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"L’alternativa alla destra è anche in quella piazza", intervista a Rosy Bindi

«Non tutto quanto è stato detto lì può essere condiviso da noi. Però un partito come il nostro non può permettersi di prescindere da quella piazza, non può non ascoltarne le ragioni.
Come del resto dobbiamo fare nei confronti di tutte le manifestazioni.
Ricordo che all’Assemblea di Varese Marini non è venuto perché ha ritenuto giusto andare alla manifestazione della Cisl e della Uil».
Ascoltare tutti,va bene,ma un partito deve o no difendere degli interessi, rappresentare delle istanze? Detta brutalmente, pensando ai due più contestati sabato, deve o no stare o con la Fiom o con Bonanni, o con la Fiom o con Marchionne?
«Deve stare con tutti e due e con nessuno dei due, in un certo senso. Oggi ci sono due grandi limiti nel sindacato italiano.Da una parte c’è un sindacato che pensa di poter rinunciare al conflitto, quando le relazioni sindacali e industriali non possono ignorare
che un conflitto c’è, né possono rimuoverlo.
Dall’altra c’è un sindacato, e questo è il rimprovero che faccio
alla Fiom, che ritiene che non ci siano le condizioni in questo momento per andare oltre il conflitto, e quindi si sottrae al confronto. Dall’altra parte nessuno ignora le ragioni poste
da Marchionne, che certamente interpreta esigenze del tempo della globalizzazione perché gli strumenti che abbiamo sono forse inadeguati a regolare nuovi rapporti, ma questo va fatto rispettando la Costituzione».
Il Pd, in tutto questo?
«Deve adoperarsi, come stiamo facendo, per ricercare tutti insieme impianti normativi nuovi che consentano di trovare una sintesi tra produttività e dignità del lavoro. Non si può pensare che la Costituzione sia superata e derogabile, e al tempo stesso non si può pensare che il modo in cui abbiamo tradotto quei principi in passato possa essere adeguato, oggi, a rispondere alle esigenze di un tempo profondamente cambiato. Bisogna superare queste due parzialità. E di fronte aungoverno che non ha politica industriale, diminuisce le politiche per il welfare, persevera in una politica fiscale che penalizza lavoro e famiglie e fa regali alle rendite, il Pd non può non porsi il problema di
come diventare un punto di riferimento politico per quella piazza».
E perché i manifestanti dovrebbero
prendere come punto di riferimento il Pd e non i partiti di Vendola o Di Pietro, che hanno ufficialmente aderito?
«Perché le posizioni di Vendola e Di Pietro sono sovrapponibili alle loro. Una politica puramente ricettiva, non in grado di trovare un punto di sintesi ulteriore con le altre parti della
società, non serve. Per questo basta il sindacato. Un partito che vuole governare deve trovare un punto di incontro anche con le esigenze di Marchionne. Non perché le valuta acriticamente, ma perché le assume insieme alle altre. Un’adesione è sbagliata anche perché il collateralismo col sindacato appartiene ai partiti di
classe. E questa non è la vocazione del Pd, che deve avere una vocazione maggioritaria, deve elaborare un progetto che parli a tutto il paese. Solo così siamo utili a quella piazza».

L’Unità 18.10.10