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«La miseria del cuore che fa il pieno di share», di Natalia Aspesi

Chi se la ricorda più la piccola Sarah, dal corpicino sottile e dal sorriso innocente, coi biondi capelli lisci di tutte le sue identiche coetanee, e la minigonna sulle gambe infantili.
Quindici anni e l´aspetto ancora di bambina, a vederla nelle immagini del cellulare e dei video di famiglia, mentre fa le smorfie e ha voglia di scherzare, di giocare: di vivere. L´hanno ammazzata, e perciò col passare dei giorni da protagonista si è fatta comparsa, la sua immagine si è affievolita, poi si è annebbiata la sua persona, si è dimenticato che era viva: è uscita di scena, perché anche nei romanzi gialli, nei film noir e nelle fiction thriller, della vittima si finisce col perdere le tracce, ciò che conta sono gli assassini, e meglio se ad ogni capitolo, ad ogni scena, la storia si ingarbuglia, i sospetti crescono, deviano, si fanno sempre più caldi, gli indizi si accumulano, i detective indagano, arrivano le prove scientifiche, poi le confessioni: e la ferocia si estende dall´atto terribile che spegne una vita così breve, alla morbosità del coro sempre più vasto, della moltitudine di estranei che rimuovono le crepe della loro vita immergendosi senza pietà nelle storie macabre degli altri: spettatori di una tragedia che gelidamente infiamma ed eccita, i vicini, il paese, la stampa, ovviamente la televisione che tutto accumula e tutto cancella.
Ci sarà prima o poi un omicidio in diretta, o un suicidio come nel vecchio (1976), preveggente ‘Quinto potere´ di Sidney Lumet, e in quel momento il picco di share farà del sagace e fortunato conduttore una star insuperabile? Sino a ieri il protagonista della maratona televisiva da Avetrana era questo Michele Misseri, un orco dall´aspetto intristito e fragile, attaccato al suo cappelluccio come al distintivo della sua modesta persona, in grado di narrare, della sua vita spenta e invisibile di operaio, di contadino, di padre di famiglia, quel momento buio e luminoso, inenarrabile: «È stato un raptus. L´ho strangolata nel garage di casa mia, poi l´ho caricata in macchina e l´ho portata in campagna, l´ho spogliata, ho bruciato i vestiti e ho seppellito Sarah nuda». Dice anche di aver violentato il giovane corpicino cadavere. C´era bisogno di raccontare agli inquirenti tanto orrore, non bastava dire l´ho ammazzata? No, non bastava, forse per liberarsi da un incubo o forse per rendere ancora più appetibile la sua orribile storia alla stampa e soprattutto alla televisione, che appena c´è un´efferatezza l´afferra e la dilaga non ponendosi più alcun limite.
Finalmente nella vicenda che fa perdere la testa a ogni conduttore (pare di sentire le voci di quegli imprenditori che dopo il terremoto dell´Aquila se la ridevano), entra l´immancabile Donna Funesta, che di solito è una fatalona crudele come le sapeva dipingere Boldini. Ma in questa storia la femmina sinistra è una ragazza di 22 anni un po´ cicciotta, con gli occhi azzurri del padre assassino, molto chiacchierina, sicura di sé, e se davvero colpevole, grande attrice: anche lei ha vissuto il suo momento fatale, è uscita dal torpore della vita di paese, ha intravisto il futuro luminoso che tutti pensano l´apparire in televisione possa assicurare. Lei, Sabrina, ragazza senza storia, è stata vista da milioni di persone, che hanno parlato di lei, l´hanno ammirata, compatita, ed ora si divideranno come sempre in innocentisti e colpevolisti.
Lei si dice innocente, e forse lo è, e non basta il suo esibizionismo o forse la sua capacità di mentire a fare di lei una colpevole. Anche perché se lo fosse, bisognerebbe chiedersi da quale miseria del cuore e del pensiero può venire l´odio, il desiderio, il gesto che uccide, anche qui senza ragione: non si uccide per eliminare una rivale di un amore inesistente, non si uccide perché la cuginetta è più carina e più felice, non si uccide per paura che si venga a sapere che il padre è sporcaccione, non si diventa complici del padre assassino che ha appena strangolato la cuginetta ed amica del cuore. A vent´anni non può essersi spento il senso della vita, non si può dimenticare un padre nel momento in cui strangola la sua amica e cugina, senza restarne segnata per sempre.
Ma Sabrina non si è mai mostrata sconvolta e per questo forse si proverà che non è colpevole. O che lo è doppiamente. O forse si può davvero uccidere o diventare complici di un assassino perché succede nei romanzi e negli sceneggiati, dove spesso però c´è chi resuscita (vedi Beautiful) e comunque se sei in gamba, la fai franca. Si sa che è in famiglia, la sacra famiglia che tutti vogliono proteggere, che accadono i fatti più spaventosi, ma ogni volta pare impossibile: lo zio, la nipote, la cuginetta, chissà chi altro, e tutti finalmente in televisione, spettatori, conduttori, a dimenticare la pietà, il rispetto, il dolore. Lo share sarà stato fantastico, a ‘Chi l´ha visto?´, ‘La vita in diretta´, ‘Porta a porta´, ‘Quarto grado´ ‘Matrix´ e continuerà ad esserlo attorno al cadavere della povera Sarah. Ma poi i numeri hanno un senso tutto loro: se l´altra sera ‘Matrix´ ha raggiunto il recordo storico, se ‘Quarto grado´ l´han seguito in più di 4 milioni, vuol dire che la maggioranza assoluta degli italiani ha visto altro, o, più probabilmente, ha tenuto spenta la tv.

da www.repubblica.it