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"A chi fa paura Nilde Iotti", di Pietro Spataro

In un Comune del bolognese il Pdl fa il diavolo a quattro contro la decisione di intitolare una strada alla prima donna presidente della Camera. Ma la sindaca tira dritto e la via c’è.
Succede nell’Italia delle escort e degli “utilizzatori finali”. Succede nell’Italia in cui un ministro della Repubblica invia i suoi ispettori a relazionare su una bandiera rossa. È un’altra piccola storia ignobile che vogliamo raccontarvi. Questa: a Ozzano, un comune del bolognese, la giunta di centrosinistra decide di intitolare una via a Nilde Iotti «personalità importante per la vita civile e politica del nostro Paese». Il sindaco, Loretta Masotti, crede sia giusto ricordare una donna che ha percorso tutta la storia della Repubblica. Crede, il sindaco. Perché per il Pdl quell’idea è uno scandalo. Protestano, s’indignano, e disertano la cerimonia. Dicono che esistono «persone con caratteristiche più elevate». Non si sa ovviamente a chi si riferiscano ma non è difficile immaginarlo. Probabilmente al Grande Condottiero (l’utilizzatore finale) per il suo alto impegno nella creazione del Paese delle veline.O anche a qualche suo sodale: magari Marcello Dell’Utri per la sua nobile battaglia contro la mafia.
Così siamo ridotti. A dover spiegare chi è stata Nilde Iotti. Ricordare le sue origini umili a Reggio Emilia (figlia di un ferroviere), la sua ostinata battaglia per il riscatto sociale e culturale in un’epoca in cui le donne dovevano stare zitte e buone. Dire del suo impegno in prima fila nella Resistenza. E forse i «berluschini di Ozzano» non sanno che Nilde Iotti fu anche deputato all’Assemblea Costituente e fu tra quelli che scrissero la Costituzione che il loro capo disprezza con ardore. E nemmeno sanno che fu tra le promotrici della legge sul diritto di famiglia e si impegnò nelle battaglie referendarie sul divorzio e l’aborto. Figuratevi se ricordano che fu inflessibile ed equilibrata prima donna presidente della Camera per tredici anni e che spesso si beccò anche i rimbrotti del suo partito, il Pci, per l’autonomia con cui si mosse. Il suo ex portavoce Giorgio Frasca Polara, nostro compagno di lavoro per lunghissimi anni, ha ricordato come durante lo scontro tra Craxi, il Pci e la Cgil sul decreto sulla scala mobile ci fu qualcuno a Botteghe Oscure che pensò anche alle sue dimissioni perché aveva difeso il diritto della maggioranza di approvare quel provvedimento così discusso. Ma lei credeva nelle istituzioni, difendeva la centralità del Parlamento, credeva che fare il presidente della Camera richiedesse un equilibrio senza compromessi. Era fatta così. E lo dimostrò anche nella sua vicenda privata, per il modo in cui visse coraggiosamente la sua storia d’amore con Palmiro Togliatti, difendendola dal bigottismo e dall’ipocrisia. Nilde Iotti è stata tutto questo. È stata una «grande donna della Repubblica». Parole pronunciate da Gianfranco Fini nel decimo anniversario della scomparsa. Ma no, forse sul finale abbiamo scelto la citazione sbagliata, perché gli uomini che hanno studiato al «Silvio show di Arcore» penseranno subito a un complotto «futuro-comunista» ordito nella famosa casa di Montecarlo.
Che pena assistere a questa indecente cancellazione della memoria pubblica. E ora aspettiamo con trepidazione che il ministro delle infrastrutture mandi i suoi ispettori a relazionare su quella targa che ricorda chi ha contribuito a farci più liberi e più giusti.

L’Unità 19.10.10