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La sinistra insorge sul buono scuola: "Punisce i deboli", di Maria Teresa Martinengo

Cota ha annunciato la decisione di aumentare il buono scuola. I cinque milioni in più (da 11 a 16) per il buono scuola e l’allargamento dei parametri per facilitarne l’accesso, annunciati sabato dal presidente della Regione Cota al Festival della scuola paritaria cattolica, suscitano perplessità e proteste nella scuola statale e nel centrosinistra.
«Nella scuola statale – dice Tommaso De Luca, presidente dell’Asapi, Associazione scuole autonome del Piemonte – purtroppo non ce n’è abbastanza per tutti. Esempi sono il contributo di laboratorio e soprattutto i libri di testo. Le condizioni cambiano all’improvviso per licenziamenti e cassa integrazione e le famiglie non hanno alcun “soccorso”. Le scuole stanno finendo gli avanzi di fondi del diritto allo studio con cui riuscivano ad acquistare un certo numero di testi per darli in prestito d’uso. Ci sono esigenze non prevedibili che non hanno più soluzione». Quindi, una considerazione amara: «Se i docenti si asterranno davvero dai viaggi d’istruzione, quest’anno non avremo imbarazzi: i soldi per mandare in gita i meritevoli poveri non li abbiamo. Senza gite i ragazzi ridiventeranno tutti uguali».

Gianna Pentenero, ex assessore regionale all’Istruzione, difende le scelte della passata amministrazione: «Il tetto per la richiesta del buono scuola a 32 mila euro di reddito Isee va già incontro alle famiglie di fascia medio-alta della nostra regione e – valido per la scuola paritaria, per iscrizione e frequenza, e per la statale, per trasporti, mensa e così via – crea equità su tutto il sistema dell’istruzione. Modificare i parametri significa creare nuovamente condizioni di disparità e favorire chi ha redditi alti». La consigliera regionale Pd avanza una proposta: «Se Cota trova 5 milioni, gli ricordo altre urgenze. Come garantire i 9 milioni di sostegno alla scuola dell’infanzia cattolica come abbiamo fatto in passato, da questa giunta abbassati a 5: in Piemonte queste scuole svolgono un servizio che lo stato non riesce a coprire».

Roberto Placido, il consigliere regionale Pd che più di ogni altro si è battuto contro il buono scuola, è indignato. «Il centrodestra – dice – vuole affossare la scuola pubblica così come farà con la sanità pubblica: il progetto è chiaro. Personalmente, sono già andato 7-8 volte in Tribunale a testimoniare contro “i furbetti del buono scuola”: salvo pochi casi di errore, tutte famiglie benestanti. Contrasterò duramente l’intenzione di aumento delle risorse e allargamento dei parametri mentre si tagliano i fondi al diritto allo studio universitario. In Piemonte, voglio ricordarlo, si dava la borsa di studio a tutti gli idonei».

Anche Davide Gariglio, cattolico del Pd, già alla guida del Consiglio regionale, è scettico: «Quel che dice il presidente Cota ha un valore limitato, può essere l’ennesima esternazione di una campagna elettorale che non finisce mai. Anche perché non è vero che nella proposta di bilancio quei 5 milioni ci siano. Io non sono contrario all’idea, ma da dove pensa di prendere quei soldi dal momento che taglia ai più deboli e umili? Basta pensare al Diritto allo Studio».

Per Aldo Reschigna, capogruppo Pd in Regione, «ogni volta che Cota incontra un pezzo del Piemonte si impegna a fare promesse che non è in grado di mantenere o che sono sbagliate rispetto al contesto. La legge di bilancio massacra il Piemonte, rimettendo in discussione i servizi per i cittadini: pensare che in questa fase la Regione possa intervenire a vantaggio di persone che hanno un reddito in grado di permettere loro la libera scelta educativa, è un’offesa per tutti gli altri piemontesi».

La Stampa 18.10.10