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"Compito del Pd è avere un progetto non deve scegliere tra Cgil e Cisl", intervista a Pier Luigi Bersani di Claudio Tito

Serve un nuovo patto sociale. È necessario spostare l´attenzione sul livello aziendale di contrattazione e flessibilizzare quello nazionale. Abbiamo un governo irresponsabile, con un ministro del Lavoro che accende il fuoco anziché spegnerlo. Sacconi ha preso una piega mistica, pensa a un Paese che ha in testa solo lui.
Il giorno dopo la «pacifica» manifestazione della Fiom, il segretario del Pd non nasconde che tra i democratici siano emerse divisioni. Ma sostiene che il suo partito non debba schierarsi nei confronti sindacali. Ritiene che il suo compito debba essere quello di lanciare un nuovo «Patto sociale» per affrontare l´emergenza-lavoro. E per questo si batte per «l´unità di Cgil, Cisl e Uil». «Ma – premette – sono irritato per come qualcuno ci descrive. Noi non siamo incerti, non abbiamo una linea opportunista. Chi lo dice non capisce un accidente».
Con chi ce l´ha?
«Con qualche commentatore. Il Pd è un partito che discute. Ma soprattutto ha un compito diverso da quello di aderire o meno a manifestazioni sindacali».
Sta di fatto che nel campo dell´opposizione la confusione non è mancata. C´è chi ha appoggiato la linea della Fiom e chi quella della Cisl.
«I metalmeccanici della Fiom hanno diverse buone ragioni e vanno ascoltati. Così come quelli della Fim e della Uilm non possono essere considerati dei traditori. E vanno ascoltati anche loro. Chi può ricomporre l´unità, deve dare una mano. Un partito di governo come il nostro, lo ribadisco, non è un sindacato. Si definisce per il patto sociale che propone».
Intanto, sabato scorso Bonanni e Angeletti sono stati accusati di tradimento.
«Non va bene, l´ho detto. C´erano dei cartelli inaccettabili, ma il leit motiv di quella manifestazione non è stato questo, non è stata la cifra del corteo. Proprio perché in giro c´è questo tipo di problema, ci sono questi toni e queste tensioni, bisogna fare in modo di raffreddare il clima».
Le divergenze tra i democratici hanno sfiorato la spaccatura.
«E infatti lo dico anche ai miei. Il compito del partito è avere un progetto suo da portare ovunque e non misurare le distanze da un sindacato».
E´ la linea per tenere insieme Casini e Vendola? Il leader Udc sostiene che la manifestazione di sabato non può essere la base per un´alternativa riformista.
«Ma Casini ha anche detto che non si può lavorare per dividere il mondo del lavoro. La gente che stava a San Giovanni è una fonte di energia che va considerata. Guai a pensare che le forze del lavoro e anche quelle delle impresa non siano una risorsa per un progetto di alternativa».
Non avverte il pericolo che proprio su questo terreno possa venire meno la possibilità di costruire un´alleanza per battere Berlusconi?
«Certo che ho questa preoccupazione e per questo sto lavorando. L´alternativa deve nascere sulla ricomposizione. Sto lavorando per dare corpo all´alternativa con un progetto».
Nel frattempo, quando bisognerà schierarsi sulle scelte del sindacato, cosa farete? Ad esempio, appoggerete lo sciopero generale?
«Non mi avventuro in scelte che toccano al sindacato. Epifani ha detto che se non verranno risposte, allora ci sarà lo sciopero. Questo per me vuol dire che si può aprire un percorso di confronto. Altrimenti spero che le scelte siano unitarie».
Intende dire l´unità di Cgil, Cisl e Uil?
«Devono ritrovare la strada del confronto. Perché vedo davanti a noi mesi complicati. Più di un milione e seicentomila persone hanno perso il lavoro o sono in cassa integrazione. Le tensioni sindacali rischiano di diventare tensioni tra lavoratori. Ho visto litigare gente che ha lavorato per trent´anni insieme. In questo momento serve senso di responsabilità».
Il segretario della Cisl dice che in piazza si è cercata solo l´unità della sinistra. Il sindacato vuol trasformarsi in partito?
«E´ un´idea fuori dalla realtà».
Nel governo c´era chi si aspettava qualche incidente.
«E invece è stato tutto pacifico. Certo, non sono mancate posizioni non condivisibili e non mi riferisco al sindacato. Ma abbiamo anche un governo irresponsabile con un ministro del Lavoro che accende il fuoco anziché spegnerlo».
Proprio Sacconi sostiene che a protestare c´era l´Italia minoritaria.
«La piega di Sacconi è ormai mistica. Pensa a un Paese che si è messo in testa solo lui. C´è un´ideologia berlusconian-tremontian – sacconiana per cui, di fronte all´emergenza della globalizzazione e del lavoro, non si può fare niente. Noi abbiamo un´altra idea».
Quale?
«Serve un nuovo “patto sociale”. In tutto l´occidente c´è la crisi del lavoro. Certamente bisogna spostare l´attenzione sul livello aziendale di contrattazione e flessibilizzare il livello nazionale».
Il contratto nazionale per la Cgil non si tocca. Lei mette il dito nelle divisioni del sindacato.
«Tutti sanno che la globalizzazione richiede uno sforzo. Per spostare il confronto sul livello aziendale, bisogna pure porre il problema delle regole della rappresentanza. Cioè di una democrazia più compiuta sui luoghi di lavoro. Avremo inoltre bisogno di una nuova legislazione sul lavoro».
Ad esempio?
«In primo luogo introdurre il salario minimo per chi è fuori dalla contrattazione nazionale. Poi, a parità di costo del lavoro, evitare che un´ora di lavoro precario costi meno di un´ora di lavoro stabile. Non ci può essere l´incentivo al lavoro precario.
Per battere i cinesi, insomma, non possiamo diventare anche noi cinesi. Bisogna poi mettere il patto sociale dentro una politica economica industriale fatta di riforme a cominciare da quella fiscale. Certo, questo governo non la farà. Ma non possiamo aspettare che Tremonti apra il discorso solo perché si avvicinano le elezioni».
Anche lei definirebbe Marchionne un dittatore?
«No, semmai è diventato un po´ americano. Ma il problema è che non ha avuto un governo e un ministro. Nessuna interlocuzione, non hanno fatto niente. In questo contesto Marchionne fa un pò il battitore libero».

La Repubblica 18.10.10