, un personaggio sempre amato dalla base operaia. E a fine manifestazione, oltre a Bersani, si è fatta viva anche Rosy Bindi: «Pensare di costruire l’alternativa a Berlusconi senza questa piazza è semplicemente illusorio».

Ma seguire la Fiom sulla strada dello sciopero generale politico e nella linea dell’isolazionismo rispetto a Cisl e Uil, non sarà impresa semplice per il Pd. Come dimostra anche una durissima dichiarazione di Francesco Boccia, già sfidante di Vendola alle Primarie di centrosinistra: «Non si può continuare a confondere partito e sindacato. Personalmente sono nauseato nel vedere sfilare per qualche ora intellettuali che guadagnano milioni di euro l’anno, ex parlamentari che vivono col vitalizio e che dopo la sfilata davanti alla tv, tornano a casa con le loro autoblù».

da www.lastampa.it

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«Vendola si prende la scena Bersani: piazza da ascoltare», di Andrea Carugati
In piazza una folta delegazione Pd, con Fassina, Cofferati, Damiano. Marino: dovevamo aderire. Vendola accolto da star. «Maroni? I teppisti doveva cercarli
allo stadio», Di Pietro vira a sinistra e attacca Cisl e Uil.

Donatello, Pietro e Nicola, poco più di vent’anni, entrano in piazza San Giovanni tra i primi, sventolando le loro bandiere Pd. Sono praticamente le uniche di tutto il corteo, balzano subito all’occhio. Vengono da Crevalcore, vicino Bologna. «Il nostro circolo ha aderito alla manifestazione», spiega Donatello. «Abbiamo fatto un documento e l’abbiamo anche letto in fabbrica, alla Magneti Marelli. Dove ci sono i lavoratori noi ci dobbiamo stare». Però il Pd, quello grande, non ha aderito. «Lo capiamo, è un grande partito, ci sono tante anime. Diciamo che in futuro ci aspettiamo decisioni più nette, e più serene…».
Concetti chiari, riformismo assimilato nonostante la giovane età. Nel giorno in cui Vendola viene coccolato come una Madonna dalle tute blu, e Di Pietro gongola nel suo gazebo in mezzo alla piazza, le loro tre bandiere sono un segno importante. Bersani a sera farà la sintesi: «Dalla piazza una voce pacifica che va ascoltata, chi ha a cuore l’Italia deve augurarsi che emergano posizioni comuni dal mondo del lavoro. L’unità del mondo del lavoro è un’energia indispensabile per costruire l’alternativa».

COFFERATI “GUIDA” I DEMOCRATICI
La delegazione ufficiale Pd è tra le prime ad arrivare a piazza Repubblica. C’è Sergio Cofferati, quello più a suo agio. La gente lo riconosce e si avvicina, il ricordo del Circo Massimo non si cancella. «O Cinè», lo abbracciano in coro le tute blu di Pomigliano.
«Non possiamo solo sperare che Cgil, Cisl e Uil vadano d’accordo. Servono strumenti di legge per far votare i lavoratori », spiega. C’è Stefano Fassina, giovane responsabile economico, pupillo di Bersani.
Ci sono Cesare Damiano, il dalemiano Matteo Orfini, Vincenzo Vita, Paolo Nerozzi. Ignazio Marino e Michele Meta. Il veltroniano Achille Passoni, ex Cgil («Ma la Fioma Pomigliano ha fatto degli errori»). «Ma come fa Boccia a dirci che siamo opportunisti se veniamo a manifestare? Qui c’è una parte importante delle nostre radici», ragiona Fassina. «Non siamo equidistanti tra i sindacati, stiamo sempre con i lavoratori, anche quando tutto è complicato dalle divisioni sindacali, come adesso…».Ma non rischiate di apparire incerti? «Siamo qui con le nostre idee e proposte, non siamo personaggi in cerca d’autore…». Eppure divisi. «Una cultura politica non si improvvisa », confida Fassina. «Non mi scoraggia e non mi sorprende vedere che nel Pd siamo divisi». In testa al corteo l’abbraccio del leader Fiom Landini ai democratici, nessuna contestazione.
«Sono qui come ponte di collegamento», dice Damiano. «Certo, era meglio partecipare come partito. Qua ci sono lavoratori che guardano a noi, vogliono che li ascoltiamo». «Avrei preferito vedere qui migliaia di nostre bandiere», confida Ignazio Marino. «Ma sono certo che nel Pd siano minoritari quelli che non capiscono il senso di una piazza come questa». Vincenzo Vita sfida chi è rimasto a casa: «Qui ci sono le contraddizioni del presente e del futuro, i precari, i ricercatori, gli operai. Non è l’800, è la modernità. Fioroni e Boccia vengano a vedere…».

VENDOLA ACCOLTO DA STAR
Vendola si prende la scena. Fa un’incursione alla testa del corteo, col caschetto rosso in testa, mani strette e foto ricordo. Poi si sposta, va da quelli di Pomigliano, di Termini Imerese. «L’Italia migliore comincia da loro. Altre foto ricordo, «Sei la nostra speranza», gli gridano. Lui sorride, e si concede il lusso di non polemizzare con il Pd. «Oggi c’è l’unità del popolo, spero che sia propedeutica a quella del centrosinistra…qui si apre davvero il cantiere dell’alternativa». Abbracci con Fassina e Marino, tutti stretti intorno a Epifani e Camusso.
Vendola picchia duro su Maroni: «Non ho capito se il suo allarme si basava su informazioni o desideri. Poteva allarmarsi sulla partita di Genova, i teppisti non li deve cercare tra i lavoratori». Il governatore pugliese si tiene alla larga dagli altri della ex sinistra radicale, Ferrero, Diliberto, Salvi. Che a un certo punto, mentre dichiarano alle tv, vengono “travolti” dai manifestanti: «Fateci passare!».
«Qui c’è l’opposizione, il Pd mostra la sua impotenza», ragiona Ferrero. Anche Di Pietro sta alla larga: «Qui ci sono padri e madri, i delinquenti sono quelli che non li ascoltano o aizzano la violenza. Siamo qui senza se e senza ma, non c’è bisogno di essere comunisti, quella parte del sindacato che si accontenta del tozzo di pane perde un’occasione…».
A sera Francesco Boccia torna all’attacco: «Sono nauseato dalle finzioni.
Era un corteo pieno di intellettuali milionari, ex deputati col vitalizio e politici in auto blu». Landini lo incenerisce: «Ci vuole rispetto».
L’ex popolare Merlo se la prende col le contestazioni alla Cisl. Casini fa la predica: «Chi è in quella piazza è fuori da un disegno di governo riformista alternativo a Berlusconi». Rosy Bindi si arrabbia: «Pensare di costruire l’alternativa a Berlusconi senza questa piazza è semplicemente illusorio»